INTERVENTO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
IN OCCASIONE DELLA VISITA ALLA CITTA'
Brescia - Auditorium del Comune, 16 novembre 2000
Autorità religiose e civili,
Caro Sindaco della città di Brescia,
Cari Sindaci di tutti i Comuni della provincia di Brescia,
non posso iniziare questo mio incontro con voi senza rivolgere un pensiero
commosso a Eliano Tognazzi, morto questa notte a seguito dell'aggressione subita
mentre attendeva al proprio lavoro.
Questo nuovo omicidio, oltre alla pietà umana e alla partecipazione al dolore
dei suoi familiari, richiama drammaticamente il tema della sicurezza dei
cittadini.
L'impegno delle forze dell'ordine è stato intensificato, sia con un
crescente numero di addetti, sia con il ricorso a nuovi metodi di impiego. E le
forze dell'ordine per prime hanno pagato e stanno pagando anche qui a Brescia un
doloroso tributo di vite umane.
Anche se i dati statistici offrono indicazioni di una riduzione dei reati,
bisogna fare ancora di più.
Sono al momento ignoti i responsabili di questo nuovo efferato delitto. Ma,
sulla base di altri crimini ormai accertati nelle responsabilità, non c'è
dubbio che l'insufficiente senso di sicurezza dei cittadini sia legato anche al
fenomeno dell'immigrazione.
L'Italia è terra ospitale. L'apertura della nostra società è parte della
nostra cultura. La Repubblica, che ha il compito di garantire la sicurezza di
tutti, deve farsi carico di un ancor più forte impegno. Le migrazioni dei
popoli sono fenomeni storici ricorrenti; sono flussi inarrestabili che
corrispondono a esigenze sia dei paesi di origine, sia dei paesi di
accoglimento. Debbono e possono essere governati.
Operiamo con impegno per favorire una integrazione in modo da renderla positiva per tutti, ma reprimiamo con severità, senza alcuna tolleranza tutti i fenomeni di criminalità. Soprattutto preveniamo con l'attenta selezione all'ingresso e con un'efficace opera di accoglienza.
Questi sentimenti, queste preoccupazioni turbano il nostro animo. Rendono
ancora più intenso il significato dell'incontro di oggi con voi.
E' un incontro che è iniziato con la bellissima mostra sui Longobardi che ci
riporta a momenti della nostra storia dei quali la lontananza dei secoli non
attenua la drammaticità. Momenti che, non a caso, appassionarono un grande
italiano, un grande lombardo come Alessandro Manzoni. Lo spinsero a riflettere
sul destino di "un volgo disperso che nome non ha"; che,
proprio in quegli anni, iniziava a cercare la via dell'unità nazionale e della
libertà.
E' grazie anche ai cittadini di Brescia che un secolo e mezzo fa, usando le
parole di Manzoni, quel "volgo disperso" si fece popolo e
ritrovò "dei padri la fiera virtù".
Non possiamo dimenticare che, mentre a Novara si spegnevano le prime speranze
dell'indipendenza nazionale, a Brescia per dieci giorni sventolava il tricolore.
L'unità della Patria è nata in queste strade dove i cittadini guidati da Carlo Cassola, da Luigi Contratti e da Tito Speri resistettero con duemila fucili ai cannoni dell'armata di Radetzky. Nel 1945 nelle stesse strade i cittadini di Brescia, in armi, meritavano, per la seconda volta in un secolo, una medaglia al valore militare.
C'è un filo che lega questo incontro con voi al breve viaggio che sto per
fare a Milano in onore di Giuseppe Verdi, l'uomo che con la sua musica
rappresenta meglio di ogni altro l'orgoglio, la passione civile dell'Italia
moderna.
Ricordiamo come Verdi, i patrioti bresciani, i nostri padri immaginarono la
libertà della Patria: la pensarono inserita in una Europa nella quale si
affermavano i diritti civili e la convivenza dei popoli.
Per le nostre genti, per le nostre città, l'indipendenza e l'unità nazionale
hanno significato anzitutto la conquista dei diritti civili, la possibilità di
autogovernarsi, al centro e localmente.
E' sui sacrifici di quei patrioti, sulle loro intuizioni che oggi possiamo
sviluppare il modello di una Repubblica ricca delle sue diversità, sempre più
libera e articolata nelle sue autonomie. E' sul ceppo di questa tradizione - che
trova la sua sintesi nella Costituzione repubblicana - che oggi possiamo
costruire un'articolazione federale che rafforzi l'unità nazionale.
Questa articolazione di governo diffuso tra le autonomie e lo Stato centrale
non è fine a se stessa, ha come obiettivo l'avanzamento civile ed economico
dell'intera Italia, il rafforzamento delle nostre capacità di affrontare con
successo la sfida della competitività mondiale.
A quest'ultimo fine abbiamo bisogno di una progettualità forte da parte del
settore pubblico - Comuni, Province, Regioni, Stato -; abbiamo bisogno di
migliorare la proiezione e la forza internazionale del nostro sistema
imprenditoriale. Il federalismo è un'occasione di crescita per tutti. Anche per
lo Stato centrale, che deve concentrarsi sui compiti essenziali, e su quelli
sviluppare più autorevolezza, più efficienza, più capacità di dialogo con i
cittadini.
Qualche giorno fa - incontrando al Quirinale i nuovi Cavalieri del Lavoro -
ho fatto loro una domanda che oggi ripropongo a voi che rappresentate una delle
aree più industriali ed evolute d'Europa: perché non siamo capaci di investire
tutto il risparmio che generiamo? Oggi che abbiamo finalmente eliminato la
distruzione di risparmio che per decenni veniva assorbito dal disavanzo
pubblico, una parte del capitale prodotto è attratta dal flusso netto in uscita
degli investimenti con l'estero. La risposta è complessa e dobbiamo saperla
dare insieme, tutti, nei fatti.
Anche se ci limitiamo a guardare ai problemi di una città e di una provincia
così fortemente sviluppate come Brescia, è possibile individuare gli ostacoli,
i cosiddetti colli di bottiglia che ci rendono difficile il balzo che la
potenzialità di risorse umane e finanziarie della nostra società è in grado
di fare.
Per brevità e per quell'esempio di concretezza che hanno tutti i nostri
interventi, voglio elencare come "per titoli" i punti chiave di
una ideale agenda della competitività:
· Infrastrutture;
· Ricerca scientifica, innovazione;
· Formazione, istruzione;
· Dimensione internazionale delle imprese;
· Semplificazione delle procedure amministrative.
Anche Brescia - come tutte le città italiane - ha come problema principale
quello dei collegamenti, della mobilità delle persone e delle merci. E' il
problema di una rete di infrastrutture sostanzialmente ferma da troppi anni per
una serie di impedimenti che si sono sovrapposti nel tempo. Non c'è una città
dove io sia stato nella quale il tema delle infrastrutture - viarie,
ferroviarie, portuali, aeroportuali - non sia il punto numero uno.
Per Brescia, collegamenti significa soprattutto legame con i mercati di sbocco
del Centro Europa, con i porti della Liguria e dell'Adriatico, con gli assi
ferroviari di Bologna e di Milano.
Quello delle infrastrutture è un problema che investe direttamente la
responsabilità di tutti gli amministratori. Quante volte opere già progettate
e già decise vengono bloccate per anni dal mancato accordo di qualche
amministrazione locale? La capacità di fare squadra per il bene comune deve
vincere sugli interessi particolari.
E' importante che almeno un'opera da voi giudicata essenziale si realizzi in
tempi rapidi. Sta a voi scegliere quella sulla quale puntare. E' forse il
raddoppio della Milano-Brescia? Se è questa l'opera più importante,
date ad essa priorità, cominciando con il procurare tutti i consensi, tutti i
permessi che riguardano le autorità locali. Poi pretendete quello che deve fare
l'amministrazione centrale. Abbiamo il dovere di sfatare l'incantesimo dei
cantieri che non partono mai, o peggio ancora che una volta avviati vengano
sospesi, che è uno spreco intollerabile di risorse. Dare avvio e realizzare una
delle opere principali io penso che sia il modo migliore, forse l'unico modo per
dare fiducia alle imprese e ai cittadini.
Secondo tema: la ricerca. Su questo terreno le responsabilità sono
molte anche da parte degli imprenditori. Essi hanno investito, molto e bene, per
la razionalizzazione dei processi produttivi, meno per l'innovazione dei
prodotti.
Il sistema delle Università è un bacino potenziale dove "pescare"
idee imprenditoriali, dove svilupparle. Sono aree ricche di imprese come questa
di Brescia che debbono sollecitare, promuovere una mentalità più direttamente
sensibile alle esigenze di sviluppo anche nei Dipartimenti di ricerca.
In tutte le città d'Italia che visito, incontro sempre i rettori delle
università, gli imprenditori, gli amministratori locali; i tre pilastri di
quella "alleanza delle autonomie" che sono convinto rappresenti
la base concreta, pragmatica, del federalismo. Sono incontri sempre molto
interessanti. Per lo più ne traggo l'impressione che questi tre mondi non
dialoghino fra di loro con la frequenza e la continuità che è nel loro stesso
interesse. Il mio invito è: riunitevi periodicamente a presentare progetti
congiunti, tra università e imprese, sotto lo stimolo, sotto la presenza delle
autonomie locali.
Altro tema che si lega a quello della ricerca: formazione. Ho invocato
i tre pilastri università, amministrazioni locali, imprese. Ad essi corrisponde
il trinomio ricerca, formazione, occupazione. L'istruzione e la opportunità di
lavoro coincidono sempre di più.
Questo è uno degli aspetti più belli della società dell'informazione e della
tecnologia. L'ampliamento delle conoscenze ha una ricaduta immediata sulla
possibilità di impiego e sul benessere individuale. Ne deriva che più si
investe in formazione e istruzione, più si favorisce il successo della
società.
Alla società dell'informazione, dell'informatica deve corrispondere la società
della formazione.
Pochi giorni fa ero a Cagliari: mi hanno molto colpito, nella riunione con gli
imprenditori e i Rettori delle università, le parole di un imprenditore sardo
che opera nel settore delle nuove tecnologie. Ci ha detto: nei prossimi tre anni
l'industria europea avrà bisogno di 200.000 esperti in informatica. Per
trovarli, le imprese europee sono disposte a spostarsi, a localizzarsi vicino a
quelle università che dimostrano di poter fornire giovani ben preparati in quel
settore.
E l'esempio ormai di crescente, feconda vicinanza fra imprese e università si
sta, sia pure lentamente, diffondendo anche in Italia.
Altro argomento: dimensione internazionale delle imprese. La forza della nostra economia è rappresentata dal tessuto di piccole e medie imprese che per lo più spontaneamente si sono raccolte in "distretti industriali". Oggi il sistema "per distretti", per "grappoli" di imprese, deve trovare un momento di razionalizzazione organizzativa per raggiungere sui mercati internazionali dimensioni paragonabili a quelle dei concorrenti. Il problema del salto di dimensione esiste: per farlo meglio e con minori costi dovete organizzarvi, per farlo insieme, più imprese insieme, gruppi di imprese insieme.
Semplificazione delle procedure amministrative. Non poco è stato
fatto. L'amministrazione pubblica ha avviato una vera e propria trasformazione.
C'è ancora molto da fare. C'è molto da far sapere, anche sulla diffusione che
hanno avuto l'informatica e le reti. Il disporre di maggiore informazione dà
fiducia agli utenti e li rende più consapevoli di avere acquisito nuovi diritti
- in materia di autocertificazione, di riduzione di passaggi burocratici -: e
che spesso ne sono ignari.
Vedo che Brescia è all'avanguardia per la semplificazione nei certificati e nel
rapporto con cittadini ed imprese. Insistete su questa strada.
Questi sono alcuni dei temi sui quali le generazioni di oggi devono lavorare
per sé e per le generazioni future.
Credetemi, le conclusioni che traggo da questo viaggio attraverso l'Italia sono
nette e sono positive: l'Italia sta rifiorendo. L'ho constatato, una settimana
fa, anche nell'incontro con la gente della Sardegna.
La demografia delle imprese, cioè il saldo fra il numero di quelle nuove e di
quelle che hanno terminato l'attività, presenta ovunque in Italia risultati
positivi e un saldo attivo in tutta l'Italia, a cominciare dal Mezzogiorno. Si
stanno creando nuovi posti di lavoro. Soprattutto si sta diffondendo una nuova
cultura del fare, di intraprendere: arretra, anche nelle Regioni meno
sviluppate, la mentalità del lamento, della richiesta di assistenza.
Si avverte una nuova consapevolezza di quello che può rappresentare per il
nostro futuro ad esempio lo sfruttamento positivo delle bellezze artistiche,
ambientali, naturali del nostro Paese proprio combinandole con le nuove
tecnologie che abbattono barriere fisiche, distanze, dualismi territoriali.
Un altro fenomeno di cui dobbiamo tenere conto: nella nostra terra sono oltre
2.500 i comuni che rischiano di scomparire per un lento processo di
spopolamento. Questo tessuto di pievi, di rocche, di piccoli insediamenti in
montagna e in collina - di cui anche queste vostre meravigliose terre sono
ricche, dalla Val Trompia alla Val Camonica, alla Val Sabbia - è un capitale
straordinario che si è accumulato nei secoli e che il mondo ci invidia.
E' un capitale di realizzazioni, di opere delle generazioni passate, ma
soprattutto di memorie e di tradizioni, che vogliono anche dire usanze,
alimenti, artigianato che possono tornare ad essere fonte di ricchezza. Dobbiamo
sforzarci di riconquistare questi paesi, dobbiamo investire sulla loro
rinascita.
Ho voluto toccare una serie di temi che sono quelli con i quali voi
quotidianamente vi confrontate.
Desidero concludere ritornando alla nostra Patria che è nata combattendo in
queste terre e in queste vallate. Nel 1849 i Volontari di Garibaldi venivano
ospitati e assistiti dalle popolazioni delle vallate. E' passato un secolo e
mezzo, ma qui a Brescia e in tutti i lombardi non è venuto meno l'orgoglio di
essere stati in prima fila fra i fondatori dell'Italia unita e di essere tuttora
protagonisti del suo sviluppo economico e civile.
Risorgimento, unità d'Italia, conquista dei diritti civili, Costituzione
repubblicana sono legati da un unico filo.
Viva l'Italia!