INTERVENTO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
CON GLI AMBASCIATORI ITALIANI NEL MONDO
(Palazzo del Quirinale - 28 luglio 2004)
Onorevole Ministro degli affari esteri,
Onorevoli Sottosegretari,
Signori Ambasciatori,
Signori Direttori Generali,
Grazie , caro Ministro, per il saluto che mi ha rivolto.
Le espressioni da Lei usate hanno colto "l'anima", il principale
motivo ispiratore e conduttore del modo con il quale ho sentito e sento le
funzioni di Presidente della Repubblica.
I sentimenti di orgoglio, di amore per la nostra Patria, l'Italia, di
salvaguardia della dignità sua e delle sue istituzioni, in me connaturati, li
ho avvertiti altrettanto forti nella larga maggioranza dei cittadini italiani.
E di questi sentimenti, Voi Ambasciatori della Repubblica Italiana, dovete
essere "testimoni del mondo".
Quest'incontro con voi al Quirinale invita a riflettere sui problemi
radicalmente nuovi di quest'inizio di secolo.
Il sistema internazionale deve fare fronte a gravi minacce alla stabilità, alla
sicurezza, alla convivenza. Al tempo stesso, opportunità e squilibri della
globalizzazione richiedono di essere governati in modo pacifico e democratico.
La ricerca di un nuovo assetto determina una duplice responsabilità: dei
singoli Stati, chiamati a riordinare le proprie priorità; della comunità
internazionale, chiamata a rispondere alle sfide attuali.
Nelle relazioni internazionali devono trovare maggiore spazio: la sensibilità
etica; la sicurezza intesa come sicurezza dei popoli, non solo degli Stati; il
rispetto del diritto internazionale, necessario per prevenire e sanzionare
ricorrenti violazioni dei diritti umani.
Questo processo coinvolge pienamente l'Italia; richiede alla diplomazia un
impegno senza precedenti; una politica estera sorretta da coerenza e
affidabilità; da visione strategica; da un vasto consenso nazionale.
La posta in gioco è la creazione di una nuova governabilità del sistema
mondiale.
Punto di partenza: la riforma del sistema multilaterale esistente. Pilastri:
valori e regole condivise. Obiettivi: prevenire i conflitti, allargare la
solidarietà fra le nazioni, scongiurare la contrapposizione fra le culture.
La sfida della governabilità mondiale investe l'Europa, nella sua nuova realtà
istituzionale: l'Unione Europea.
Il nostro continente ha trovato pace e prosperità ma non è un'isola nel mondo.
L'Unione è chiamata ad un impegno straordinario e davvero unitario: nei Balcani; nel Mediterraneo; in Africa; in Medio Oriente; in Afghanistan. Solo assumendo tali responsabilità, l'Unione potrà effettivamente contribuire a una governabilità globale.
Il Trattato costituzionale salvaguarda la possibilità di avanzare fino ad
una compiuta Unione politica.
L'approvazione della Costituzione europea ha rinnovato molte speranze.
La sua firma a Roma le concretizzerà; determinerà responsabilità particolari
per l'Italia. Quanto più sollecita la ratifica, tanto più rapidamente la
Costituzione entrerà in vigore e le nuove istituzioni cominceranno a
funzionare.
La libertà e la prosperità conquistate dall'Occidente nel dopoguerra sono
state imperniate sull'Unione Europea; sull'Alleanza Atlantica; sulle Nazioni
Unite.
Teniamo ben fermi questi pilastri.
Gli ideali che li motivarono ebbero una dimensione più vasta rispetto a quella
dell'imponente scontro politico rappresentato dalla Guerra Fredda.
Queste tre istituzioni danno sostanza, in modo diverso, alla politica estera
italiana; sono riferimenti essenziali del multilateralismo.
Vanno adattate alle sfide di oggi.
Un multilateralismo imperfetto impone sforzi per perfezionarlo: non il ritorno,
gravido di incognite e di pericoli, a un sistema impostato sugli egoismi
nazionali e su incerti equilibri delle forze.
L'Europa è il nostro futuro: l'Italia contemporanea, l'Italia dei giovani,
si riconosce nell'unità europea come esaltazione delle energie nazionali.
L'Alleanza Atlantica rimane lo strumento essenziale con cui Europa e Nord
America potranno continuare a difendere, insieme, prospettive più solide di
sicurezza e sviluppo. Insieme: se tenteranno di farlo separatamente, non
riusciranno comunque; se entreranno fra di loro in contrasto falliranno
entrambe.
La solidarietà atlantica poggia su valori comuni, su interessi e obiettivi
condivisi. Una solidarietà autentica va, tuttavia, alimentata dalla
disponibilità ad ascoltare le ragioni dell'altro, da una continuità di
contatto istituzionale.
Ciò richiede, da parte americana, rinnovata fiducia nell'integrazione europea;
da parte europea, l'assunzione d'impegni concreti e di precise responsabilità
su base unitaria.
Sono queste le premesse essenziali per un duraturo partenariato euro-atlantico.
Le Nazioni Unite restano il foro dove operare, attraverso una rinnovata
volontà comune, per garantire sostanza e pienezza all'applicazione dei principi
della Carta di San Francisco.
La crisi del 2003 è stata solo in parte riassorbita: facciamo tesoro di questa
difficile esperienza.
Per il fatto d'esistere l'ONU è, a un tempo, un canale e uno stimolo alla
collaborazione: la sua esistenza ci protegge contro egoismi, tentazioni
egemoniche, nazionalismi continentali.
L'appartenenza convinta al sistema delle Nazioni Unite costituisce una vocazione
naturale dell'Italia.
Per storia e geografia, il nostro Paese sa bene cosa vuol dire lo scontro o
l'incontro fra civiltà; per passato recente conosce il dramma del divario di
sviluppo; per la sua civiltà conosce bene gli enormi vantaggi del dialogo fra
culture diverse.
La riforma delle Nazioni Unite deve garantire la funzionalità
dell'organizzazione: identificando innanzitutto i compiti che può svolgere con
efficacia.
Il perseguimento di quest'obiettivo sollecita anche dal nostro Paese ambizione
politica e diplomatica; una presenza europea negli organi societari; una forte
coerenza fra propositi ed azioni; il consolidamento dei legami con Paesi
emergenti e in via di sviluppo che guardano all'Europa come un preferenziale
modello economico e sociale e come un sostegno per il loro progresso.
Quest'opera va indirizzata verso il Mediterraneo, l'Africa, l'America Latina,
l'Asia.
L'irruzione sulla scena internazionale - specie nell'economia - di continenti
ripiegati da secoli su se stessi, non è più una questione né di se né di
quando.
Sta avvenendo. E' questione di come e con quali conseguenze.
Tocca da vicino l'Italia: sotto il profilo economico, culturale, scientifico.
La prospettiva di una radicale e diversa distribuzione del potere mondiale rende
ancora più necessaria un'Europa forte ed autorevole, che parli con una sola
voce alle Nazioni Unite, negli organismi economici internazionali.
Signori Ambasciatori,
Siete testimoni ed esecutori di una politica estera fondata sull'europeismo e l'atlantismo che ha visto l'Italia impegnarsi in Africa, nei Balcani, nel Vicino Oriente, in Afghanistan e nel Pacifico.
L'Italia è un Paese di frontiera fra l'Europa e l'Africa.
Ne risulta accentuata la nostra responsabilità nell'affrontare i problemi del
sottosviluppo, nel contribuire al dialogo e alla convivenza delle culture fra le
due sponde del Mediterraneo, nell'agevolare la soluzione delle crisi dell'area,
anzitutto del drammatico conflitto fra Israele e Palestina.
Avremo un peso nel mondo, difenderemo i nostri interessi assieme ai nostri
valori, se saremo consapevoli dei limiti ma anche delle potenzialità di azione
degli Stati nazionali europei. Se capiremo fino in fondo di essere ormai parte
di un insieme più vasto, l'Unione Europea.
L'Unione Europea rende più forte ed autorevole l'Italia.
Nell'integrazione del nostro continente e accogliendo il principio della
sovranazionalità, due generazioni d'italiani hanno rinnovato lo slancio
risorgimentale, lasciandosi definitivamente alle spalle la catastrofe della
dittatura e della guerra.
L'Unione Europea è il coronamento ideale della storia nazionale; è il presente
e il futuro delle nuove generazioni.
Il suo successo farà trovare all'Unione Europea il proprio posto nel mondo.
E' cambiato il quadro entro cui agisce l'Unione Europea; si è modificata la
sua composizione.
Abbiamo allargato l'Unione: non dobbiamo diluirne il contenuto, indebolire il
cuore storico della sua identità.
I pilastri che ci hanno sorretto fino ad oggi, costituiscono le fondamenta su
cui costruire il nostro futuro.
Sono questi pilastri a rafforzare la credibilità di un'Unione Europea dotata di
una propria legittimità internazionale; a sostenere le speranze di un'Unione
politicamente forte, in grado di esprimere un'identità culturale e tutelare un
necessario modello socio-economico.
L'integrazione deve andare avanti, pena la nostra condanna alla paralisi o
all'irrilevanza.
Dà fiducia la consapevolezza che c'è un gruppo di Paesi, tra cui l'Italia,
determinato a proseguire nel solco tracciato dai Padri Fondatori.
Con questi sentimenti, rinnovo alla diplomazia italiana la convinzione fiduciosa che, in questa cruciale fase di passaggio della storia europea e di riassetto degli equilibri internazionali, saprà essere portatrice d'iniziative ed idee innovative.