VISITA DI STATO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
NELLA REPUBBLICA POPOLARE CINESE
INTERVENTO AL FORUM IMPRENDITORIALE
"MADE IN ITALY IN CINA"
ORGANIZZATO DALLA CONFINDUSTRIA E
DALL'ISTITUTO NAZIONALE
PER IL COMMERCIO ESTERO
Shanghai, 8 dicembre 2004
Signori Ministri,
Signor Vice Sindaco,
Autorità cinesi ed italiane,
Signori rappresentanti del mondo economico cinese e italiano,
di fronte ad una rappresentanza così autorevole di operatori economici e finanziari, italiani e cinesi, desidero ribadire il mio auspicio che Cina ed Italia consolidino la dinamica dei propri rapporti e condividere con voi la convinzione che questo avverrà. Sono in Cina con questo spirito. L'importanza dei rapporti economici non si esaurisce nella crescita degli scambi. E' un potente moltiplicatore di legami tra le rispettive società.
L'incontro di oggi è l'incontro fra due miracoli economici: quello italiano ed europeo, che oggi ha bisogno di un rilancio; quello cinese, che necessita soprattutto di regolare il suo sviluppo per dargli continuità e diffonderlo nelle varie aree del Paese.
L'impetuosa trasformazione della Cina contrassegna la realtà mondiale di questo inizio secolo. Chi l'abbia visitata periodicamente negli ultimi vent'anni - il mio primo viaggio a Pechino risale al 1983, primo Governatore di una Banca Centrale occidentale a visitare la Repubblica Popolare Cinese - ogni volta è rimasto esterrefatto da uno dei più riusciti esempi di successo nello sviluppo di un'economia e di una società.
L'ascesa di una grande potenza economica suscita oltre che aspettative anche preoccupazioni. Confermare le prime e dissolvere le seconde deve essere l'obiettivo congiunto dei nostri sistemi economici e istituzionali. La storia economica dell'Italia del dopoguerra ci ricorda che non bisogna avere timore dell'apertura ai mercati e alla concorrenza.
Dagli anni '50 in poi, dal circolo virtuoso avviato dai Trattati di Roma e culminato ora con la firma della Costituzione europea, l'Italia ha guardato sempre avanti con coraggio e dinamismo. Il mondo imprenditoriale ha affrontato i nuovi orizzonti europei con spirito innovativo e con tenacia; non ha avuto dubbi sulla propria capacità di competere alla pari in Europa e sugli altri mercati. L'internazionalizzazione dell'economia è stata la chiave del nostro sviluppo, fattore essenziale della modernizzazione del paese.
Grazie all'integrazione europea, nell'arco di una sola generazione quello che era un paese prevalentemente agricolo si è trasformato in una grande potenza industriale; abbiamo costruito un'economia solida, difeso la coesione sociale. Grazie alla partecipazione ad una vasta area economica integrata, l'Italia fa parte del ristretto gruppo dei paesi più avanzati del mondo.
Oggi è il momento della Cina, che come noi ha scelto di aprire il suo sistema produttivo verso l'esterno; come noi, ne sta traendo grande vantaggio. Il decollo della Cina è la manifestazione più evidente che la globalizzazione incide positivamente sull'esistenza di tutti noi.
L'adesione all'Organizzazione Mondiale del Commercio indica che l'economia cinese - oggi la più dinamica del mondo - è matura per concorrere ad armi pari. L'Unione Europea, cui compete la responsabilità della politica commerciale con la Cina, si è adoperata per indurla a competere all'interno di un sistema di regole certe e condivise. L'OMC è l'espressione della volontà comune di governare la globalizzazione; comporta l'assunzione di responsabilità vincolanti. Esse includono il rispetto delle norme in materia di concorrenza internazionale, la tutela dei diritti di proprietà intellettuale, la rimozione delle restrizioni in atto per le imprese straniere. Le massime autorità della Repubblica cinese mi hanno espresso la loro volontà di operare in tal senso e la loro determinazione a reprimere il fenomeno delle contraffazioni.
Il ciclo di sviluppo della Cina è un fatto inarrestabile: tenerne conto è un obbligo; esserne coinvolti è una necessità vitale. A questo l'Italia non può ne' intende sottrarsi.
E' consapevole che ciò impone capacità di muoversi in modo sinergico. Ci vuole coesione: tra settore privato e settore pubblico, fra grandi e piccole imprese, tra imprese ed istituti di credito, tra impresa e università, tra attività imprenditoriali e armatoriali per sviluppare, insieme, produzione, commercio e trasporto di merci.
All'inizio dell'era contemporanea gli italiani sono stati fra i primi a giungere in Cina, in circostanze ben più ardue delle attuali. Investimenti di alcune grandi industrie italiane, negli anni Sessanta e Settanta hanno accompagnato la prima fase dell'industrializzazione di questo paese. Ricordo che nel 1983, a Shanghai, con le autorità locali studiammo le modalità per consentire l'accesso al mercato alle nostre piccole e medie imprese.
Non abbiamo sfruttato appieno questo vantaggio iniziale. La qualificata presenza all'odierno Forum, prova che gli imprenditori italiani sono ora impegnati a recuperare il tempo perduto. Lo sviluppo dei nostri rapporti bilaterali è un'occasione di stimolo all'innovazione complessiva del sistema imprenditoriale del nostro Paese, come di quello cinese.
Il modello di sviluppo italiano è sorretto da esperienza, professionalità, inventiva, capacità di interpretare le tendenze dei mercati. Ed è caratterizzato da un assetto solido, diversificato, agile proprio per la sua struttura. Sulla capacità di aggregazione e di specializzazione si è costruito nel tempo il successo della nostra industria manifatturiera. Sono stati creati sistemi produttivi locali omogenei ed altamente competitivi: è la realtà degli oltre 100 distretti industriali, che alcuni imprenditori avveduti hanno iniziato a replicare in Cina, per meglio affrontare questo vasto mercato.
Nel settore dei beni di investimento, l'industria italiana offre macchinari ad alto contenuto tecnologico, a basso consumo energetico e di materie prime; rivestono particolare interesse per il sistema produttivo cinese, che ha fortemente bisogno di ottimizzare l'uso delle risorse.
Non si parte da zero; lo dimostrano i fatti.
Anche se la nostra bilancia commerciale con la Cina è in disavanzo, le nostre esportazioni crescono rapidamente: nei primi otto mesi del 2004 sono aumentate del 20 per cento.
La presenza di tante piccole e medie aziende testimonia la capacità dei nostri imprenditori di muoversi con successo nel mercato globale. Certo vi sono imprese italiane che soffrono dell'agguerrita concorrenza cinese, ma ve ne sono tante altre che hanno creduto nella Cina, hanno creato posti di lavoro e sviluppo. Oltre 500 imprese italiane operano oggi in Cina; nuove importanti iniziative industriali e commerciali sono in fase di definizione; numerosi i progetti scientifici e tecnologici. Tutto ciò dimostra la disponibilità dei cinesi nei nostri confronti: il Presidente della Repubblica e il Primo Ministro cinesi mi hanno ribadito la volontà della Cina di sviluppare i rapporti con l'imprenditoria italiana, in particolare le medie e piccole imprese, e la loro fiducia nella capacità dell'Italia di contribuire allo sviluppo dell'economia cinese.
Non mancano, a noi italiani, il talento, la creatività, la determinazione, lo spirito d'innovazione e di adattamento che servono per farsi strada in questo immenso Paese. Proprio qui a Shanghai, poche settimane fa, la tecnologia italiana automobilistica si è imposta trionfalmente in una magnifica gara di Formula Uno.
Fra Cina e Italia va costruita con pazienza, ma determinazione, una trama di collegamenti materiali e immateriali. La nostra compagnia aerea di bandiera ha ripristinato nei giorni scorsi un'essenziale tratta fra l'Italia e la Cina; anche una linea aerea privata sta avviando un collegamento.
Dobbiamo impegnarci affinché il Mediterraneo torni ad essere - come in passato - la porta dell'Europa, sfruttando i vantaggi che la geografia ci ha concesso.
Le rotte marittime conducono naturalmente ai nostri grandi porti: in alcuni di essi, ad esempio Napoli e Genova-Voltri, già fanno capo molte navi provenienti dalla Cina. Le potenzialità sono ben maggiori: le tradurremo in realtà quanto più rapidamente miglioreremo le attrezzature dei porti italiani e i loro collegamenti alla rete viaria e ferroviaria europea.
L'incontro odierno deve aiutarci a rimuovere incomprensioni, suggellare un nuovo spirito cooperativo, consolidare un autentico radicamento dell'Italia in Cina e individuare punti di reciproco vantaggio. Gli obiettivi devono essere concreti; ne sono ancora più convinto dopo gli incontri con i dirigenti politici della Cina. Questi mi hanno ripetutamente e chiaramente manifestato il desiderio, che e' un loro interesse, di vedere maggiormente e stabilmente presenti in Cina gli operatori italiani. Occorre quindi incrementare le nostre esportazioni ed i nostri investimenti; puntare con decisione sull'innovazione e la ricerca per farci strada in questo mercato. Da parte nostra dovremo offrire opportunità in Italia per i capitali cinesi. Un'attenzione particolare merita la promozione della presenza di studenti e turisti cinesi in Italia. I primi, quando torneranno nella loro Patria, porteranno nel cuore l'esperienza del percorso educativo compiuto nei luoghi della propria formazione. I secondi diffonderanno in Cina l'attrazione per il gusto, lo stile, la cultura del nostro Paese.
Il perseguimento di tutti questi obiettivi va accelerato sino da oggi. E' indispensabile non mancare le grandi occasioni che si presentano, a cominciare dalle Olimpiadi di Pechino del 2008 e dall'Esposizione Universale di Shanghai del 2010. Aggiungo una data più vicina: 2006, anno dell' Italia in Cina.
Tutte queste occasioni dischiudono nuove opportunità alle nostre imprese, di cui molte già sono coinvolte nei progetti varati dalle autorità.
Signore e Signori,
nel Medio Evo e nel Rinascimento, non c'era città europea dove i nostri mercanti e i nostri banchieri non fossero presenti. Ad essi non mancò l'ardire di raggiungere il lontano Oriente. Questa tradizione va oggi rinnovata. Il rilancio della capacità dell'Italia di competere sul mercato globale passa anche dalla Cina: città per città, provincia per provincia, settore per settore. Una volta radicati in Cina, competeremo meglio nel mondo; rimanendo ai margini del mercato cinese, perderemmo inevitabilmente peso nell'economia globale.
Da parte sua, la Cina guarda con sempre maggiore interesse all'Italia e all'Unione Europea, primo mercato delle esportazioni cinesi, sempre più partner strategico oltre che economico.
L'Unione Europea ha un forte interesse a una crescita dell'economia cinese in un quadro di stabilità e di collaborazione internazionale.
Mi rivolgo in particolare all'industria italiana: il mio è un convinto
messaggio di fiducia: nelle vostre capacità, nei progetti delle singole imprese
e nelle iniziative congiunte. Il positivo sviluppo dei nostri rapporti dipende
in gran parte dall'imprenditoria italiana: so che ne ha la capacità e la
volontà. Conto su di voi. Con questi sentimenti formulo i migliori auspici per
il futuro delle relazioni tra l'Italia e la Cina, tra la Cina e l'Unione
Europea.