VISITA DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
ALLA CITTA' DI CASERTA
INCONTRO ISTITUZIONALE CON LE AUTORITA'
Caserta - Palazzo Reale, 8 dicembre 2003
Signor Ministro,
Signor Presidente della Regione Campania,
Signor Ambasciatore della Repubblica Federale di Germania,
Onorevoli Parlamentari,
Signor Presidente dell'Amministrazione Provinciale di Caserta,
Signor Sindaco di Caserta,
Autorità civili, militari e religiose,
Cari Sindaci della provincia di Caserta,
Signore e Signori,
Vi ringrazio anzitutto per le vostre cortesi parole, e ringrazio i cittadini di
Caserta per la calorosa accoglienza. Visitare questo palazzo, questa Reggia,
forse la più bella d'Italia, è sempre un'emozione. Lo è ancor più oggi, in
occasione di questo incontro con la città e la provincia di Caserta, denso di
momenti suggestivi; a partire dall'omaggio che ho reso stamani al Sacrario di
Mignano Montelungo, che ricorda una battaglia in cui tanti giovani morirono per
la Patria. Fu il tributo di sangue del ricostituito esercito italiano alla
liberazione del nostro Paese.
Gli impegni del mio ufficio non mi hanno dato il tempo, e me ne dispiace, per
visitare la città di Capua e per raggiungere San Pietro Infine, impressionante
testimonianza, con le sue rovine, di quelli che furono i sacrifici della
popolazione, e la perdita altissima di vite umane sofferta dagli eserciti
alleati per liberare l'Italia e l'Europa.
La consegna delle medaglie d'oro al merito civile a questi due Comuni, così
duramente colpiti dagli eventi bellici, come lo sono state la stessa città di
Caserta e tutta la vostra Provincia, vuole confermare a noi stessi che la
Repubblica non dimentica quello che fu il prezzo pagato, in tutte le Regioni
d'Italia, per riconquistare la libertà.
Questi ideali non sono morti: lo testimonia il sacrificio consapevole di nostri
militari impegnati in missioni umanitarie e di pace, e lo stringersi unanime del
nostro popolo attorno alle famiglie dei Caduti.
I discorsi che ho or ora ascoltato suonano conferma delle notizie raccolte in
preparazione di questa mia visita: conferma della vitalità, in un quadro
regionale ricco di nuove iniziative, di un territorio provinciale che si colloca
al terzo posto in Italia per la natalità imprenditoriale. Colpisce
l'originalità di un modello di organizzazione produttiva che apre nuovi
orizzonti ad antiche tradizioni artigiane : esaltandone - con la creazione di
strutture consortili, con i suoi distretti industriali e i suoi centri di
ricerca avanzata - la crescita e l'acquisizione di nuove tecnologie, e
impegnandosi per la formazione di nuove leve di lavoratori, tecnici,
imprenditori.
L'Italia è famosa come patria di un tessuto straordinario di piccole e medie
imprese, che costituisce un modello oggi invidiatoci da altre Nazioni. Ne
conosciamo bene i pregi e i punti di forza; ma conosciamo anche le carenze di
questa nostra tipica struttura industriale.
Essa favorisce la capacità delle imprese di adattarsi rapidamente alle esigenze
sempre mutevoli del mercato e di elaborare nuovi prodotti, con un'offerta che,
costantemente rinnovandosi, suscita essa stessa una nuova domanda.
Le piccole e anche piccolissime dimensioni di molte imprese costituiscono però
un freno alla capacità di espansione su nuovi mercati; rendono più difficile
l'accesso al credito bancario e lo sviluppo degli investimenti, in particolar
modo nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie. E poi c'è il problema
della formazione, che le grandi imprese possono affrontare con maggiore
ricchezza di mezzi e con maggior coordinamento con le strutture pubbliche che
hanno per loro compito la formazione.
Mantenere ed accrescere i punti di forza del sistema delle piccole e medie
imprese, rimediando alle sue debolezze, è per noi un compito prioritario in
questa fase di allargamento dell'Unione Europea, che già oggi può dirsi il
più grande mercato del mondo; di un mondo dove la circolazione dei prodotti
come dei capitali conosce una straordinaria liberalizzazione, e che ha visto
l'ingresso sul mercato globale di milioni di nuovi consumatori; ma anche di
molti nuovi produttori, e quindi di nuovi concorrenti con i quali dobbiamo
confrontarci.
L'evoluzione dell'economia casertana, oggi parte importante di quella grande
area metropolitana che ha al suo centro Napoli, offre, a tutti questi problemi e
a queste opportunità, risposte interessanti ed originali, che possono essere
per voi legittimo motivo di vanto, e incoraggiarvi a nuovi avanzamenti.
Sottolineo anche l'importanza della presenza di una giovane Università in forte
crescita, e dell'impegno per sviluppare sempre più la cooperazione tra
l'Ateneo, le forze imprenditoriali, le organizzazioni sindacali, le
amministrazioni locali a vari livelli.
Qui, come in molte altre regioni d'Italia, si sta affermando una
consapevolezza diffusa della necessità di "fare sistema", col
ricorso a una consuetudine di dialogo e di concertazione che conduca a esiti
costruttivi la naturale, necessaria dialettica fra le parti sociali, e tra
queste e le istituzioni.
Disponete insomma di risorse, di strumenti importanti, di esperienza acquisita,
per perseguire l'obiettivo di una accelerazione della crescita. Questa ha tra i
suoi obiettivi dominanti la lotta contro la piaga della disoccupazione e del
lavoro in nero. La vostra non è, non sarà una battaglia facile. Non basterà,
per vincerla, far leva sulla vitalità di tradizioni produttive antiche e su
certe nostre particolari virtù: il gusto, la capacità d'invenzione di prodotti
che recano l'impronta di una classicità di stile che rende riconoscibile in
tutto il mondo il "made in Italy". Tutto questo è necessario,
ma non sufficiente.
Occorre anche qualcosa d'altro, qualcosa di più, al di là dello sviluppo della
capacità imprenditoriale, organizzativa, progettuale. Occorre saper riconoscere
e combattere certe nostre radicate debolezze. E non mi riferisco soltanto alle
debolezze strutturali, economiche, di cui ho detto; ma a debolezze che
riguardano la società civile nel suo insieme.
Le conosciamo bene. Sopravvivono, in questa Italia, che è un Paese
d'avanguardia al mondo per il tenore di vita e per il progresso civile, aree di
illegalità e di criminalità, che non costituiscono soltanto un freno allo
sviluppo, ma che sono in sé e per sé intollerabili.
Tanto più intollerabili in un Paese come il nostro, che si vanta di essere la
Patria del Diritto. Possiamo affermare che lo Stato moderno è figlio di una
tradizione giuridica che risale indietro nei secoli e nei millenni fino alla
nostra prima Repubblica, la Roma Repubblicana; e che l'idea stessa del Diritto,
e del rispetto della Legge come fondamento necessario di una civile convivenza,
è stato uno dei nostri maggiori contributi alla civiltà dell'Occidente. Ma
possiamo considerarci figli degni di una così grande tradizione?
Lo Stato di Diritto, per poter esplicare appieno le sue potenzialità, abbisogna
di istituzioni impegnate, di uomini capaci di amministrarlo, di cittadini
convinti nel praticarlo. Richiede una naturale, generale adesione dei cittadini
ai valori a cui la Legge si ispira e che nella Legge trovano espressione; tanto
più da quando lo Stato di Diritto è diventato anche Stato democratico, nel
quale la Legge trae dalla volontà popolare il suo fondamento etico e giuridico.
Le istituzioni tanto più si rafforzano quanto più, con il loro operare,
suscitano più convinto consenso e sostegno nei cittadini.
L'illegalità, anche quella così detta minore, è terreno di coltura per la
vera e propria criminalità. La criminalità organizzata è nemica della
società, ostacola la crescita e la diffusione del benessere. Combatte la
camorra chi lavora per il progresso economico e sociale. E chi, subìto un
sopruso, lo denuncia, anche se ciò può comportare dei rischi, non fa soltanto
il proprio dovere di cittadino; fa il proprio interesse. La camorra si può
battere, e lo dimostrano i successi che ottengono, grazie al loro impegno, le
Forze dell'Ordine.
Vi siamo, vi saremo sempre vicini nella lotta contro questo male oscuro della
criminalità, della illegalità. Questa lotta possiamo, dobbiamo vincerla
insieme, per la serenità delle nostre famiglie, per l'avvenire dei nostri
figli.
Concludo. In previsione di questa mia visita, ho avuto occasione di leggere il
Codice di San Leucio, proclamato nel 1789 da Ferdinando IV, singolare sintesi
dei valori religiosi e di uno spirito illuminista di sorprendente modernità. In
esso si contrappone "a quella pace, a quel buon ordine che nasce dal
buon governo e dalle buone leggi" e dal loro rispetto, lo "stato
di disordine e di confusione" che vede "i buoni" sottoposti
"all'oppressione dei cattivi".
In una società laboriosa e bene ordinata, dove il rispetto della Legge e il
progresso civile ed economico sono compagni l'uno dell'altro, non vi è più il
rischio - dice ancora il Codice ferdinandeo - di vedersi "privati di
tanta bella gioventù", altrimenti obbligata a "recarsi altrove
per ricercars'il sostentamento". E' questa una riflessione che può
essere d'ispirazione anche ai cittadini di una Repubblica democratica, quale è
la nostra Italia.
Con questo spirito rivolgo a tutti voi un augurio di buon lavoro. E vi
ringrazio.