VISITA DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
ALLA REGIONE UMBRIA
INCONTRO CON IL MONDO ACCADEMICO E GLI STUDENTI
DELL'UNIVERSITA' PER STRANIERI
Perugia, 15 ottobre 2001
Gentile Signora Rettore,
Autorità,
Professori,
Cari studenti,
in questo luogo splendido di architetture, di memorie, di civiltà e di arte
che ha nome Perugia, voi - e mi rivolgo ovviamente, in particolare, agli
studenti stranieri - avete avuto la ventura di incontrare, forse per la prima
volta, l'Italia: la sua lingua, la sua cultura, la sua storia, la sua identità.
Ma perché l'Umbria, perché Perugia? Perché proprio qui la sede
dell'Università per stranieri? Perché non Firenze, perché non Venezia, o
Napoli, o Roma, la città eterna, e forse tante altre città ancora? La lunga e
complessa storia della nostra civiltà fa sì che numerose, forse più che in
ogni altro Paese, siano le città che possono vantarsi di costituire un
esemplare luogo dell'anima della nazione italiana.
Tuttavia, anche agli occhi di chi è pienamente consapevole della straordinaria
complessità e ricchezza dell'immagine vera dell'Italia, l'Umbria, e la sua
città capitale, Perugia, con tutto il peso e la gloria dei suoi millenni di
storia alle spalle, istintivamente rappresenta una sorta di baricentro d'Italia,
di giusto mezzo fra Nord e Sud, fra Est e Ovest: essa offre un'aurea misura
dell'identità italiana, in cui tutti possono riconoscersi. Dunque, Perugia è
un buon punto di partenza per il vostro viaggio di scoperta dell'Italia, a
cominciare dalla sua lingua.
Nella lingua c'è tutto. Nella lingua è tutta la storia di un popolo. La "parola"
è, prima di tutto, poesia, pòiesis, ossia creazione. La lingua sarà la
vostra chiave d'accesso al tesoro della conoscenza di ciò che chiamiamo Italia.
Voi sapete che prima di essere Stato, l'Italia fu, per secoli, anzi per
millenni, una nazione. Il senso di identità e di appartenenza all'Italia si
nutriva e si nutre di molti elementi: primo fra tutti, probabilmente, la
coscienza della nostra primogenitura fra tutte le nazioni figlie di Roma; anzi,
la continuità della nostra storia con la storia di Roma. Ma è la nostra nuova
lingua, l'italiano, che ci distingue come nazione dalla madre Roma; che ci
differenzia da tutte le altre nazioni sorelle neolatine; e che crea un
indissolubile legame e senso di identità e di comunità fra tutte le regioni
della penisola.
La difesa della lingua, come fattore unificante dell'identità e cultura
italiana, dal momento stesso in cui il toscano viene accettato e si diffonde
ovunque come idioma nazionale, si esprime anche nella straordinaria continuità
attraverso i secoli della nostra lingua colta. Fra tutti i popoli europei, siamo
probabilmente il solo dove ancora oggi si possono leggere scrittori e poeti del
Duecento o del Trecento senza difficoltà alcuna, come fossero nostri
contemporanei. Creando la lingua italiana, essi avevano creato anche l'Italia.
Per una Nazione senza Stato, la lingua, e i suoi massimi interpreti, furono la
nostra Bibbia, la ragione stessa del nostro essere e definirci italiani.
La lingua, come poesia, come creazione di un pensiero in cui si esprime
l'identità di un popolo, apre dunque la porta alla conoscenza di una civiltà.
Via via che, cari studenti, approfondirete la conoscenza della nostra lingua, vi
si scoprirà anche la natura profonda della nostra civiltà.
Quali ne sono gli elementi essenziali? Voi forse ve lo state chiedendo, e state
cercando una risposta, sicuramente non facile, neanche per noi. Coloro che
provengono da altri Paesi europei, o di cultura occidentale, saranno forse
colpiti anzitutto da ciò che abbiamo in comune, ed è molto, moltissimo.
Potranno tutt'al più chiedersi quali di queste caratteristiche comuni possano
farsi risalire a contributi originali della civiltà italiana: chi è
appassionato dell'arte, o della musica, o del diritto, e di altro ancora, si
renderà sicuramente ancor meglio conto, dopo questa esperienza in Italia,
dell'importanza di questi contributi.
Ripercorrendo lo stesso cammino di ricerca alla rovescia, e ragionando quindi da
italiano, consapevole della propria identità, proporrei come primo concetto
determinante, per la definizione di ciò che è sicuramente italiano, la parola
umanesimo. Non basterebbe un corso di lezioni, non dico una conversazione fra
amici come è questa, per scoprire tutti i significati racchiusi all'interno di
questa parola. La storia stessa aiuta a riscoprirli, o a scoprirne dei nuovi.
Umanesimo fu anzitutto riscoperta, coscienza e conoscenza del nostro passato: e
quindi, della complessità degli apporti di diversissima provenienza che
contribuirono, e contribuiscono, a formare la nostra identità. Ciò è
sicuramente vero per l'Italia, come per tutti gli altri popoli. Noi chiamammo in
un lontano passato il Mediterraneo "Mare Nostrum": questo non
era tanto un impossibile titolo di proprietà, quanto un riconoscimento della
parentela fra tutti i popoli e tutte le culture che si affacciavano a questo
mare, un mare che univa le une alle altre assai più di quanto le dividesse.
Fra le antichissime civiltà egizia e mesopotamica, gli apporti rivoluzionari
della filosofia greca e del pensiero profetico e cristiano, l'immensa
elaborazione giuridica romana, con la sua idea di stato e la sua visione di una
pace, di una convivenza fondata sul diritto, vi fu continuità di pensiero, di
conoscenza. Queste furono le prime origini della nostra civiltà. Sappiamo oggi
che per vie diverse altri contributi ci raggiunsero da civiltà ancor più
lontane, dall'India o dalla remota Cina.
In secoli più vicini, attraverso il Mediterraneo, anche in secoli per noi bui,
ci raggiunse il luminoso apporto della civiltà islamica, cresciuta su radici
ebraico-cristiane, arricchita anch'essa dalla conoscenza, talvolta per noi
perduta, degli scritti dei grandi filosofi greci, e capace di una grandiosa
costruzione autonoma di pensiero e di opere dell'ingegno.
L'umanesimo italiano fu anzitutto - lo ripeto - una riscoperta di questa
splendente complessità degli elementi fondanti della nostra identità. Fu
quindi convinzione che, nella diversità delle culture che si sono affiancate o
succedute sul palcoscenico della storia umana, vi fosse un intreccio
indistruttibile, e vi fossero fondamenta comuni, che risalivano agli istinti
più profondi della comune condizione umana. L'universalità del sapere, ideale
dell'Umanesimo e del Rinascimento, era uno specchio dell'universalità della
civiltà degli uomini, che l'umanesimo scoperse e riconobbe. Il dialogo, non lo
scontro delle civiltà, già da allora apparve alle menti più illuminate come
il motivo guida della storia umana. Il nostro Umanesimo e il nostro Rinascimento
ne furono lucidamente coscienti.
Consapevolmente, o inconsapevolmente, vennero così poste in questa nostra terra
le premesse dell'identità europea e gettate le basi di ciò che divenne,
attraverso un'ardimentosa opera, protrattasi per secoli, di scoperta etica e
scientifica, la civiltà dell'Occidente. Ancora oggi, in quella che si suole
chiamare l'era della globalizzazione, lo spirito dell'umanesimo fornisce idee
guida per chi opera alla costruzione di un mondo fondato sul rispetto reciproco
tra tutti i popoli e tutte le culture, sulla legge, sull'ordine, sulla pace.
Nell'identità italiana, le idee fondanti dell'umanesimo non sono mai andate
perdute, sono rimaste punti di riferimento costanti della nostra storia. Penso
che ancora oggi sia su quelle idee che si fondano alcune caratteristiche
dell'essere italiani: una certa istintiva tolleranza - meglio ancora, rispetto -
degli altri, dei diversi da noi, un interesse per le culture anche le più
remote, e una spontanea coscienza dell'universale.
Forse questa, mi si dirà, è una visione un po' idealizzata dell'essere
italiani. Ma è una visione che si nutre di esperienze vissute. La mia
generazione ne ha riconosciuto la presenza in certi comportamenti naturali del
nostro mondo contadino e paesano, nella protezione offerta da gente comune, che
sapeva di rischiare la vita, durante gli anni terribili della guerra e delle
persecuzioni, a fuggiaschi e dispersi: portati a salvamento, quale che fosse la
loro appartenenza religiosa o la loro nazionalità, attraverso una catena di
solidarietà, di casolare in casolare, di montagna in montagna, di villaggio in
villaggio, di città in città, da un capo all'altro della penisola. Alla mente
di un uomo della mia generazione si affacciano come naturali questi ricordi,
queste realtà, di cui feci diretta esperienza.
Poi, naturalmente, nell'identità italiana c'è ben altro, e l'ho già
accennato: lo splendore e la musicalità della lingua; la magia delle forme
scultoree e architettoniche, diversificate e pur sempre riconoscibilmente
italiane, attraverso la storia, per il senso della misura, delle proporzioni e
delle simmetrie; e ancora la ricchezza e inventiva delle nostre tradizioni
musicali; la generosità del nostro pensiero civile; la nostra apertura al
mondo, quell'impulso che fece creare, per esempio a Giuseppe Mazzini,
contemporaneamente, la "Giovine Italia" e la "Giovine
Europa". Insomma tutte quelle cose che voi, attraverso la vostra
permanenza e i vostri studi, andate scoprendo.
La vostra scelta di questa università, di questa città, di questa regione e di
questo Paese come luogo, per un periodo sia pur breve, della vostra ricerca e
della vostra esistenza, vi rende naturalmente cari a tutti noi. Rappresentate
una nuova generazione di quella moltitudine di decine e decine di migliaia di
ospiti dell'Università per Stranieri di Perugia che vi hanno preceduto durante
i sette decenni e mezzo di vita di questa istituzione.
Vi siamo grati per una scelta che ci onora, e tendiamo spontaneamente a
considerarvi, d'ora in poi, come degli ambasciatori nel mondo della nostra
lingua e della nostra cultura. Vi auguro successo nei vostri studi, e nella
vostra vita.