Roma - Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente 26/05/2004

Intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi in occasione della celebrazione della "Giornata dell'Africa"


INTERVENTO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
IN OCCASIONE DELLA
"GIORNATA DELL'AFRICA"

Roma - Istituto Italiano per l'Africa e l'Oriente, 26 maggio 2004


Signor Vice Presidente del Senato,
Autorità,
Signore e Signori,

la celebrazione della Giornata dell'Africa ha costituito per me, anno dopo anno, un'occasione sempre nuova per riflettere sul vincolo profondo che lega l'Italia a questo grande continente, unito all'Europa, attraverso il Mediterraneo, da un rapporto millenario.

Condividiamo fini comuni: il superamento del divario tra il Nord e il Sud; la realizzazione degli obiettivi del Vertice del Millennio.

Esistono fattori di speranza e discontinuità rispetto al passato. Lanciando il progetto della NEPAD, subito appoggiato dall'Italia e da me personalmente, l'Africa ha, per la prima volta, espresso una volontà di riscatto attraverso l'impegno dei popoli africani a realizzare essi stessi la democrazia, il buon governo, la tutela dei diritti umani. Con la creazione dell'Unione Africana i popoli del continente hanno scelto il cammino dell'integrazione regionale, attraverso la graduale messa in comune di risorse e sovranità.

NEPAD e Unione Africana sono due aspetti di un grandioso progetto politico, capace di rappresentare un valido antidoto alla conflittualità che ancora pervade il continente africano. E' un percorso che abbiamo seguito anche noi europei, consegnando al passato ataviche rivalità che avevano per secoli insanguinato il continente, in nome di una duratura e pacifica unione. E' una scelta che esige continuità d'azione, determinazione; che esclude arretramenti e esitazioni.

L'Italia auspica una pronta attuazione del programma della NEPAD e dell'Unione Africana. L'Italia ha promosso nell'ultimo decennio la più grande cancellazione mai attuata del debito estero; è il secondo contribuente al Fondo mondiale per la lotta contro l'AIDS, la malaria e la tubercolosi. Più di recente, in qualità di Presidente di turno dell'Unione Europea, ha sostenuto il rafforzamento delle capacità africane nella prevenzione, gestione e risoluzione dei conflitti.

Dopo il G8 di Genova del 2001, si sono susseguiti a ritmo serrato i vertici di Durban, Monterrey, Johannesburg, Cancun. Malgrado gli ambiziosi propositi di quegli incontri, la comunità internazionale procede però ancora troppo incerta verso gli obiettivi di sviluppo fissati dal Vertice del Millennio.

Numerosi sono i Paesi che si affacciano alla democrazia e si impegnano per dare ai loro popoli un futuro migliore. Cito alcuni esempi; ve ne sono certamente molti altri. All'estremo nord del continente, l'Algeria prosegue con successo l'opera di consolidamento democratico e le riforme economiche e sociali. All'estremo sud, le elezioni in Sudafrica celebrano il successo della transizione verso la coesistenza pacifica tra etnie e gruppi diversi. In Mozambico, le riforme economiche hanno determinato tassi di crescita sostenuti per oltre un decennio ed un significativo miglioramento del tenore di vita.

Tuttavia, troppe regioni sono ancora teatro di sanguinosi conflitti e di pericolose instabilità: nei Grandi Laghi, in Costa d'Avorio. Nel Darfur sudanese decine di migliaia di persone sono vittime d'inaccettabili massacri.

In Africa, secondo la Banca Mondiale, dal 1981 al 2001 le persone che vivono con meno di un dollaro al giorno sono quasi raddoppiate, passando da 160 a oltre 300 milioni. L'aspettativa media di vita è scesa da 48 a 46 anni. La mortalità infantile, al di sotto dei cinque anni, è superiore al 17%. Ottanta milioni di bambini non hanno accesso ad alcun tipo di educazione. Nella regione sub-sahariana vivono circa 26 dei 40 milioni di sieropositivi nel mondo; vi sono morte oltre 2 milioni di persone lo scorso anno, mezzo milione sotto i 15 anni.

Questi dati drammatici ci riguardano direttamente sul piano morale, sociale ed economico: saremo noi europei a subirne per primi i contraccolpi.

Il Mediterraneo è uno spazio aperto, un luogo d'incontro, non un muro. La Storia insegna che non ci ha mai protetto, né potrà proteggerci: ieri dai conflitti, oggi da insostenibili pressioni migratorie, dall'instabilità, dalla frustrazione. La consapevolezza della nostra interdipendenza, storica ed economica al tempo stesso, deve quindi guidare la mano dei governi europei e dei Paesi sviluppati per mantenere l'Africa al centro dei loro stessi interessi nazionali.

Purtroppo lo sguardo della comunità internazionale è spesso rivolto altrove. Importanti risorse vengono dirottate verso altre finalità.

Il mondo spende 900 miliardi di dollari l'anno per spese militari, 300 miliardi per sussidi agricoli e solo 50 in aiuti allo sviluppo. I problemi dell'Africa rischiano di passare in secondo piano a fronte delle angosciose immagini che provengono dall'Iraq e dalla Terra Santa. Eppure, le guerre dimenticate dell'Africa, con le loro conseguenze dirompenti sulle potenzialità di sviluppo di questo immenso continente alle porte d'Europa, non hanno implicazioni meno rilevanti. Anche in Africa si gioca una battaglia decisiva contro l'estremismo e il terrorismo, che trovano fertile terreno di reclutamento tra i disperati e gli emarginati.

L'Africa, il mondo intero hanno bisogno di pace. Il nemico principale della pace è il terrorismo. Lo generano, lo alimentano, in un mortale circolo vizioso, le guerre, le violenze, le barbarie.

Ricordo le parole rivoltemi dal Presidente della Commissione Africana Konarè nel corso della sua recente visita a Roma: l'Africa rappresenterà, alle porte dell'Europa, la più grande opportunità di crescita o la più grande catastrofe umanitaria. L'esito dell'alternativa dipenderà dalla lungimiranza e dalla determinazione che mostreremo adesso. Il Presidente Konarè pose l'accento sulla costanza con cui da anni vado ripetendo il medesimo concetto: l'Africa è il Sud dell'Europa.

L'allargamento dell'Unione Europea impone una profonda riorganizzazione interna e una rifondazione dell'integrazione su basi più solide, che non pregiudichino l'attenzione verso il Sud. L'Unione Europea ha dimostrato di voler dare spessore strategico alle relazioni con l'Africa; deve rafforzare ancora la componente africana della sua politica estera ed economica.


Signore e Signori,

la stabilità e la sicurezza internazionale non possono basarsi sull'ineguaglianza, la miseria e l'emarginazione, che generano l'estremismo.

Nazioni Unite e Unione Europea condividono un irrinunciabile dovere morale: adoperarsi affinché la solidale alleanza tra il Nord e il Sud del mondo diventi una concreta realtà. In pratica, questo vuol dire attuare gli impegni assunti con la Dichiarazione del Millennio; consolidare gli strumenti perché le Nazioni Unite possano operare in Africa con credibilità ed efficacia, in primo luogo assicurando il successo delle operazioni per il mantenimento della pace.

Questa, e non tanto la configurazione degli organi societari, è l'autentica, storica opportunità per le Nazioni Unite.

Ricorre quest'anno il decennale di due eventi che assurgono a simbolo del tormentato cammino dell'Africa. La sconfitta più lacerante: il genocidio in Ruanda; la vittoria più esaltante: la fine incruenta dell'apartheid. Il primo è un monito indelebile; il secondo ci ricorda che visione e volontà politica vincono anche le sfide più ardue.

Nella costruzione del suo avvenire, l'Africa può essere certa che l'Italia e l'Unione Europea saranno al suo fianco.