VISITA DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
ALLA CITTÁ DI PIACENZA
Incontro Istituzionale
Piacenza, 15 settembre 2004
Eminenza Reverendissima,
Signor Presidente della Regione Emilia-Romagna,
Signor Presidente dell'Amministrazione Provinciale di Piacenza,
Signor Sindaco di Piacenza,
Onorevoli Parlamentari,
Autorità militari, civili e religiose,
cari Sindaci della provincia di Piacenza,
Signore e Signori,
vi ringrazio, anzitutto, per l'accoglienza cortese, vostra e dei cittadini di
Piacenza; per questo incontro affettuoso, prima nella Piazza Cavalli e poi in
questo grandioso edificio, testimonianza insigne delle vostre antiche libertà
comunali.
L'occasione di questa mia visita è lieta: la celebrazione dei duecento anni del
vostro Teatro Municipale, che rievoca tanti ricordi e momenti felici della
nostra storia.
Ma dominano i nostri pensieri eventi tragici.
A Beslan, è stato compiuto un attacco deliberato e atroce a quelli che
sono valori fondanti di ogni civiltà, valori che dovrebbero essere sacri per
ogni uomo, come la cura e il rispetto istintivo per l'infanzia, come la Scuola.
A Baghdad sono state rapite due giovani italiane, portatrici esemplari di alti
valori guida della convivenza umana, animate da quello spirito di solidarietà
che non conosce frontiere, per la cura dei diseredati, dei bisognosi.
A coloro che le trattengono in prigionia rinnovo il pressante, accorato appello
di tutti gli italiani: liberatele!
Non è facile ritornare, da questi tristi pensieri, a questo nostro incontro,
che vuole essere soltanto un giorno sereno, l'occasione per riflettere sulla
vostra realtà odierna, la realtà di una provincia operosa e serena, e sulla
vostra storia, come parte della storia d'Italia. Ma la forza per affrontare gli
eventi drammatici del mondo, che ci coinvolgono, ci viene anche da occasioni
come questa, dalla immagine che essa ci offre di una convivenza sociale che è e
vuole continuare ad essere un modello di civiltà per tutti.
Torniamo dunque a noi, alla nostra storia, alle passioni e alle conquiste civili
che hanno costruito l'Italia d'oggi, la nostra Patria, di cui siamo orgogliosi.
E i ricordi che ci danno forza sono tanti, e più che mai vivi. L'opera lirica
che concluderà questa giornata, il "Nabucco", rende omaggio, come è
stato ricordato, a Giuseppe Verdi, che ebbe in questa provincia la sua residenza
definitiva e che fu Consigliere provinciale di Piacenza. Ma rievoca anche la
passione patriottica del Risorgimento, che ebbe nel "Va pensiero" uno
dei suoi simboli, e in Giuseppe Verdi un possente ispiratore.
Arrivando a Piacenza per la mia prima visita ufficiale, la memoria corre al
momento cruciale della vostra storia, quando Piacenza, nel marzo 1848, scelse,
con plebiscito unanime, di unirsi al Regno di Sardegna: prima città della
penisola a compiere questo passo sulla strada che condusse all'unità nazionale,
Piacenza "Primogenita d'Italia". Queste non sono rievocazioni rituali,
ma ricordi vivi, che ancor oggi ci uniscono e ci ispirano.
Cento anni dopo quegli eventi, il patriottismo dei piacentini ebbe espressione
nella partecipazione di popolo alla Resistenza, che meritò il conferimento alla
vostra città della medaglia d'oro al valor militare.
L'identità cittadina ha le sue radici in una lunga storia, a partire da quel
primo insediamento romano di oltre 2200 anni fa, avamposto della civiltà romana
verso l'Europa. E' segnata anche dalla unicità della vostra posizione
geografica, nel cuore della Valle Padana, naturale punto d'incontro fra
Emilia-Romagna, Lombardia, Piemonte, Liguria. L'unità d'Italia si nutre della
singolare varietà di tradizioni di civiltà del nostro Paese, una ricchezza che
non ha l'eguale altrove.
La memoria del passato è, per ogni popolo, ragione di forza nell'affrontare i
problemi del presente, nel definire i progetti del futuro. L'esaltazione del
valore dell'unità nazionale, così vissuta e concepita, ricorre frequentemente,
come voi sapete, nei miei interventi. Ciò non deve meravigliare.
Non si tratta di richiami retorici, ma dell'espressione di un sentimento in me
fortemente radicato e del dovere di restare fedele alla Costituzione. Su di essa
ho giurato.
E la Costituzione attribuisce al Presidente della Repubblica, all'articolo 87,
in quanto Capo dello Stato, la funzione di rappresentante, e quindi di garante,
dell'unità nazionale.
Molte cose che qui sono state dette, e che ho attentamente ascoltato,
sull'evoluzione dei rapporti fra i diversi livelli del potere locale e lo Stato
centrale, e sui problemi che derivano dalla loro evoluzione, mi inducono a
un'ulteriore riflessione.
Anzitutto voglio osservare che quando si intende modificare le istituzioni
portanti della vita nazionale è giusto mettersi all'opera con spirito unitario,
ricercando convergenze le più larghe possibili fra tutte le forze politiche, di
maggioranza e di opposizione.
E' indispensabile, inoltre, che la più attenta cura sia posta nell'adottare
soluzioni che assicurino la coerenza e la funzionalità del quadro
costituzionale, nel suo insieme e in tutte le sue parti.
Venendo poi a quel primario valore costituzionale che ho ricordato - l'unità
d'Italia - va detto che esso non è in contrasto con il rafforzamento delle
autonomie regionali e locali; purché sia sempre salvaguardato il principio
dell'"interesse nazionale", quale garanzia effettiva dell'unità
giuridica ed economica del Paese, e con essa la fondamentale funzione
istituzionale del Parlamento, espressione della volontà politica del popolo
italiano.
E' altresì necessario che sia definita, in modo chiaro e puntuale, la
ripartizione delle competenze tra lo Stato e le Regioni, al fine di non
aggravare ulteriormente il già pesante contenzioso per conflitti di
attribuzione pendenti dinanzi alla Corte Costituzionale, dovuto, in parte, alla
riforma del Titolo V della Costituzione, approvata nella precedente legislatura,
e alla sua incompleta attuazione.
In tal modo si eviteranno sia aggravi burocratici in danno dei cittadini, sia
disorientamento nelle nostre imprese, in gran parte di piccole dimensioni, sia
l'aumento degli oneri finanziari per la pubblica Amministrazione, che
deriverebbe da una duplicazione di competenze o da una moltiplicazione delle
strutture amministrative. Il dibattito politico, in corso ormai da anni, si
arricchisce via via di ulteriori, utili approfondimenti, frutto di attente
ricerche, di cui converrà tenere conto.
Va poi ricordato che il principio di sussidiarietà, di fondamentale importanza
per l'unificazione europea, stabilisce saggiamente compiti diversi ai diversi
livelli di governo: dalle amministrazioni locali, agli Stati nazionali, alle
istituzioni europee.
La realizzazione, necessaria per il rilancio economico dell'Europa, di nuove
grandi infrastrutture, di vie di comunicazione continentali, di centri di
ricerca avanzata, di istituti di formazione dei giovani, di iniziative
industriali d'avanguardia, impone particolari responsabilità, oltre che alle
amministrazioni locali, ai Governi e ai Parlamenti nazionali, come controparti
delle istituzioni europee e come garanti delle misure che mirano a realizzare,
nel progresso di tutti, la convergenza verso l'alto dei territori meno avanzati,
obiettivo primario del processo di unificazione, fin dai suoi primi passi.
Il principio di solidarietà si affianca così a quello di sussidiarietà come
fondamento delle regole del buon governo, valide ovunque. I territori oggi meno
avanzati costituiscono fonti di risorse potenziali immense, per il vantaggio di
tutti.
Torniamo a noi, qui e oggi, alla vostra città e provincia, ai problemi e
progetti di cui mi avete parlato. La vostra esperienza, come quella di ogni
altra provincia d'Italia, conferma il rapporto determinante che vi è tra
l'esistenza di uno spirito di collaborazione fra pubblico e privato, e tra i
diversi livelli dei pubblici poteri, e la creazione di condizioni favorevoli
allo sviluppo economico e civile del territorio.
Fa piacere sentirsi dire, come qui è stato appena detto: "siamo una bella
provincia, animata da una comunità di persone operose e rispettose delle
regole", una provincia che gode di un diffuso benessere, ma che
"aspira a fare di più e di meglio per il futuro". Posso dirvi che
anche in un momento non facile come l'attuale per l'economia italiana ed
europea, propositi analoghi sono largamente presenti nell'universo delle nostra
realtà provinciali.
Nel corso del mio ormai lungo viaggio in Italia ho trovato una significativa
varietà dei progetti di sviluppo, in rispondenza alla diversità delle
condizioni e delle esigenze locali; ma anche una confortante comunanza di
intenti sociali, di principi ispiratori, di linguaggio usato per definire sia le
carenze e i problemi, sia i progetti necessari per ulteriori avanzamenti.
Alla luce di questa esperienza a tutto campo, in cui ho voluto impegnarmi,
l'Italia appare ricca di diversità che hanno radici nel passato, e che sono
ancora la sua ricchezza: ma appare anche più unita e omogenea nella propria
identità nazionale di quanto sia mai stata nel corso della sua lunga storia. E'
bene che l'orgoglio giustificato delle tradizioni locali si accompagni sempre
alla consapevolezza di quanto sia forte il tessuto di civiltà, di storia, di
tradizioni che tutti ci unisce.
Ciò che viene colta ovunque con molta chiarezza - e questo è stato un tema
fortemente presente nei vostri interventi - è la necessità di eliminare gli
ostacoli e le carenze infrastrutturali che frenano la crescita di tutti, e di
alcuni territori in particolare. Di ciò voi siete particolarmente consapevoli,
come è giusto che sia, vista la "felice collocazione geografica" del
vostro territorio, naturale "crocevia di importanti flussi di
traffico".
L'esperienza mi induce a rivolgervi un invito: elaborate progetti concreti,
frutto della più vasta consultazione di tutte le istituzioni, pubbliche e
private; e una volta definiti i progetti, datevi delle scadenze temporali per la
loro realizzazione; controllate poi periodicamente l'avanzamento dell'opera
intrapresa: eventuali ritardi, e relative responsabilità e rimedi, saranno più
facili da individuare.
In questa città "Primogenita d'Italia" mi par giusto concludere il
mio intervento con un "Viva l'Italia".