INTERVENTO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
ALLA CERIMONIA DI CONSEGNA DELLE INSEGNE DI
CAVALIERE DEL LAVORO "AL MERITO DEL LAVORO"
AI CAVALIERI DEL LAVORO NOMINATI IL 2 GIUGNO 2004
Palazzo del Quirinale - Salone dei Corazzieri, 21 ottobre 2004
Signor Presidente della Camera,
Signor Presidente del Consiglio,
Signor Vice Presidente del Senato,
Signor Giudice della Corte Costituzionale,
Signori Ministri,
Autorità civili e militari,
Cari Cavalieri del Lavoro,
Signore e Signori,
l'alta onorificenza che sto per consegnarvi, vi chiama a una responsabilità verso la Nazione che nel vostro lavoro, nelle vostre imprese, già esercitate, ma che ora si trasforma in un dovere aggiuntivo verso la "res publica": educare alla cultura, allo spirito di impresa, promuovere l'amor di Patria con il successo delle vostre imprese e di chi vi lavora con tanto impegno.
In questo momento di incertezze nei consumatori, produttori, lavoratori, il nostro patriottismo deve animarci e guidarci nell'operare quotidiano; deve essere la nostra stella polare.
Amor di Patria, nel campo dell'impresa, significa, per esempio, "fare sistema" quando si opera su mercati esteri particolarmente difficili e in competizione con colossi internazionali, come la Cina (dove mi recherò in visita di Stato all'inizio del dicembre prossimo). "Stringiamoci a coorte" dice il Canto degli Italiani, e noi dobbiamo chiederci: lo facciamo abbastanza? Per un imprenditore significa "fare squadra" non solo con altre imprese, ma con le banche e con tutto il sistema finanziario, con le istituzioni pubbliche; significa impegno e lungimiranza nella formazione dei futuri imprenditori, dei futuri manager, dei tecnici, degli operai; significa investire nella ricerca e nell'innovazione più di ieri, più di oggi.
Le future generazioni di produttori dovranno essere più preparate, più disponibili a innovare. Tutti i giovani di domani dovranno studiare di più e per più tempo delle generazioni presenti.
Sono contento, cari Alfieri del Lavoro, di avervi anche quest'anno qui con noi, accanto ai nuovi Cavalieri, perché sarete voi i protagonisti di un futuro basato sull'accumulazione di capitale sociale attraverso la conoscenza, attraverso la sua diffusione nella società dell'informazione.
Se volgiamo lo sguardo all'economia di oggi prevalgono le note di preoccupazione: congiuntura debole, problemi strutturali complessi.
La nostra economia da anni perde terreno in termini di competitività e quindi di quote di mercato, anche se negli ultimi tempi le esportazioni stanno manifestando segni di risveglio; la produttività non aumenta; resta ancora sensibile il divario fra infrastrutture e esigenze delle imprese; la spesa globale in ricerca - privata e pubblica - stenta ad aumentare.
Tutto ciò si riflette sulle possibilità di crescita, sul potenziale produttivo.
A questa situazione dobbiamo, possiamo reagire. Abbiamo superato in passato ben altre difficoltà economiche. Ho fiducia che l'Italia saprà risalire le graduatorie della competitività, saprà rimanere saldamente ai primi posti tra i paesi industrializzati.
Nei miei viaggi in Italia trovo ovunque capacità di competere, idee, voglia di affermarsi.
Non mancano nel mondo dell'impresa, nel vostro mondo, anche nelle Regioni economicamente meno avanzate, esempi di straordinario successo, esempi di tenuta, esempi di adattamento rapido al nuovo mercato globale, nel quale ora operiamo avendo alle spalle il sostegno di una moneta solida, che offre i vantaggi della stabilità, di bassi tassi d'interesse, ma che impone un radicale cambio di mentalità rispetto al passato.
Una Nazione che riesce a produrre le più grandi navi del mondo, aerei come il P 180 e l'M TreQuattroSei, è un Paese che, quando crede in se stesso, vince la concorrenza; lo dimostrano anche i successi in settori tradizionali ad altissima competizione laddove sappiamo innovare nella qualità dei prodotti e nei modi di produrre.
La situazione è tale che si deve intervenire nell'immediato avendo la prospettiva e il coraggio di impostare e di avviare strategie di lungo periodo.
Provo a raccogliere alcuni spunti, alcune considerazioni sparse.
I Paesi europei, in particolare quelli legati dalla moneta comune, finora hanno mancato nell'affrontare insieme, concretamente, il problema della competitività e della crescita. Non hanno così utilizzato i vantaggi, le potenzialità, dell'essere una grande area economica integrata; per di più preoccupandosi solo della stabilità e dimenticando che stabilità e crescita si influenzano vicendevolmente, costituiscono un binomio inscindibile.
In un mercato integrato, unico, quale quello europeo, o comunque sempre più aperto, quale quello mondiale, il punto di attacco per il rilancio della crescita è necessariamente dal versante della produzione, pur nella consapevolezza della circolarità che in un'economia lega domanda e offerta. In difetto di un apparato produttivo competitivo, la domanda globale interna - cioè consumi e investimenti - viene soddisfatta in misura crescente dalle importazioni.
Nell'economia di oggi per rendere l'apparato produttivo più competitivo, il binomio di base è ricerca-formazione. Ed è interesse strategico che il sistema produca non solo ricerca applicata, ma anche ricerca pura: e noi difettiamo nel destinare risorse a entrambe. A tal fine non mi stancherò mai di spingere gli imprenditori a un rapporto più intenso con le università e i centri di ricerca. La formazione permanente riguarda gli impiegati, gli operai, i tecnici, ma ancor più i manager, affinché essi siano in grado di catturare con prontezza conoscenze dal mercato, di interpretarle e di trasformarle in azione. Tutto questo è tanto più necessario in quelle medie aziende che si sono guadagnate il ruolo di leader nei distretti industriali.
Accrescere la produttività delle grandi imprese ancora presenti nella nostra economia è una necessità. E' altresì indispensabile che tra le 1.300 imprese di medie dimensioni, che rappresentano la forza e la speranza del nostro apparato produttivo, molte riescano a fare il salto quantitativo, con il sostegno di tutti i protagonisti: lavoratori, finanza, amministrazioni pubbliche. Per quanto riguarda le piccole e piccolissime imprese, i dati dimensionali dimostrano che il modello dei distretti è tuttora vitale ed efficiente: all'interno dei distretti le piccole imprese godono di migliore salute.
Passando dall'offerta alla domanda, la ripresa dei consumi delle famiglie dipende dal livello di fiducia che si riesce a diffondere nel sistema. Per avviarla, uno sforzo nella riduzione dei listini per i beni di largo consumo potrà costituire una importante spinta.
La prudenza nel consumo è dovuta all'incertezza sul futuro, ma dipende anche dalla congerie di informazioni e di messaggi, spesso contraddittori, che colpiscono il consumatore. Serve una informazione economica responsabile, affidabile, credibile, che eviti la doccia scozzese di allarmismi e trionfalismi.
In una prospettiva di lungo periodo, non ci sarà una crescita solida dei consumi senza un aumento delle nascite, che è l'indicatore più vero e autentico della fiducia che una comunità ha verso di sé. Serve una politica demografica attiva, che assicuri un sostegno economico e sociale alle "culle". Una politica lungimirante dell'immigrazione non può che porsi l'obiettivo di accogliere ogni anno, anche in relazione alle esigenze di forze di lavoro delle imprese, lavoratori regolari stranieri che scelgano questa nostra terra, che desiderino diventarne cittadini. La prospettiva della cittadinanza, per persone con contratti di lavoro da anni, con una buona conoscenza della lingua italiana, è auspicabile che venga facilitata.
Ciò serve anche a distinguere chi vuole lavorare ed integrarsi nella nostra società, rispettandone leggi, valori, tradizioni, da chi viene in Italia con altre intenzioni.
Infine, e questa è un'esortazione, lavoriamo tutti insieme alla creazione
nel mondo di una vasta platea di clienti affezionati dei prodotti italiani! Il
primo "pubblico" al quale rivolgersi è proprio il grande numero di
dipendenti di imprese "delocalizzate". Vi ho già rivolto un appello
in questo senso: insegnate la lingua italiana ai vostri dipendenti all'estero!
L'insegnamento dell'italiano porta con sé l'interesse per la nostra cultura, il
desiderio dei nostri prodotti, il desiderio di visitare l'Italia.
Cari Cavalieri del Lavoro del 2 giugno 2004,
per evitare la palude del ristagno serve l'impegno, intellettuale, creativo di ciascuno di noi, servono fiducia e tenacia, serve operare con continuità. Se tutti noi sapremo prendere iniziative, ognuno nel suo ambito, per ridare slancio al sistema, i risultati non mancheranno. Per esempio, ciascun Cavaliere del Lavoro si impegni a dedicare almeno un'ora al mese a contatti e a incontri operativi con l'habitat sociale locale, con i responsabili delle istituzioni di formazione, a partire dalle università, per individuare insieme gli orientamenti utili al rilancio del sistema: sono certo che ne conseguiranno, quanto meno, arricchimento di conoscenze, maggior coesione, rafforzamento di fiducia nel nostro futuro.
Viva l'Italia.