Palazzo del Quirinale 24/09/2004

Intervento del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Cianmpi in occasione della cerimonia di consegna dei Diplomi di certificazione della Società Dante Alighieri a studenti stranieri



INTERVENTO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
IN OCCASIONE DELLA
CONSEGNA DEI DIPLOMI DI CERTIFICAZIONE DELLA
SOCIETA' DANTE ALIGHIERI A STUDENTI STRANIERI

Palazzo del Quirinale, 24 settembre 2004



Dall'altra notte viviamo ore di ansia e di angoscia. Gli italiani tutti sono stretti attorno ai genitori, ai familiari di Simona Pari e di Simona Torretta. In questo stato d'animo, con questo peso sul cuore, con questo pensiero dominante non è facile attendere al nostro lavoro quotidiano, ma è nostro dovere farlo.


Caro Ambasciatore,
Cari allievi della Dante Alighieri,

attraverso voi voglio salutare tutti coloro che, in Italia e nel mondo, studiano o desiderano studiare la lingua italiana, per lavoro, per passione, per leggere le opere dei nostri scrittori, dei nostri poeti, per approfondire la storia dell'arte, per venire in vacanza in Italia. E' un viaggio che consiglio a tutti i cittadini del mondo, almeno una volta nella loro vita.

Come Presidente della Repubblica mi capita spesso - e lo faccio volentieri - di consegnare premi e onorificenze, ma è la prima volta che consegno dei diplomi di conoscenza della lingua italiana. Lo faccio con emozione.

E' un certificato nuovo di una Società antica, gloriosa, che tanto ha rappresentato e rappresenta per il patriottismo italiano, per la diffusione della nostra cultura, per la conservazione delle radici dei figli dei tanti italiani emigrati.

E' importante che questo diploma sia sempre più diffuso e che ottenga, sempre di più, il sostegno delle istituzioni pubbliche.

La Società Dante Alighieri è chiamata a dare un prezioso servizio pubblico in Patria, per insegnare l'italiano ai tanti che vogliono lavorare e operare nel nostro Paese.

La prospettiva di chi viene in Italia per studiare e per lavorare deve poter essere il conseguimento della cittadinanza italiana. Dovrebbe essere possibile ottenerla in un lasso di tempo inferiore a quello richiesto oggi, ma condizionato ad alcuni fondamentali requisiti.

Il primo di essi non può che essere la conoscenza, sufficiente e certificata, della lingua italiana. Ad essa deve aggiungersi la condivisione dei principî della Costituzione della Repubblica. La comunità nazionale deve dare sempre più importanza al giuramento dei nuovi cittadini, perché esso è l'atto solenne di adesione alle regole fondamentali di convivenza democratica, di rispetto delle nostre leggi, della nostra cultura, delle nostre tradizioni.

Nel quadro di una futura cittadinanza, più aperta e flessibile, ma anche più esigente, il lavoro di istituzioni come la Dante Alighieri è fondamentale.

Ho scorso i vostri conti e sono rimasto impressionato dalla esiguità del contributo dello Stato italiano, rispetto ad esempio alle risorse messe in campo da Francia e Germania per la diffusione delle loro lingue nazionali. E pur tuttavia riuscite a mantenere in vita corsi di italiano per 180 mila stranieri l'anno.

So anche che l'attuale situazione di bilancio mette a rischio l'erogazione di borse di studio per soggiorni in Italia, che potrebbero scendere da 300 a 160. Mi auguro che non accada. Per quanto riguarda questa casa, la Presidenza della Repubblica metterà a disposizione risorse per 20 borse di studio.

I vostri problemi di finanziamento devono trovare risposte strutturali. L'Italia non può rinunziare alla promozione della propria lingua, oltretutto in un momento in cui la domanda di italiano nel mondo è crescente: c'è tanto da fare, ci sono tanti spazi da conquistare.

Certo è lo Stato che, in prima istanza, deve provvedere: ma debbono darsene carico anche i privati, il mondo delle imprese.

Ad esempio: le imprese italiane che possiedono significativi impianti all'estero potrebbero costituire un comitato operativo per offrire ai loro dipendenti stranieri, con impegno espresso nei contratti di lavoro, un corso di italiano. Se tale progetto venisse attuato, otterremmo alcuni risultati importanti: - riduzione dei costi di comunicazione interni alle aziende che impiegano stranieri; - sostegno alla domanda di beni italiani e di viaggi in Italia tra persone che hanno già un legame con il nostro Paese; - contributo all'immagine nazionale delle imprese che hanno "delocalizzato" alcune produzioni.

Cari allievi della Dante, la promozione della lingua - soprattutto nel nostro caso - non può essere disgiunta dalla diffusione della nostra cultura.

In questo campo, più iniziative ci sono, meglio è. Ma le tradizioni hanno un loro valore, e nessuno può vantare la storia della Dante, fondata nel 1889 da un gruppo di intellettuali, guidati da Giosuè Carducci, con il compito di "tutelare e diffondere la lingua e la cultura italiane nel mondo, ravvivando i legami spirituali dei connazionali all'estero con la madre patria e alimentando tra gli stranieri l'amore e il culto per la civiltà italiana".

I fondatori intitolarono l'Associazione a Dante Alighieri proprio perché in quel nome si era compiuta l'unità linguistica della Nazione.

La Dante Alighieri ha il merito di aver contribuito a suscitare una coscienza e un progetto nazionali. In quel luglio del 1889 fu lanciato un manifesto agli italiani, scritto da Giuseppe Chiarini, su ispirazione del Carducci, e firmato da 159 personalità della vita culturale e politica italiana.

Lo stesso Carducci nel marzo del 1890 a Bologna, per l'inaugurazione del Comitato locale, così commentava il manifesto agli italiani: "La Dante Alighieri non è né letteraria né politica, ma è qualche cosa di più nobile e di più alto: è una società nazionale che raccoglie tutti i partiti, che si propone non di aggredire alcuno, ma difendere ciò che è il nostro patrimonio più caro e la nostra speranza, la lingua e il sentimento della nazionalità italiana".

A cento anni di distanza quei propositi sono confermati: voi stessi oggi ci avete presentato le basi per un rinnovato e fruttuoso servizio futuro per la Nazione.