INDIRIZZO DI SALUTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
AL PERSONALE CIVILE E MILITARE DEL SEGRETARIATO GENERALE DELLA
PRESIDENZA DELLA REPUBBLICA
Palazzo del Quirinale - Salone dei Corazzieri, 31 maggio 1999
Mia moglie e io siamo lieti di questo incontro. E' il primo con voi e avviene a dieci giorni dal mio giuramento come Presidente della Repubblica.
Non posso non ricordare lo stato d'animo con il quale, da cittadino o da giovane cittadino, passavo da Piazza del Quirinale e mi domandavo cosa ci fosse dietro quel Palazzo. Era una domanda non dettata dalla curiosità, ma che rispecchiava un sentimento di orgoglio nazionale. Passare per questa Piazza, vedere il "Torrino" - allora non sapevo che si chiamasse così - vedere quella bandiera che sventolava, tutto questo faceva vibrare qualcosa nel mio animo. Ricordo ancora la prima volta che entrai in questo Palazzo, prima per ragioni di ufficio, poi per la prima udienza e per il primo pranzo al Quirinale. Ogni volta fu una profonda emozione. L'emozione, credo, che prova ogni italiano, perché riconosce in questo Palazzo il simbolo dell'unità nazionale.
Voi, di questo Palazzo siete l'anima, la vita. Questo Palazzo vive perché voi vi lavorate, perché voi date il vostro apporto, ognuno nelle sue responsabilità. E di questo dovete essere - come ha detto, ora, il dottor Gifuni che ringrazio per il suo saluto - orgogliosi, fieri, consapevoli delle vostre responsabilità, proprio perché siete stati chiamati a operare, a lavorare come italiani, come cittadini, al Quirinale.
Si parla spesso di orgoglio delle Istituzioni. Ne sono un convinto assertore, forse perché ho avuto modo di impiegare la maggior parte della mia vita - addirittura 47 anni! - in un'Istituzione che sta poco lontano da qui: in linea d'aria saranno, forse, poche decine di metri, in via Nazionale. Ci sono stato 47 anni e porto ancora con orgoglio quell'orologio che, dopo 35 anni, mi fu dato come segno di fedeltà all'Istituto nel quale lavoravo. Penso che con non minore, forse con ancora maggiore orgoglio e consapevolezza, voi lavoriate in questo Palazzo.
Cosa vuol dire, per me, il senso delle Istituzioni? Il senso delle Istituzioni è quello di lavorare attivamente in esse, partecipando alla loro vita. La partecipazione attiva sta soprattutto nel modo di affrontare il proprio lavoro, cioè facendolo nel rispetto della tradizione, ma sempre domandandosi: "Quello che mi è stato detto di fare, si può fare meglio? Si può fare in modo più efficiente?"; portando qualcosa di proprio nello svolgimento delle funzioni che, a ciascuno di noi, sono state attribuite. Questo, per me, significa vivere le Istituzioni, essere degni di esse.
Do una grande importanza alla parola dignità, che è, in primo luogo, rispetto della nostra stessa persona e, quindi, del proprio lavoro: prima di tutto, rispettare se stessi e pretendere, nel senso vero della parola, il rispetto della propria persona e, al tempo stesso dare questo apporto attivo al proprio lavoro, dare veramente ad esso dignità. Essere degni di se stessi, degni del proprio lavoro e degni dell'Istituzione nella quale si lavora, penso sia il fondamento della nostra vita quotidiana.
Abbiamo di fronte a noi , mi auguro, alcuni anni di lavoro comune. Sono convinto che, insieme, potremo fare veramente un'opera positiva per il nostro Paese. Aiutatemi a farla, ciascuno di voi dia il suo contributo.
Mia moglie e io vogliamo solamente aggiungere, a questo nostro primo incontro, gli auguri più vivi per voi, per le vostre famiglie. Il lavoro è una cosa importante, ma deve conciliarsi con la famiglia che è il fondamento del nostro vivere civile. Quindi, a voi, ai vostri familiari gli auguri più fervidi di un avvenire bello, soprattutto per i vostri figli. Affrontiamo il futuro con il sentimento di apertura, di speranza che ci dà questa magnifica giornata di sole di fine maggio romano.
Grazie e buon lavoro a tutti quanti.