DICHIARAZIONE ALLA STAMPA DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
AL TERMINE DELL'INCONTRO CON IL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA ARABA D'EGITTO
HOSNI MUBARAK
Palazzo del Quirinale, 11 ottobre 2004
Sono lieto di accogliere al Quirinale, con viva amicizia, il Presidente
Mubarak.
Gli ho rinnovato la solidarietà dell'Italia per l'esecrabile attentato
terroristico che ha falciato tante vite innocenti a Taba: fra di esse le nostre
due concittadine di Dronero. Siamo vicini alla loro famiglia, partecipi del loro
straziante dolore.
Il terrorismo è un flagello che va combattuto e sradicato.
Gli incontri con il Presidente Mubarak sono sempre stimolanti; riflettono un
efficace dialogo politico, intensi scambi commerciali, una fruttuosa
collaborazione nella difesa, nella cultura, nell'archeologia.
Condividiamo, nel Mediterraneo, comuni obiettivi di stabilità, di progresso
economico, di avanzamento sociale e civile.
Ci adoperiamo entrambi per dare contenuto al dialogo fra Occidente e mondo
islamico.
Nove anni orsono, a Barcellona, l'Unione Europea ed i Paesi rivieraschi del
Mediterraneo assunsero un impegno storico: la realizzazione di un comune spazio
di pace e di sviluppo.
Quel traguardo rimane lontano.
Il divario nelle condizioni di vita delle popolazioni resta profondo, la
creazione di una zona di libero scambio procede lentamente: parimenti la
cooperazione politica e di sicurezza.
Il recupero di uno slancio vitale non può attendere.
Questo è l'appello che rivolgo anche alla nuova Commissione europea che sta per
insediarsi a Bruxelles.
Un Mediterraneo unito è protagonista; diviso, diventa marginale.
Non potrà esservi duratura pace nel Mediterraneo senza il superamento del
conflitto israelo-palestinese.
Ho ben presente le considerazioni che ci trovarono concordi in un incontro con
il Presidente Mubarak, all'indomani dei tragici attentati dell'11 settembre
2001, sulla perversa connessione tra terrorismo e conflitto israelo-palestinese;
di conseguenza, sulla necessità di dedicare il massimo impegno al
raggiungimento della pace in quella martoriata terra.
Purtroppo, da allora non vi sono stati progressi nell'applicazione della
road-map; la spirale della violenza si è aggravata.
Troppi palestinesi vivono in una nera disperazione; troppi israeliani si sentono
insicuri.
Se questa paralisi dovesse protrarsi, la ripresa del dialogo diventerà
impossibile.
E' indispensabile che le parti voltino pagina con coraggio e determinazione.
L'unica prospettiva è la convivenza di due Stati, Israele e Palestina, in pace
e sicurezza: ne deriveranno benefici per entrambi i popoli; per la stabilità in
tutto il Mediterraneo; per la lotta all'estremismo, al terrorismo.
Non vedo alternative.
Lo svolgimento di una conferenza internazionale in Egitto nelle prossime
settimane potrà contribuire alla stabilizzazione dell'Iraq.
Per l'Unione Europea, la Conferenza è anche un'occasione per presentarsi unita;
per i Paesi arabi e musulmani il punto di partenza per un loro pieno impegno
nella pacificazione dell'Iraq.
Idee innovative sono indispensabili per rafforzare la fiducia nella prospettiva
di un Iraq in grado d'assicurare sicurezza ai propri cittadini, di sviluppare un
assetto istituzionale efficiente.
La responsabilità di costruire la pace è un dovere per tutti.
L'Italia non ha partecipato all'intervento militare in Iraq nel marzo 2003; su
mandato del Parlamento vi ha inviato, dopo la conclusione del conflitto, un
proprio contingente nel quadro di una missione umanitaria, oggi nell'ambito
della Risoluzione 1546 dell'ONU.
Come ho detto all'inizio, l'Italia è unita nella lotta al terrorismo, convinta
della necessità sia di sventare tragici attentati, sia di migliorare le
condizioni economiche e sociali di popoli che vivono nella miseria e dove, più
facilmente, può attecchire la propaganda del terrorismo.