INCONTRO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
CON I VINCITORI DEL 1° CONCORSO NAZIONALE PER LE SCUOLE SUL TEMA
"I GIOVANI, L'INTEGRAZIONE EUROPEA E L'EURO"
Palazzo del Quirinale, 22 novembre 1999
E' bello essere qui con voi. E' bello aver distribuito questi premi perché segnano il punto di arrivo di un processo che è stato sentito da tutto il Paese. E voi siete la dimostrazione di come l'Italia abbia sentito l'importanza di essere parte dell'Euro e comprenda cosa significa l'Euro. Ve lo hanno accennato prima il Ministro Berlinguer e il Ministro Amato.
Certamente all'inizio avevamo dubbi, molti dubbi sul farcela, come suol dirsi. Forse alcuni avevano dubbi anche sullo stesso obiettivo. Ma presto per tutti gli italiani è diventato chiaro che cosa significava l'Euro, che cosa sarebbe significato per l'Italia non essere parte sin dall'inizio dell'Euro. Gli italiani, il Parlamento hanno sentito che non era solo un fatto di carattere monetario, era un fatto che riguardava la politica nel senso pieno della parola, cioè la politica come vita della società civile.
Vedete, voi vi trovate in una età che va da 8-10 anni ai 18-19 anni. Se ritorno con il pensiero al periodo della mia scuola elementare e media superiore, esso coincide con gli anni che vanno dal 1927 al 1937. Credo che tutti quanti, in modo diverso a seconda dei diversi ordini di scuole, avete studiato la storia d'Italia.
Eravamo, negli anni '20, all'indomani di una guerra mondiale; di una guerra scoppiata in Europa, e che aveva coinvolto tutto il mondo. Quando lasciai la scuola media superiore, nel '37, eravamo alla vigilia di una nuova guerra mondiale, scoppiata in Europa e che avrebbe coinvolto tutto il mondo.
Fate il confronto con oggi: è un altro mondo, è un'altra realtà. E il superamento di quella realtà è avvenuto proprio perché sin dal dopoguerra persone con visione ampia capirono che per evitare che ciò potesse una terza volta accadere bisognava che l'Europa si unisse.
Di lì nacque l'idea della Europa unita. E' stata una marcia lunga, lenta ma continua: si è andati sempre avanti, anche quando si dubitava che si andasse avanti.
La creazione della moneta unica è il primo vero atto consapevole con il quale undici Paesi decidono di rinunciare a una parte importante della propria sovranità. E' il vero primo passo verso una nuova realtà: l'Europa come Stato europeo.
Questo è il significato fondamentale dell'Euro. E' stato capito dagli italiani; gli italiani l'hanno voluto e l'Italia è entrata nell'Euro.
Ora è importante che l'Italia conti nell'Euro, conti in questa Europa, nell'ulteriore integrazione dell'Europa. Si è fatto un primo grande passo con l'Euro, ma bisogna andare avanti. E forse in questo momento si avverte - come spesso capita dopo aver avuto un successo - un momento di pausa, ci si domanda quale sarà il prossimo passo.
Credo che un primo forte choc arriverà quando - come accennava prima il Ministro Amato - ci troveremo, fra poco più di due anni, tutti quanti a girare per l'Europa avendo in tasca la stessa banconota, la stessa moneta. Sarà questo un evento che colpirà; oggi ancora non percepiamo appieno l'importanza della moneta unica, perché ancora abbiamo le nostre lire in Italia, i tedeschi hanno i loro marchi, i francesi hanno i loro franchi e così via. Fra poco più di due anni noi ci troveremo tutti con la stessa banconota, con la stessa moneta, uguali per tutti gli undici Paesi d'Europa. Questo costituirà anche nel sentire dei popoli un elemento importante, che bisognerà sfruttare psicologicamente.
Stamattina parlando con il Presidente della Repubblica della Finlandia, Ahtisaari, gli dicevo: "Occorre da subito fare passi avanti perché questo momento, che sarà sentito da tutti gli europei, ci trovi già preparati, in modo che si possa fare un altro decisivo passo avanti".
Il passo avanti sarà in parte ancora nell'economia, per arrivare a una vera politica europea, sarà probabilmente nel campo della politica estera, sarà nel campo della difesa.
Sta di fatto che l'Europa sta andando avanti ormai decisamente verso l'integrazione. Ed è l'Europa vostra, come l'Euro, per cui voi ragazzi avete lavorato, è la moneta del nuovo secolo, è la moneta vostra.
Quindi, dovete amarla, dovete farla diventare importante. E l'importanza dell'Unione europea la si vede già nel riconoscimento che viene dagli altri.
Per esempio, ritengo che una delle cose più rilevanti - almeno nella mia interpretazione - dell'incontro di ieri a Firenze, che ha visto insieme il Presidente degli Stati Uniti d'America, il Presidente del Brasile e i capi di Governo dei maggiori Paesi europei e il Presidente della Commissione europea, sia il fatto che da oltre Atlantico si guarda ormai all'Europa come a un gruppo di Paesi.
Fino a pochi anni fa, ricordo ancora nel 1993, quando andai a Washington come Presidente del Consiglio ed ebbi un incontro con il Presidente Clinton, gli Stati Uniti guardavano all'Europa come singoli Paesi, a cominciare da quello loro più vicino, il Regno Unito. E allora mi preoccupai di impostare questo discorso: l'America ormai deve guardare all'Europa nella sua interezza, deve parlare con l'Europa. Ci sono ancora gli Stati nazionali, ma ormai vi è un modo di sentire, un modo di pensare, un modo di agire europeo.
Noi dobbiamo contare in questa Europa, sta a voi contare di più nell'Europa. Preparatevi! Preparatevi bene nella scuola, nella università, nelle vostre professioni.
Vi raccomando: abbiate sempre la forza - come sono solito dire - di guardare in alto, di avere ambizioni, di avere obiettivi, di avere traguardi. E abbiate fiducia in voi stessi, nella società di cui fate parte e con passione forte operate per raggiungere i traguardi che vi siete posti.
Credetemi, questa è la vera chiave del successo nella vita.
Vi ringrazio per quello che avete fatto, perché voi avete partecipato in
maniera attiva alla campagna per l'Euro. E un grazie anche ai miei vecchi
collaboratori, che vedo qui presenti, del Tesoro, con i quali abbiamo combattuto
insieme la nostra battaglia per l'Euro. Vi ringrazio di nuovo perché voi siete
stati una parte importante di quel successo. E anche perché capimmo che voi
credevate in quello che l'Italia vi stava proponendo.