STRASBURGO 26/09/2000

INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ALL'ASSEMBLEA PARLAMENTARE DEL CONSIGLIO D'EUROPA

 

 

 

INTERVENTO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
ALL'ASSEMBLEA PARLAMENTARE
DEL CONSIGLIO D'EUROPA

Strasburgo, 26 settembre 2000






Signor Presidente dell'Assemblea Parlamentare,
Onorevoli parlamentari,

i fondatori del Consiglio d'Europa vollero sottrarre gli europei all'incubo delle vicende drammatiche di un loro recente passato ed incoraggiarli ad avere fiducia nell'avvenire: sognarono un'Europa incarnata in una civiltà ed in una storia, fissarono essenziali regole di convivenza.
Il Consiglio d'Europa sin dal suo nascere incardinò, con visione ardita, gli interessi dei cittadini europei in un sistema di valori e di regole definite: la Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo, di cui celebreremo fra poche settimane il cinquantennale a Roma, costituì un decisivo passo nel codificare la responsabilità internazionale degli Stati per la violazione dei Diritti.
Il Consiglio d'Europa, unica organizzazione autenticamente paneuropea, respinge la pietrificazione delle divisioni: è un riferimento dinamico della coscienza civile, un luogo di chiarezza, di dialogo, di coesione. Costituisce un monito contro la disgregazione, l'intolleranza, la xenofobia e una garanzia contro il male che irrompe nella storia in modi inaspettati: a volte tragicamente, a volte attraverso il manto letale del populismo e dell'egoismo, in contraddizione flagrante con essenziali valori comuni europei.

Quel messaggio originario incita a guardare avanti, verso le straordinarie possibilità offerte dal XXI secolo.

Il Consiglio d'Europa rappresenta un grande progetto storico. Ne sono simbolo duraturo la Cattedrale di Strasburgo e il villaggio natale di Albert Schweitzer, a pochi chilometri da Strasburgo, che evoca gli straordinari valori di solidarietà umana fioriti in questa regione un tempo di frontiera.

Senza la visione originaria del Consiglio d'Europa e l'atto di fede nell'unità europea del Congresso dell'Aja, difficilmente la stessa Comunità europea avrebbe mosso i primi decisivi passi sulla via dell'integrazione.
L'apertura a tutti i popoli dell'Europa fu un'intuizione straordinaria che, subito dopo la caduta del muro di Berlino, venne realizzata attraverso la rapida adesione al Consiglio d'Europa dei Paesi dell'Europa centro-orientale e della Federazione Russa.
A questi Paesi, al loro rinnovato impegno per il consolidamento della democrazia e per il rispetto dei diritti umani, rivolgo un cordiale saluto e un messaggio di speranza e di fiducia. Il ruolo della Federazione russa nel contribuire a forgiare un destino comune di libertà e democrazia è fondamentale. In questo spirito auspico il rientro della delegazione parlamentare russa ai lavori dell'Assemblea Parlamentare.
Quest'aula è la testimonianza vivente di Paesi che sulle macerie della guerra e dei totalitarismi hanno costruito prosperità economica e benessere sociale attraverso la scelta della libertà, della democrazia, dello Stato di diritto, dell'economia di mercato.

Il sistema normativo del Consiglio d'Europa costituisce un patrimonio della democrazia che ha ancora bisogno del sostegno di tante coscienze. Convenzione europea dei diritti, Carta sociale, Convenzione europea per la prevenzione della tortura, Convenzione quadro per la protezione delle minoranze ne sono i pilastri. Le molteplici codificazioni che ne sono risultate hanno allargato gli spazi di libertà e di giustizia in Europa e consolidato fra i popoli europei la fierezza d'essere partecipi d'una unica civiltà.
La loro applicazione - convinta e concreta - metterà in risalto quel valore aggiunto necessario alla democrazia europea e all'esercizio dei diritti inviolabili dell'individuo di cui il Consiglio d'Europa ha dimostrato saper essere un efficace custode.

L'attenzione costante per i problemi degli esclusi, dei deboli, delle minoranze onora l'istituzione a Voi affidata. Ricordo in particolare la missione sociale della Banca di Sviluppo per il miglioramento delle condizioni di vita dei gruppi sociali meno favoriti.
Se oggi gli europei hanno un inno e una bandiera, il merito è del Consiglio d'Europa che già negli anni '70 avvertì la forza dei simboli e la necessità che l'Europa non venisse percepita come un'entità senza volto.

 

Signor Presidente,
Onorevoli Parlamentari,

all'interrogativo sui confini dell'Europa, il Consiglio d'Europa ha già fornito una risposta convinta dando il contenuto di un'anima storica a una definizione geofisica. I limiti della civiltà europea non sono fissi ma sono in funzione della sua capacità di diffusione.

Tale sicurezza di risposta è giustificata dalla vostra vasta rappresentatività, 41 Stati per oltre 800 milioni di persone, destinata ad ampliarsi ancora con l'ingresso di due antiche nazioni quali l'Armenia e l'Azerbadjan. Fra gli Stati qui rappresentati molti fanno parte dell'Unione Europea, altri si accingono a farne parte, altri ancora, attraverso un legame duraturo di collaborazione e di partenariato, aspirano all'ancoraggio in uno spazio di democrazia e di libertà.
A Strasburgo non si contrappone una grande Europa a una piccola Europa. I diversi cerchi concentrici dell'Europa vi trovano, viceversa, un fertile terreno di osmosi attraverso un sentimento di appartenenza, che ha radici nel comune modo di sentire e pensare sviluppatosi nel corso della storia europea.
A voi il compito di consolidare, in questo grande spazio, valori e principi che definiscano i caratteri di una vera e propria società civile europea, senza la quale una comunità di valori non può esistere.

Il principio di giurisdizione interna non può più essere invocato per giustificare le violazioni dei diritti fondamentali della persona. Questa importante evoluzione apre nuovi spazi alla vostra attività purché sorretta da un'incessante capacità propositiva e di dialogo.
Su questi problemi non possono più esservi gelose nicchie di sovranità degli Stati membri.
L'azione di monitoraggio da parte del Consiglio d'Europa sull'applicazione dei principi democratici negli Stati membri costituisce un incoraggiamento a consolidare, ogni qualvolta necessario, condizioni di rispetto dei valori della dignità umana e dei diritti fondamentali.
E' interesse di tutte le parti stimolare un dialogo diretto e paziente che - attraverso la buona volontà reciproca, la conoscenza delle situazioni, l'individuazione degli ostacoli - anticipi soluzioni e prevenga contrapposizioni estranee alla tradizione conciliativa del Consiglio d'Europa.

L'ancoraggio dei Balcani ai valori europei costituisce un banco di prova della solidità dei nostri principi e della credibilità degli organismi internazionali.
Il Consiglio d'Europa collabora alla costruzione di una società civile in Bosnia Erzegovina, nel Kossovo, in Albania; intrattiene un dialogo con la società civile e la cultura jugoslava. Può stimolare nuovi, proficui contatti fra kossovari-albanesi e serbi. Assolve un importante compito nel contrastare l'antistorica tentazione di creare Stati monoetnici.

Dall'esperienza cinquantennale del Consiglio d'Europa svettano ormai tre grandi obiettivi, proiettati su una area vastissima dall'Atlantico al Mediterraneo fino al Pacifico: i diritti umani, il buon governo, l'identità culturale europea intesa come eredità comune, come volontà di vivere insieme.

La creazione di un sistema di regole, che protegga interessi locali, regionali e nazionali, non può avvenire in astratto: è contraddittorio promuovere e assumere impegni sui diritti umani e sulla difesa delle minoranze e non vigilare poi sull'applicazione pratica di questi principi.
Cruciale si presenta dunque il passaggio da un laboratorio d'idee, da una molteplicità di convenzioni a un sistema organico di principi, di regole, sentito e praticato come autentico patrimonio comune della democrazia europea.

La Presidenza italiana del Consiglio d'Europa si adopera per ridurre il divario fra gli strumenti giuridici realizzati dal Consiglio d'Europa e la loro capacità di tradursi in forme concrete, nella consapevolezza che sia un dovere morale, prima ancora che giuridico, dare piena attuazione agli obblighi internazionali assunti.
Stabilità politica e progresso economico sono condizioni necessarie ma insufficienti a garantire un efficace funzionamento della democrazia: la zona grigia dell'indifferenza va colmata assicurando la credibilità delle istituzioni e l'efficacia delle legislazioni.

Scriveva Cesare Beccaria nel 1766 "parmi un assurdo che le leggi che detestano e puniscono l'omicidio, ne commettono uno esse medesime e, per allontanare i cittadini dall'assassinio, ordinano un pubblico assassinio".
Mi ricollego a queste parole premonitrici per rinnovare l'auspicio che la pena di morte venga definitivamente abolita in tutto il perimetro del Consiglio d'Europa. Occorre bandirla dagli ordinamenti che ancora la prevedono, compiere un avanzamento sostanziale rispetto al regime di moratoria tuttora vigente in alcuni Paesi.
Questo sì che sarebbe un segnale vibrante di affermazione dell'identità europea, rivolto, con l'autorevolezza che deriva da un autentico comune sentire, all'intera comunità internazionale.

La cultura è una forza essenziale per assicurare il trionfo dei principi fondanti dell'Europa. Ma come possiamo definire oggi la cultura europea? E' la sommatoria meccanica delle rispettive culture nazionali? Dobbiamo cercare l'essenza della nostra identità solo in un sistema di valori condivisi?
L'identità culturale europea è un filo rosso che attraversa le memorie nazionali e le unifica in un sentire più ampio. Essa si alimenta delle sue diversità. Le diversità, che convivono con secolari e fecondi intrecci comuni, il rifiuto di un'omologazione indistinta, la cura delle radici umanistiche di fronte alle sollecitazioni a considerare le tecnologie un fine non uno strumento, esprimono l'essenza dell'Europa.
L'Italia, con il suo patrimonio accumulato in millenni di storia, con la sua lingua, la più antica dell'Occidente, è profondamente convinta che la cultura, ancor più che in passato, debba essere posta al centro delle attività del Consiglio d'Europa.

Il plastico ricostruttivo dell'area dei Fori Imperiali all'epoca dell'imperatore Traiano, che da oggi può essere ammirato nelle sale del vostro edificio, vuol ricordare l'eredità latino-mediterranea quale essenziale terreno storico da cui si è sviluppato il concetto d'Europa.
L'Italia vuol essere una testimonianza attiva di una antica realtà europea unificata dal diritto e resa prospera dalla pace.

In uno scenario mondiale dominato dalla tendenza alla marginalizzazione della cultura, l'obiettivo di dare concretezza ad una comune identità culturale europea va perseguito con tenacia e posto al centro della nostra attenzione.
Esiste il rischio che la memoria storica dell'Europa, il suo paesaggio naturale ed urbano, la stessa ricchezza del patrimonio artistico e culturale scivolino verso la subordinazione ad esigenze immediate di consumi e di mercato.
L'attenzione su questi problemi non è mai sufficiente: deve diventare un vero e proprio imperativo in grado di coinvolgere le forze migliori della nostra società.
Il Consiglio d'Europa può fare molto perché l'Europa non costituisca solo la testimonianza muta di un glorioso passato. Lo può fare impegnando i giovani, le Università, assecondando i progetti e i programmi che aiutino a considerare le tradizioni come un'eredità comune ed una spinta ad affrontare con responsabile fiducia l'avvenire.

Certamente corrisponde al sentire profondo del popolo italiano che il Consiglio d'Europa intensifichi ancora il proprio impegno a favore di un sistema di valori, di garanzie e promuova continui avanzamenti.
Costituisce inoltre motivo d'apprezzamento constatare come la preparazione quasi ultimata della Carta dei Diritti Fondamentali si colleghi - con armonia d'intenti e sulla base di una condivisa responsabilità - alla Convenzione europea dei Diritti dell'Uomo. La causa dei diritti umani in Europa potrà trarre solo vantaggio dalla collaborazione fra queste due istanze.


Signor Presidente Onorevoli Parlamentari

la costruzione di un sistema di diritto per far avanzare tutta l'Europa nel solco della civiltà di cui due conflitti mondiali, con le loro distruzioni spirituali e materiali, avevano minato le fondamenta, non può conoscere rallentamenti.
Il Consiglio d'Europa ha saputo intuire con lungimiranza l'anelito del nostro tempo, cogliendo gli aspetti d'identità comune nelle diverse sfaccettature dell'Europa e non lesinando gli sforzi per rendere le regole di convivenza fra gli europei chiare, intelleggibili, praticabili.
Basterebbero questi obiettivi a giustificare la missione del Consiglio d'Europa. Senza la costante attenzione, senza l'attività di prevenzione, la democrazia rischia di trasformarsi in un simulacro spento, in parole dal nobile suono ma vuote di significato. I più ambiziosi propositi politici s'inaridiscono se non sono assecondati dalla coerenza dei progetti e da iniziative puntuali: mi riferisco nuovamente alla situazione nei Balcani dove l'esperienza, le capacità di quest'istituzione devono essere fatte valere al meglio.
Non lasciate indebolire mai la vostra principale caratteristica: la capacità d'interloquire con tutte le parti, l'attitudine al dialogo, il confronto sui fatti, il coinvolgimento continuo, che presuppone la coscienza di una grande società civile europea e ne attiva la consapevolezza.

La storia europea del secolo XX ammonisce che solo il perseguimento dei valori assicura il raggiungimento di una sempre migliore condizione umana e corrisponde all'aspirazione dei nostri cittadini.
Ed i cittadini di tutte le nazioni qui rappresentate vanno sempre più coinvolti - ed è finalità precipua del Consiglio d'Europa - nella esaltazione delle radici profonde della nostra comune civiltà e nell'affermazione di una identità centrata sui principi della democrazia pluralista e dei diritti umani.

L'architettura - ho ricordato all'inizio la Cattedrale di Strasburgo - ci insegna che un edificio di mattoni può essere più bello di una costruzione coperta di marmi. Così sia per il Consiglio d'Europa e per la sua peculiarità genetica di porre l'individuo, la sua dignità, al centro della propria missione.