VISITA DI STATO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
NELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE
INTERVENTO ALL'UNIVERSITA' DI QINGHUA
"ITALIA, UNIONE EUROPEA E CINA: INSIEME
VERSO UN FUTURO DI PACE"
Pechino - Università di Qinghua, 7 dicembre 2004
Magnifico Rettore,
Signori Professori,
Cari studenti,
la mia visita di Stato intende promuovere i legami tra Italia e Cina;
valorizzarne le potenzialità; consolidarne le basi nel rispetto e nella fiducia
reciproci. Nell'esprimervi il sentimento d'amicizia del popolo italiano, voglio
condividere con voi alcune riflessioni: sui rapporti fra i nostri due Paesi;
sull'integrazione europea; su un ordine internazionale più stabile e giusto.
Cina ed Italia condividono l'esperienza unica di essere depositarie di civiltà
millenarie. I loro rapporti risalgono all'antichità classica, attraverso i
contatti tra la Cina degli Han e le province orientali dell'Impero Romano.
Attraverso il Mediterraneo, culla della civiltà europea, Europa e Cina sono
entrate in contatto. Dal Mediterraneo, nel corso dei secoli, viaggiatori dello
spirito, sagaci mercanti, coraggiosi innovatori culturali sono partiti per il
lontano Oriente: da Giovanni da Pian del Carpine a Marco Polo, da Matteo Ricci a
Giuseppe Castiglione. Quegli intrepidi viaggiatori, e tanti altri, vennero
accolti con amicizia e onorati nel vostro Paese: lo straordinario interscambio
che ne scaturì, culturale e scientifico, creò un'attrazione reciproca, una
vera solidarietà fra due grandi civiltà. Quei viaggiatori contribuirono in
maniera eminente alla conoscenza fra Occidente ed Oriente. I suoi successivi
sviluppi furono limitati soprattutto dal modo in cui questa esperienza fu
vissuta dalle due parti.
La Cina considerò con un misto di curiosità e di distacco le ambascerie
provenienti da altre civiltà; nell'Occidente si profilarono, nel tempo, disegni
di dominio.
Rispetto a quel lontano passato, abbiamo compiuto insieme straordinari
avanzamenti: nei rapporti bilaterali; nella visione di una comunità
internazionale che abbraccia tutti gli Stati e capace di evolvere pacificamente.
Oggi i nostri rapporti poggiano su una salda piattaforma di conoscenza reciproca
e di amicizia. Li vogliamo proiettare con decisione nel futuro.
L'Italia è la sesta potenza industriale del mondo. Ha una struttura
imprenditoriale diffusa in tutto il territorio; comprende alcuni grandi gruppi,
oltre 1300 medie imprese, migliaia di piccole imprese, molte delle quali
presenti con i loro prodotti in tutto il mondo; ospita centri di ricerca
scientifica di fama mondiale; dispone di tecnologie d'avanguardia: dall'ambiente
all'aerospaziale, dalla meccanica di precisione alla bio-medicina.
Il nostro patrimonio culturale, raccolto in oltre 3500 musei ed espresso dalla
bellezza delle nostre città e dei nostri villaggi, è riconosciuto come unico
al mondo: anima ancor oggi il nostro gusto per l'estetica, si esprime
nell'architettura, nella moda e nel "design", caratterizza l'identità
del nostro Paese. E' motivo di legittimo orgoglio che, nel momento in cui la
Cina è impegnata nel recupero delle vestigia del proprio passato, guardi
all'Italia e ai suoi esperti per collaborazione e consiglio.
Nel corso delle mie visite in Cina - è la terza volta che vengo nel vostro
Paese, la prima fu nel 1983 da Governatore della Banca d'Italia - sono stato
impressionato dalle straordinarie trasformazioni economiche e sociali. Guardiamo
con ammirazione a questo processo. L'Italia è da anni a fianco della Cina
offrendo il suo contributo di creatività, di capacità imprenditoriali, di
spirito di collaborazione.
Sta a noi, cinesi e italiani, imboccare senza incertezze la via fruttuosa
dell'incremento dell'interscambio commerciale, degli investimenti, delle
transazioni finanziarie, dei progetti congiunti scientifici e tecnologici, delle
collaborazioni innovative nelle arti e nella cultura.
Voglio, ad esempio, ricordare che proprio in questa Università, a giugno, è
stata posta la prima pietra dell'edificio eco-intelligente, progettato dal
Politecnico di Milano e dall'Università di Qinghua, che sarà costruito
utilizzando le più avanzate tecnologie ambientali.
Abbiamo bisogno di un quadro internazionale stabile; sorretto da principi,
regole, obiettivi. I nostri due Paesi possono e vogliono operare perché ciò
sia assicurato.
Questa opera è facilitata dalla presenza, crescente, dell'Unione Europea. Essa
non è un organismo federale, come gli Stati Uniti, e neppure un semplice foro
di concertazione regionale, come quelli di cui la Cina fa parte in Asia.
L'Unione Europea è un ordinamento peculiare: fondata su una doppia legittimità
degli Stati e dei popoli, funzionante attraverso un equilibrio dinamico fra
cooperazione intergovernativa e sovranità condivisa. La civiltà europea ha
inventato nei secoli scorsi lo Stato-nazione; ha imparato dalla propria storia
che è necessario prevedere, accanto ad esso, un ordinamento che lo comprende e
lo supera. Attraverso l'integrazione economica gli Stati europei, usciti da
rovinose guerre, hanno fondato un sistema in grado di assicurare una pace
stabile nel nostro Continente.
Mettendo in comune, in alcuni settori, la loro sovranità nazionale,
coordinando, in altri, la propria azione, gli Stati europei sono riusciti a
dotarsi di regole comuni, a porre le premesse per esercitare un peso mondiale -
economico e politico - che singolarmente non potrebbero avere.
Poche settimane orsono la firma a Roma del Trattato che adotta una Costituzione
per l'Europa ha rappresentato un ulteriore balzo in avanti del processo di
unificazione. Il Trattato costituzionale rinsalda l'appartenenza ad un'unica
comunità di valori; rafforza la capacità decisionale dell'Unione europea; la
rende più efficiente e funzionale.
Quando guardate all'Unione Europea, dovete guardare sia ai singoli Stati che
mantengono la loro specificità, la loro importanza e la loro identità
culturale costruita nei secoli, sia al loro insieme: l'Unione. Il motto
dell'Unione Europea, iscritto nel preambolo della Costituzione, è "Unità
nella diversità": i diritti di ciascuno Stato, anche il più piccolo, sono
una componente essenziale del patrimonio collettivo.
Questa somma - delle singole parti e del tutto - fa il valore aggiunto
dell'Europa di oggi.
L'Unione Europea è nel mondo una grande area di libertà e di democrazia. Uno
dei primi articoli del Trattato costituzionale europeo recita: Nelle relazioni
con il resto del mondo l'Unione contribuisce alla pace, alla sicurezza, allo
sviluppo sostenibile della Terra, alla solidarietà e al rispetto reciproco fra
i popoli, al commercio libero ed equo, all'eliminazione della povertà e alla
tutela dei diritti umani, alla rigorosa osservanza e allo sviluppo del diritto
internazionale, in particolare al rispetto dei principi della Carta delle
Nazioni Unite.
E' ispirandoci a questi principi che vogliamo sviluppare i rapporti con la Cina
e rafforzare la collaborazione reciproca.
L'accelerazione della globalizzazione ha profondamente mutato la geografia
economica e politica del mondo agli inizi del XXI secolo. Questa nuova realtà
rappresenta una sfida comune per la Cina e per l'Europa. Va colta senza indugi.
Il Vertice che si svolgerà domani all'Aja è l'occasione per rilanciare su basi
più salde il rapporto fra la Cina e l'Unione Europea; per consolidare
importanti complementarità; per identificare priorità comuni. Cito anzitutto
alcune priorità socio-economiche: la crescita dei Paesi emergenti; la tutela
dell'ambiente e delle risorse non rinnovabili del pianeta; un rilancio dei
negoziati sul commercio mondiale. Queste grandi opportunità di cooperazione
vanno sviluppate in un quadro più ampio rispetto a quello che ha retto finora
le relazioni tra l'Unione Europea e la Cina. Vanno viste, difatti, in un quadro
globale. Il consolidamento di questo legame è favorito dalla creazione della
moneta unica europea, l'euro. L'euro sta conquistando la fiducia dei mercati
finanziari mondiali; è divenuta la seconda più importante valuta
internazionale; si distingue per la sua solidità.
La comunità internazionale si trova di fronte a nuove e gravi sfide per la
sicurezza comune: il terrorismo, la violenza alimentata da conflitti irrisolti,
la proliferazione nucleare e delle armi di distruzione di massa, il divario
Nord-Sud. Vanno affrontati nella consapevolezza che la pace e la sicurezza sono
indivisibili. Questo impegno coinvolge profondamente l'Italia, anche in ragione
della sua posizione geografica: al centro del Mediterraneo, sulla frontiera fra
Europa e Africa, fra Europa e Medio Oriente; in diretta vicinanza con aree di
crisi.
Il Mediterraneo è un luogo strategico. Anche per la Cina: sia in una
prospettiva politico-economica, come terminale delle rotte che da secoli
collegano l'Asia ai porti delle città italiane, e come fonte di risorse
energetiche; sia perché i problemi e i conflitti irrisolti nel bacino di questo
mare creano instabilità ben al di là dei propri confini. Il Mediterraneo è il
luogo dove la sintesi dell'eredità classica, greca e romana, ha dato origine
alla civiltà occidentale, dove si sono incontrate tre grandi religioni:
ebraica, cristiana, musulmana. Ha conosciuto, in diversi momenti, gli effetti
nefasti di conflitti e contrapposizioni; ma ha sperimentato, molto più a lungo,
profondi scambi di valori e conoscenze: filosofiche, scientifiche, artistiche.
La storia del Mediterraneo insegna che quello che unisce i suoi popoli è molto
più saldo dei fattori di divisione.
L'Europa reca impressa nella sua matrice culturale la consapevolezza che diverse
identità possono vivere, in pace e in armonia, nello stesso paese, nella stessa
regione, nel mondo. Persegue per questo con convinzione la via del dialogo fra
popoli appartenenti a culture e religioni diverse. Questa convinzione e la
capacità di trasformarla in politiche ed in azioni coerenti consentirà
d'inaridire progressivamente il terreno di cui si nutre il fondamentalismo
terrorista, negatore dei valori fondamentali di ogni civiltà.
L'Unione Europea, e nel suo ambito l'Italia, è chiamata ad una piena assunzione
di responsabilità: nella rivitalizzazione della cooperazione regionale,
contribuendo all'avanzamento del partenariato euro-mediterraneo; nella capacità
di rilancio del processo di pace per la risoluzione del conflitto
israelo-palestinese, dando nuovo impulso alla road-map, sulla base di interventi
congiunti degli Stati e delle Istituzioni garanti della sua attuazione; in Iraq,
sostenendo l'opera della comunità internazionale, attraverso l'effettiva
attivazione del ruolo delle Nazioni Unite per condurre il Paese verso la
riconciliazione nazionale, la stabilità e l'autogoverno.
Quando la comunità internazionale si è impegnata a fondo, sono stati ottenuti
risultati positivi. Una nuova lungimirante collaborazione tra due antiche
civiltà, la cinese e l'europea, smentirà le previsioni di coloro che
profetizzano l'ineluttabilità di "scontri di civiltà". Sarà di
esempio. E al tempo stesso faciliterà il funzionamento delle istituzioni
multilaterali. Ne abbiamo estremamente bisogno: le sfide e le minacce
contemporanee non potranno essere affrontate senza un impegno comune di tutti
gli Stati. Le Nazioni Unite sono l'unico foro in grado di assicurarlo,
nell'interesse di tutti.
La vocazione universale della comunità internazionale si è realizzata con le
Nazioni Unite. E' una conquista storica irreversibile. La Carta di San Francisco
esprime valori che sono stati fatti propri da tutte le nazioni. Non sono oggi
meno validi né meno moralmente vincolanti di quanto non lo fossero nel 1945. Il
mondo ha più che mai bisogno delle Nazioni Unite.
Dobbiamo impegnarci, Italia e Cina per prime, affinché l'ONU sia capace di
rispondere alle aspettative degli Stati membri; di far fronte a minacce, quelle
in atto e quelle al momento imprevedibili, che esigono una risposta comune. Il
metodo multilaterale non può limitarsi alla consultazione e al confronto; deve
tradursi in autorevolezza, capacità di azione, interventi incisivi. Il Panel di
eminenti personalità nominate dal Segretario Generale, Kofi Annan, ha appena
approvato un rapporto che delinea una riforma complessiva dell'organizzazione.
Esso va nella giusta direzione. Una riforma dell'ONU potrà essere efficace solo
se affronterà il funzionamento dell'insieme degli organi societari con un
approccio globale; se sarà sostenuta dal vasto consenso dell'Assemblea
Generale; se non si concentrerà unicamente sul nuovo assetto del Consiglio di
Sicurezza.
Ad oltre mezzo secolo dalla sua creazione, è necessario che l'ONU rispecchi la
realtà internazionale, contraddistinta dall'accresciuta importanza degli
organismi di rappresentanza regionale. E' legittimo attendersi che le proposte
di riforma su cui i paesi membri saranno chiamati ad esprimersi - fatte salve le
responsabilità dei cinque membri permanenti del Consiglio di Sicurezza con
diritto di veto - rispettino le nuove realtà regionali e i loro organismi di
rappresentanza. Solo recependo questo criterio, l'ONU potrà svolgere appieno
gli essenziali compiti previsti dalla Carta: il mantenimento della pace, il
rispetto dei diritti umani, il riequilibrio del divario Nord-Sud.
La presenza più attiva e dinamica dell'Unione Europea, della Cina e dell'Italia
alle Nazioni Unite ne rafforzerà l'incisività e la capacità di persuasione e
di intervento nelle crisi internazionali per garantire l'ordine e la pace, per
promuovere lo sviluppo.
Lasciatemi concludere con una nota di fiducioso ottimismo. E' mia convinzione
profonda che Italia e Cina non solo condividano un lungo e glorioso passato, ma
abbiano anche un percorso futuro comune: un percorso fatto di rapporti fra le
nostre società e i nostri Stati; di collaborazione fra aree regionali sempre
più integrate; di sforzo comune nelle istituzioni multilaterali.
L'obiettivo è chiaro: progredire insieme su una via di rispetto dei valori
comuni all'umanità e di pace.