Budapest - Palazzo del Parlamento 26/03/2004

Allocuzione del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, in visita di Stato in Ungheria, al Parlamento ungherese su "Il rafforzamento e il rinnovamento dell'Unione Europea"



VISITA DI STATO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
IN UNGHERIA

ALLOCUZIONE AL PARLAMENTO SU
"IL RAFFORZAMENTO E IL RINNOVAMENTO DELL'UNIONE EUROPEA"

Budapest - Parlamento, 26 marzo 2004

 

Signor Presidente Mádl,
Signor Vice Presidente del Parlamento,
Onorevoli Parlamentari,
Autorità,
Signore e Signori,

nel prendere la parola in quest'aula solenne, ricordo i momenti storici degli ultimi due secoli che hanno suggellato gli antichi legami fra l'Italia e l'Ungheria: il Risorgimento, espressione dei valori fondanti per i nostri due Paesi e per l'Europa; la rivolta popolare del 1956, la liberazione dal sistema sovietico, tra il maggio ed il settembre del 1989. Dopo decenni di totalitarismo, l'abbattimento della cortina di ferro fu un atto di grande coraggio reso possibile dal valore del popolo ungherese.

Con questi sentimenti, rendo omaggio allo spirito di libertà del popolo ungherese, alla determinazione della sua vocazione europea.

Il 1° maggio 2004, l'Ungheria diventerà membro a pieno titolo dell'Unione Europea. Quella data deve segnare una nuova conquista dell'Europa: più dinamica ed innovativa al suo interno; più capace di suscitare fiducia e rispetto nel resto del mondo. Grandi aspettative sono collegate ai progressi che l'Europa potrà compiere, con l'allargamento: nuove opportunità di crescita, civile, economica, sociale, culturale. Concorreranno a realizzarle tutti i cittadini dei nuovi Stati membri.

Alle aspettative suscitate dall'Europa dell'allargamento si accompagna la riflessione sulla debolezza del presente assetto istituzionale. Il 2003, anno di sconcertanti contraddizioni, lo ha lasciato incompiuto.

Dopo le lacerazioni provocate dal conflitto in Iraq, é stato ancor più difficile comprendere come e perché le speranze accese dalla Convenzione e confermate dalla risoluzione del Consiglio europeo di Salonicco non si siano tradotte in realtà. Come è potuto accadere - ci siamo chiesti increduli in molti - che non siamo riusciti ad afferrare un obiettivo così vitale per gli europei e per la pace nel mondo, così avanzato come progetto politico concreto? La delusione di quel momento è superata; non è certo dimenticata l'urgenza di portare l'opera a compimento.

Dare pienezza di poteri all'Unione Europea, consentire all'Europa di essere all'altezza del proprio ruolo nel mondo è oggi il compito prioritario.

Il progetto dell'unificazione europea è privo d'alternative. Non esiste, al di fuori dell'integrazione, prospettiva di crescita dell'intero continente, sicurezza per le generazioni future. Nessuna complessità, nessuna asperità negoziale dovrà offuscare l'ideale che sostiene questo progetto. Esso consente di mantenere ferma la rotta sull'obiettivo dell'avanzamento dell'Europa nella libertà, nella stabilità, nella democrazia, nella pace.

Lo strumento essenziale per realizzarlo è la volontà unitaria degli europei. Ad essa dobbiamo i benefici dell'integrazione. Traguardi fondamentali - il mercato unico, la politica di coesione, l'abolizione delle frontiere, l'adozione dell'euro, l'avvio della politica estera e di sicurezza comune - sarebbero stati impossibili senza la spinta animatrice di una forte coesione, senza la chiarezza dell'importante missione da compiere insieme, senza il senso del dovere comune verso i nostri popoli, verso le generazioni future.

Costanza di ideali e di volontà ci sorreggono nella realizzazione dell'Europa come progetto compiuto.

Signor Presidente, la devastante offensiva terrorista che, dopo aver distrutto le "Torri Gemelle" nel centro di Manhattan, ha colpito Madrid l'11 marzo scorso è una sfida all'Europa intera: la più seria, insidiosa e totale negli ultimi cinquant'anni della sua storia. E' una minaccia per l'intera comunità delle nazioni: in essa l'Europa deve svolgere efficacemente il suo ruolo come soggetto politico di pieno diritto. E' chiaro che questo è il momento per un'innovativa assunzione di responsabilità; per una conseguente rapida azione, dettata da una scelta unitaria.

La risposta al terrorismo va data con la massima fermezza, nel rispetto dei valori e delle leggi connaturate alla civiltà occidentale. Guai se lo facessimo costruendo muri di qualsivoglia natura.

Il rafforzamento, pur essenziale, dei meccanismi di coordinamento e di collaborazione fra gli Stati europei è, da solo, insufficiente. Occorrono rinnovate istituzioni comuni: un Ministro degli esteri abilitato a parlare a nome di tutti; a essere il primo esecutore di un'azione basata su deliberazioni rapide, su decisioni a maggioranza. La realizzazione di un comune spazio europeo di giustizia e libertà è una scelta obbligata: la chiedono i cittadini che, liberi di muoversi in un'Europa senza frontiere, sollecitano una garanzia di sicurezza unitaria. Per coloro che attentano alla nostra civiltà lo spazio di giustizia e libertà comune sarà un severo ammonimento. L'obiettivo va perseguito anche attraverso una sempre maggiore armonizzazione delle legislazioni degli Stati membri dell'Unione europea per accelerare il reciproco riconoscimento delle rispettive decisioni giudiziarie ed assicurarne l'immediata attuazione.

All'azione efficace dell'Europa occorrono le Istituzioni, occorre altresì una comune visione strategica. Questa è anche la base per affrontare il terrorismo nelle sue cause vicine e lontane, per poterle eliminare alla radice.

La coesione è la chiave per liberare le potenzialità europee, la garanzia che non torneremo mai più ai deleteri sistemi delle alleanze contrapposte e portatrici di guerre.

In Europa, abbiamo bisogno di più libertà, di più democrazia.

Cito volentieri l'esempio delle minoranze nel vostro Paese, perché l'Ungheria - che ne ospita molte ed ha un quinto della propria popolazione in altri Paesi - è essa stessa luogo di convivenza tra culture e nazionalità diverse. Nel quadro europeo unitario radicato nei valori di democrazia e di diritto, anche la protezione delle minoranze trova la sua migliore tutela: come fattore non più di potenziali contrasti fra gli Stati, ma di arricchimento reciproco e di crescita. E', nei vicini Balcani, l'impedimento più grave perché anche in quell'area, a tutti noi così cara, si ristabilisca la pace.

Nei Balcani, la recente tragica vampata di violenza interetnica ci ricorda quanto fragile sia una pace non radicata in un'autentica capacità di convivenza fra i popoli e nel rispetto della persona umana; quanto perverse siano le tentazioni nazionalistiche. L'assolvimento del compito immediato di riportare la calma nei luoghi degli incidenti, grazie alla pronta reazione della Nato, non significa ancora aver stabilizzato il Kossovo. Vi è un unico modo in cui l'Unione Europea potrà svolgere un ruolo determinante per la costruzione di più solidi assetti di pace: dire chiaramente che nutrire illusioni di Stati monoetnici e attuare pulizie etniche significa precludersi l'accesso all'Unione Europea.

Nel vicino Medio Oriente, la responsabilità dell'Europa è una: impedire che il conflitto fra Israele e Palestina divori la stabilità di tutto il Mediterraneo; non perdersi di coraggio nell'invocare il passaggio dalla violenza alla collaborazione. Sembra utopistico dirlo oggi eppure è più che mai necessario: solo attraverso il dialogo i popoli possono ritrovare la capacità di fare gli uni un passo verso gli altri e di avanzare insieme sulla strada del progresso civile ed economico.

Tutto è collegato in Europa. Anche le responsabilità dell'Unione Europea a fronte dei rischi di instabilità economica possono essere gestite solo in un quadro unitario.

L'obiettivo che gli europei si sono dati di diventare l'economia più competitiva entro il 2010, potrà essere realisticamente perseguito solo nell'ambito di una piattaforma economica, finanziaria, tecnologica quanto più unitaria possibile.

Senza governabilità non vi riusciremo; le dichiarazioni, le intenzioni devono tradursi in fatti. La Costituzione è l'indispensabile punto di partenza per assicurare la funzionalità dell'Unione Europea, per consentire all'Europa di assumere le sue responsabilità sulla scena mondiale.

Un Trattato istituzionale rinsalda - è utile ricordarlo - il quadro dei principi, dei diritti, delle regole, degli obiettivi comuni; dà sostanza ad un'autentica cittadinanza europea; consente, con l'estensione del voto a maggioranza, di superare la tendenza allo sterile confronto. Non possiamo lasciare il testo base del Trattato chiuso nel cassetto in passiva attesa che venga - chissà quando - il giorno della sua approvazione. Non aspettiamo che esso diventi realtà in virtù di un miracolo che piova dall'alto. Dobbiamo mettere in atto lo spirito unitario necessario a superare le divergenze residuali e concludere l'accordo al più presto, possibilmente prima delle elezioni europee nel mese di giugno.

Tre anni orsono, l'Europa aveva suscitato nel mondo un diffuso sentimento d'avanzamento e di speranza. Ne ho avuto riscontro nei miei viaggi in America Latina, in Africa, in Medio Oriente. Per tutti quei popoli, l'Europa unita è un modello da imitare.

Oggi vi è da chiedersi che ne sia di quelle attese. Nel frattempo il mondo sta cambiando.

Di fronte a sfide globali, il sistema multilaterale imperniato sulle Nazioni Unite non trova ancora la strada per rafforzarsi; in Asia e America Latina s'affermano forti individualità intenzionate ormai a far pesare la propria voce, anche - lo abbiamo ben visto a Cancun - sulle stesse regole del multilateralismo. In Africa, continente a noi così vicino, nonostante incoraggianti positivi fermenti, ancora troppa povertà, troppe malattie, troppo sangue.

Se l'Europa tarderà a costituirsi come fattore riconoscibile e influente sulla scena mondiale, le speranze in essa riposte verranno ulteriormente scoraggiate; la marginalizzazione dell'Europa diventerà inarrestabile. Ne conseguirebbe un indebolimento del sistema multilaterale di ordine e di diritto.

Il completamento del progetto politico europeo è anche un aspetto centrale del rapporto euro-americano. Esso è ancorato ai comuni valori che costituiscono la civiltà occidentale. Questi legami hanno accompagnato la crescita delle nostre democrazie; possiedono ancora la forza creatrice per allontanare le nubi nere che offuscano il nostro orizzonte. La democrazia e la libertà hanno nell'America del Nord e nell'Europa i loro più forti pilastri.

Il consolidamento del rapporto transatlantico richiede che gli europei vedano soddisfatte le loro attese di una maggiore fiducia da parte degli Stati Uniti nei confronti della loro unificazione; e che l'Europa sappia, a sua volta, dimostrare che essa è capace di condividere le responsabilità globali che competono al mondo occidentale. La condivisione di valori comuni costituisce la base per operare con unità d'intenti; possiamo fare ancora molto insieme, sulla base del reciproco rispetto, per raggiungere traguardi comuni. Oggi, essi significano: contrasto al terrorismo; rinnovato impegno per la stabilizzazione, per la pace, per il ripristino della legalità nelle aree di crisi.

In Afghanistan i Paesi europei operano già con efficacia per contrastare il terrorismo, consolidare la pace e la stabilità. Anche l'Iraq può costituire la base di un impegno unitario europeo: in collaborazione con gli Stati Uniti, ma nell'ambito di una sostanziale e rafforzata autorevolezza delle Nazioni Unite.

Signor Presidente, l'approvazione della Costituzione, che riteniamo possibile entro giugno, renderà l'Unione Europea capace di difendere gli interessi dei cittadini, di contribuire agli obiettivi di pace e di stabilità nel mondo.

L'avanzamento dell'Europa ha bisogno dell'impulso di tutti i Paesi europei, in particolare di quelli che avvertono più fortemente la necessità e la volontà di portare avanti l'integrazione, di impedire che il nostro continente, che ha saputo abolire le frontiere, si trasformi in uno spazio economico e tecnologico di generici principi, senza identità culturale. Questo non deve accadere. Non possono rinunciare alle ambizioni dell'Europa innanzi tutto i Paesi Fondatori, testimoni storici e attuali della validità del progetto europeo; ma anche quanti via via hanno riconosciuto l'indispensabilità di una sempre più stretta coesione europea.

Dai sentimenti profondi suscitati dalla tragedia subita dal popolo spagnolo deve venire una rinnovata volontà d'integrazione da parte di tutti i Paesi dell'Unione: grandi e piccoli, membri di antica data e di nuova adesione. L'obiettivo del progresso dell'Europa intera è fondamentale. Prezioso il sostegno di Paesi disposti ad andare in prima linea per convincere quanti esitino ancora.

Il successo dell'Europa, il futuro dei nostri cittadini, dipendono dalla nostra capacità di agire: subito, senza indugi, senza dispersioni.

Viva l'Ungheria. Viva l'Italia. Viva l'Unione Europea.