INTERVENTO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
PER LA CELEBRAZIONE DEL
60° ANNIVERSARIO DELLA PRIMA BATTAGLIA
COMBATTUTA DAL RINNOVATO ESERCITO ITALIANO
NELLA GUERRA DI LIBERAZIONE
Mignano Montelungo - Sacrario, 8 dicembre 2003
Signor Ministro della Difesa,
Signor Ambasciatore,
Onorevoli Parlamentari,
Cari reduci della battaglia di Mignano Montelungo,
Parenti dei Caduti e dei decorati al Valor militare,
Autorità civili, militari e religiose,
su questa montagna, sessanta anni fa, combatterono i reparti di un esercito
italiano che voleva riscattare l'onore e la libertà della Patria, che difese
con le armi in pugno la dignità del tricolore.
Quel "raggruppamento motorizzato", appena riorganizzato in
Puglia, fu il primo a combattere per lo sfondamento delle linee, laddove si
erano infranti gli sforzi di numerosi reggimenti anglo-americani. Con tenacia e
volontà disperate, tentarono di conquistare, pietra dopo pietra, posizioni
strategiche naturali che arrestavano l'avanzata delle forze alleate.
Loro, quel giorno, erano l'Italia.
I mille del Montelungo, con le decine di morti e feriti, hanno tenuto vivo il
filo rosso della continuità legale e morale dello Stato italiano, come lo
fecero nel marzo 1944 gli alpini del Monte Marrone, i paracadutisti del Nembo a
Filottrano, il Gruppo di Combattimento "Cremona" sulla linea
Gotica alle Torri di Primaro, il Gruppo di Combattimento "Friuli"
sul fiume Senio, il Gruppo di Combattimento "Folgore" a
Grizzano, e tutti i combattenti della Guerra di Liberazione.
Alcuni di loro ebbero la ventura di liberare Bologna, Chieti e tanti altri paesi
e città.
Nessuna di quelle comunità potrà mai dimenticare "quel"
tricolore che tornò a sventolare sulle loro mura, dopo la tragedia dell'8
settembre.
Per il futuro dell'Italia fu un lavoro importantissimo, pur vissuto
nell'amarezza e tra enormi difficoltà. Fu merito di alti ufficiali, come il
Maresciallo Messe, il Generale Utili, aver saputo riorganizzare quei reparti,
convincere gli alleati a farli combattere.
Di questo oscuro lavoro per l'onore della Patria e per la libertà dobbiamo oggi
ricostruire le storie, i protagonisti, gli eroi. Penso a una figura di
eccezionale valore e intelligenza, l'animatore della guerra di liberazione nei
primi dieci, difficilissimi mesi, il Colonnello Giuseppe Cordero Lanza di
Montezemolo, torturato e poi assassinato alle Fosse Ardeatine, insieme ai
principali collaboratori che, con lui, avevano organizzato le azioni dietro le
linee, sotto le direttive del governo legittimo. Montezemolo è un eroe che
merita di essere "raccontato" agli Italiani di oggi.
E' una di quelle figure, come il questore Palatucci, al quale le Forze Armate e
tutti i funzionari dello Stato devono guardare con ammirazione.
A marzo sarò a Cassino, per ricordare il sessantesimo anniversario della
battaglia.
Non possiamo dimenticare le spaventose sofferenze della popolazione civile che,
in queste terre, visse per mesi nel terrore, nella morte, nella violenza degli
eserciti, anche alleati.
E' con emozione che oggi pomeriggio, alla Reggia di Caserta, fisserò la
Medaglia d'Oro al Merito Civile sui gonfaloni delle città di Capua e San Pietro
Infine, simbolo delle sofferenze delle nostre genti e della forza d'animo con la
quale affrontarono la distruzione, spesso totale, i lutti, assistettero i
feriti, ospitarono i fuggiaschi e i prigionieri.
Signor Ministro,
Autorità,
Signore e Signori,
questo è il popolo italiano.
Dieci anni fa, in veste di Presidente del Consiglio, mi trovavo qui, in questo
sacrario, per celebrare il cinquantesimo anniversario della battaglia del
Montelungo, il sacrificio dei caduti, l'onore ritrovato del tricolore.
E' un privilegio, per me, poter nuovamente onorare questi caduti e questo
sacrario che è parte della nostra memoria collettiva.
L'Italia ha una memoria viva e condivisa. Essa richiede sempre di più il lavoro
della storia, la passione civile di chi ricerca il passato per operare.
Per gli italiani, il lavoro della memoria nacque anche dal genio di poeti e
patrioti come Foscolo che scrisse: "italiani, io vi invito alle storie…",
e indicò Santa Croce a Firenze come luogo dal quale costruire una religione
civile per un popolo che voleva diventare Nazione. Fanno bene le Forze Armate a
conservare sempre meglio i nostri sacrari perché "a egregie cose il forte
animo accendono l'urne dei forti…". Li vorremmo vedere sempre più
frequentati da ragazzi delle scuole in cerca di conoscere di più le loro
radici, ricchi di domande sul nostro passato.