Palazzo del Quirinale 27/07/2004

Incontro del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi con l'Associazione della Stampa Parlamentare in occasione della consegna del "Ventaglio"


INCONTRO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
CON L'ASSOCIAZIONE STAMPA PARLAMENTARE
PER LA CONSEGNA DEL "VENTAGLIO"

Palazzo del Quirinale, 27 luglio 2004



Caro Presidente,

La ringrazio per gli auguri e per questo bellissimo dono: il tempo passa, questo è ormai il sesto ventaglio che ho la buona sorte di ricevere in dono da voi.

Ad ogni incontro, alla vigilia della pausa agostana, si è sempre tentati di fare dei bilanci, o di azzardare delle previsioni.

Ma prima di tutto voglio ringraziare, anche quest'anno quelli fra voi che hanno il compito, spero non sgradito, di seguirmi nelle mie peregrinazioni per l'Italia, e nei miei interventi sui molti argomenti di cui come Presidente della Repubblica sento il diritto-dovere di occuparmi.

Se guardo indietro agli ultimi dodici mesi, vi sono due o tre grandi temi che mi appaiono dominanti. Uno è certamente l'Europa. Un anno fa, in questa stessa occasione, dicendo che l'Unione Europea era "come sempre in cima ai miei pensieri", esprimevo fiducia nei sentimenti europeisti degli Italiani: ma non avevo certezza di ciò che sarebbe stato del progetto di Trattato Costituzionale.

L'approvazione del Trattato, da parte dei 25 governi di una Unione Europea che oggi davvero copre una parte grandissima del nostro Continente, è un evento straordinario, l'evento più positivo per l'intero mondo in un anno che ci ha portato anche tante tragedie, tanti pericoli.

Ma non dimentichiamo che l'approvazione del Trattato in via definitiva attende ora la ratifica dei 25 Paesi. Auspico che lo facciano rapidamente i Paesi con più profonda tradizione europea, contagiando con le loro certezze quelli che dei dubbi ancora ne hanno.

Noi sappiamo bene che cosa ci siamo lasciati alle spalle con la progressiva, pacifica unificazione del Continente: secoli e secoli di sanguinosi conflitti, di odi che sembravano insuperabili. Sappiamo che l'unificazione ci ha assicurato per decenni pace, sicurezza e un crescente benessere, in un'atmosfera di serenità e di amicizia fra i popoli, un'atmosfera di speranza nel futuro per i nostri figli e i figli dei figli. Questa è la ragione delle nostre certezze, del nostro europeismo, con uno sguardo al futuro, oltre che al passato.

Ma sappiamo anche che l'Europa unita non si fa in un giorno, e che l'approvazione e la ratifica del Trattato Istituzionale non sono il traguardo ultimo: sono un traguardo di tappa di un percorso lungo.

Dobbiamo far sì che la Costituzione venga sentita da tutti i popoli europei come un patrimonio comune.

Fatta l'Europa bisogna ancora fare gli Europei: l'esortazione che Massimo d'Azeglio rivolgeva agli italiani un secolo e mezzo fa, ben sì confà all'Europa di oggi.

L'Unione, e i governi che la compongono, devono riuscire, con concrete iniziative, a trasmettere ai popoli la fiducia che ci sono obiettivi precisi, progetti chiari in corso di realizzazione. Solo così sarà restituita a questa Europa, madre di civiltà, quella presenza costruttiva negli affari mondiali che a volte sembra abbia perso.

Occorrono progetti operativi, che spazino dalla realizzazione delle infrastrutture necessarie per lo sviluppo, alla formazione, alla ricerca scientifica, all'innovazione tecnologica e produttiva, al buongoverno dell'economia e della moneta, alla messa a punto di riforme che rendano meglio governata e meglio governabile questa nostra Europa.

I popoli europei vogliono sentirsi guidati sulla strada giusta del progresso. Bisogna sapere rispondere alle loro attese.

Un compito immenso insomma ancora ci attende. E grande è la responsabilità dei governi, delle élites economiche e culturali, e dei mezzi di comunicazione di massa, per dare alla gente, ai popoli, una fiducia motivata, uno scatto di orgoglio, un nuovo slancio europeista. Nessuno sfugga a questa responsabilità. E i popoli che in questa grande avventura si sono impegnati per primi, come il nostro, hanno responsabilità particolari, per continuare a trascinare con sé tutti gli altri.

Ancora una parola, su un altro dei temi per me dominanti.

Voi che mi avete seguito e mi seguite nel mio viaggio in Italia, ormai giunto all'ottantesima tappa, sapete che noi troviamo ovunque motivi di speranza, segni di vitalità, impegni di lavoro seri, capacità di dialogo fra le istituzioni, le forze politiche, le parti sociali. Si avverte nel Paese l'esistenza di una nervatura che "supera" le polemiche politiche e "tiene" collegate le varie componenti del sistema sociale, amministrativo ed economico. L'Italia delle cento province e degli 8 mila comuni ispira fiducia, ha fiducia in se stessa, nel suo futuro. Anche l'economia reale, vista a distanza ravvicinata, risulta migliore, più vitale. E lo è.

Tutti debbono sforzarsi, a cominciare dai giornali, dalle radio e dalle televisioni, per restituire agli Italiani una maggiore consapevolezza e conoscenza di quella che è l'Italia vera, l'Italia che lavora e che sa dialogare al di là di ogni barriera ideologica.

Il senso con il quale svolgo il mio mandato è quello di aiutare gli Italiani a ritrovare queste certezze, questo orgoglio di essere ciò che siamo, di spingerli a costruire sulle fondamenta più solide del nostro passato un'Italia che affronta e supera con slancio le sfide del presente.

Conto su di voi per darmi una mano: già lo fate; continuate a farlo, con crescente convinzione dell'utilità del comune operare.

Oggi non posso non chiudere senza menzionare la bellissima impresa sul K2: il tricolore che ho consegnato alla missione sventola, come cinquant'anni fa, sulla cima del K2. Nel 1954 fu una conquista che inorgoglì gli italiani, coincise con un generale risveglio della Nazione: auguriamoci che quello spirito torni ad animare la nostra società.

Ancora grazie del bellissimo dono. E auguri a tutti di buone vacanze, e di buon lavoro.