INTERVENTO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
IN OCCASIONE DELLA
PRESENTAZIONE DEGLI AUGURI DEL CORPO DIPLOMATICO
Palazzo del Quirinale, 20 dicembre 2004
Eccellentissimo Decano,
Signori ambasciatori,
Signore e Signori,
La ringrazio, Signor Decano, per le Sue parole e per gli auguri che, a nome
dell'intero Corpo Diplomatico, ha rivolto all'Italia e alla mia persona.
Sono lieto di rinnovare, anche quest'anno, un dialogo proficuo con i membri del
Corpo Diplomatico accreditato presso il Quirinale.
Voglio condividere anzitutto con voi una convinzione radicata nel sentimento del
popolo italiano.
L'esperienza storica dell'Italia ci porta a credere fermamente nel dialogo, non
nell'antagonismo; nell'apertura, non nell'isolamento: nella convivenza fra i
popoli e nel rispetto della dignità della persona umana.
Da secoli abbiamo imparato, per avere praticato quest'esperienza, che tutte le
civiltà, tutte le culture possono essere legate da vincoli pacifici e di
solidarietà.
Quando ciò avviene, ne seguono sicurezza e sviluppo. Quando ciò non avviene,
si aprono scontri drammatici.
Il 2004 è stato nel mondo un anno difficile, segnato da gravi conflitti; per
l'Europa è stato però anche un anno positivo.
Abbiamo raggiunto due méte storiche:
- l'inclusione ormai quasi totale del Vecchio Continente nell'Unione Europea;
- la firma del Trattato costituzionale.
I benefici dell'integrazione sono incommensurabili per noi europei. Sono rilevanti per l'intera comunità mondiale.
Per l'Italia, come per ogni Paese membro, l'Unione Europea costituisce,
sempre di più, la sfera preferenziale di azione, in ogni campo, a cominciare
dall'economia.
Da troppi anni ristagnano crescita e competitività; i traguardi dell'Agenda di
Lisbona non sono stati perseguiti con sufficiente vigore.
Sono necessarie iniziative concrete per accrescere la competitività.
Politica monetaria e politica economica devono convergere verso il rilancio
dell'innovazione e dello sviluppo.
Dalla politica economica alla politica estera, l'ancoraggio all'Unione accresce la capacità di influenza dei singoli.
Per tutti gli europei, il lungo cammino che ha trasformato una volontà di
unità in una vera e propria Costituzione, è un traguardo essenziale: il
Trattato costituzionale assicura all'Unione Europea una legittimità nuova,
basata su regole condivise e su valori comuni.
Sono state gettate le fondamenta di una entità politica unitaria, adatta a
rispondere alle nuove sfide del secolo.
L'Unione Europea è una forza positiva di cambiamento.
Deve ora diventare un attore globale capace di coniugare interessi e valori,
volto anzitutto, nella sua azione, all'affermazione di un ordine internazionale
stabile e pacifico.
L'integrazione europea è giunta ad uno snodo cruciale. Proprio perché l'Unione
Europea si è così allargata occorre che funzioni con più efficacia. A ciò
provvede il Trattato costituzionale.
E' indispensabile che esso entri rapidamente in vigore.
L'Italia darà un esempio positivo in questo senso.
Il modo in cui l'Europa si sta configurando - come Federazione di Stati nazione, e come unione fra popoli - è anche un modello significativo per il mondo.
E' un ideale realizzato, visibile, di convivenza civile; un esempio per chi vuole costruire il proprio futuro respingendo gli steccati nazionalistici, le contrapposizioni culturali e inter-etniche in nome di valori e principi comuni.
Ho compiuto nei giorni scorsi una visita di Stato in Cina.
I massimi dirigenti cinesi considerano l'Unione Europea un interlocutore sempre
più autorevole e ormai indispensabile. Vista dalla Cina, l'Europa è un
continente composto da nazioni ma anche rappresentato dalla loro Unione.
Ha colpito la continuità e la concretezza con cui l'Europa avanza nel suo
cammino di integrazione.
Del resto, è sufficiente percepire la dimensione e, al tempo stesso, la
vitalità delle risorse umane della Cina, per capire quanto sia futile pensare
di confrontarsi con simili realtà affidandosi solo alle forze dei singoli Stati
europei.
L'Europa guarda allo sviluppo dei rapporti con i paesi emergenti. Ma lo fa
restando ancorata a una solida alleanza con gli Stati Uniti.
L'Europa è e si considera partner essenziale degli Stati Uniti.
D'altra parte, storicamente gli USA hanno fornito, con l'impostazione data al
Piano Marshall, un appoggio decisivo al decollo della Comunità europea.
Un'Europa unita, forte, coesa è anche negli interessi americani.
Su entrambe le sponde dell'Atlantico dobbiamo essere consapevoli che solo una
rinnovata volontà di collaborazione fra Unione Europea e Stati Uniti
consentirà di progredire - nel rispetto reciproco, nel dialogo e nell'ascolto -
verso comuni obiettivi di stabilità, democrazia, sviluppo e sicurezza.
Signori ambasciatori,
nell'ambito delle Nazioni Unite è possibile costruire un sistema di sicurezza
collettiva.
Fuori dalle Nazioni Unite, non è realizzabile.
L'evoluzione della crisi in Iraq - dalle divisioni iniziali nel Consiglio di
sicurezza alle Risoluzioni unitarie - lo dimostra.
Certo, le Nazioni Unite non sono sempre in grado di fornire una soluzione ai
problemi mondiali, ma se l'ONU non esistesse il mondo sarebbe di gran lunga
peggiore.
A fronte delle sfide globali di oggi, dobbiamo porci tre grandi obiettivi:
- il primo è di dare un impulso deciso ad un nuovo ed autentico partenariato
tra il Nord e il Sud del pianeta per porre fine ad un divario che è fonte di
ineguaglianze, di emarginazione, di tensioni;
- il secondo è di eliminare i fattori che alimentano il fondamentalismo,
facendo leva sul dialogo fra civiltà e culture;
- il terzo è di rilanciare la collaborazione multilaterale per gestire in modo
efficace i grandi problemi comuni: di sicurezza, economici, ambientali.
Per sconfiggere il terrorismo internazionale, per risolvere conflitti ancora
aperti, per impedire la proliferazione delle armi di distruzione di massa, per
affrontare gli squilibri ambientali, il mondo ha bisogno innanzitutto di unione,
di speranza, di slancio ideale.
Questo risultato deve necessariamente poggiare su alcuni capisaldi: la
globalità dei problemi, l'indivisibilità delle soluzioni, l'unità degli
obiettivi.
Li conosciamo: ma non stiamo facendo abbastanza per praticarli.
La Dichiarazione del Millennio ha fissato il quadro di una partnership globale tra paesi ricchi e paesi poveri, centrato non solo sull'apertura dei mercati, ma anche sulla progressiva cancellazione del debito, sull'aumento degli investimenti e degli aiuti finanziari mirati.
Questi obiettivi impongono ad ogni Stato precise responsabilità. Adempiervi
vuol dire far fronte ai propri obblighi verso la comunità internazionale.
Sono adempimenti che devono avere priorità nei programmi politici ed economici
dei singoli Governi.
Tra meno di un anno, i Capi di Stato e di governo di tutte le nazioni si
riuniranno a New York, insieme con il Segretario Generale delle Nazioni Unite,
per verificare l'attuazione della Dichiarazione del Millennio.
Inutile nasconderlo: sono mancate la volontà politica e la coesione necessarie
a perseguire efficacemente i traguardi stabiliti.
La globalizzazione crea opportunità di sviluppo, ma sono ancora troppi gli
esseri umani -centinaia di milioni - che soccombono alla fame, alla miseria,
alle malattie.
E' nostro stesso interesse, in occasione del solenne appuntamento di New York,
dare speranza alle moltitudini che attendono solidarietà e collaborazione.
La credibilità dei nostri impegni contro il sottosviluppo e nella lotta al
terrorismo va vista come parte coerente di una politica di sicurezza comune.
Il terrorismo non potrà essere sconfitto solo dall'azione di prevenzione e
dall'uso della forza. Come ha concluso il Rapporto del Panel ad alto livello
istituito dal Segretario Generale Kofi Annan, misure preventive possono
dimostrarsi indispensabili; ma vanno inquadrate in un contesto di legalità e di
legittimità internazionale: quindi, negoziate e non imposte.
Queste considerazioni assumono particolare rilievo di fronte a due cruciali
scadenze in Medio Oriente.
E' urgente, anzitutto, rilanciare il processo di pace per la risoluzione del
conflitto israelo-palestinese.
La road-map ha bisogno di un colpo di frusta: sulla base di una rinnovata azione
fondata sull'impulso di Stati Uniti, Unione Europea, Federazione Russa e Nazioni
Unite, volta a promuovere una Conferenza internazionale.
In Iraq, è indispensabile un maggiore e coesivo impegno della comunità internazionale: un impegno che permetta un ruolo effettivo delle Nazioni Unite per condurre il Paese verso le elezioni, la riconciliazione e l'autogoverno.
Quanto ho detto finora dimostra, io credo, perché la riforma delle Nazioni Unite - e cioè il rafforzamento dell'unica organizzazione a vocazione veramente universale - vada concepita con un approccio globale.
L'ONU è insostituibile: nel mantenimento della pace e della sicurezza; nella
promozione dello sviluppo sostenibile; nel perseguimento di una migliore
condizione umana.
Essenziale è il ruolo di molte Agenzie specializzate che operano in campi
d'elevata sensibilità politica, come l'AIEA, la FAO o l'Organizzazione Mondiale
della Sanità per citarne alcune.
Nessuno di questi, pur così utili Organismi, potrebbe operare con successo se
non fossero sorretti - idealmente e politicamente - dalla perdurante e
stimolante fiducia nel diritto e nelle regole internazionali sancite dalla Carta
di San Francisco.
Arrivare a un nuovo assetto del Consiglio di Sicurezza, che rifletta
l'evoluzione degli equilibri mondiali, resta indispensabile.
Nei prossimi mesi i Paesi membri delle Nazioni Unite saranno chiamati ad
esprimersi anche sulle proposte di riforma del Consiglio di Sicurezza che
saranno presentate all'Assemblea Generale.
L'Italia ritiene che quest'importantissima scadenza vada affrontata senza
inutili accelerazioni, e sulla base di alcune premesse:
- il consenso e non la divisione;
- il rispetto per le nuove realtà regionali;
- le esigenze dei Paesi in via di sviluppo.
Questa, del resto, è l'impostazione del Panel, che l'Italia condivide e
sostiene.
Infine l'approvazione della Costituzione europea - e lo spazio che essa dà
allo svolgimento di una politica estera dell'Europa - pone la questione di una
partecipazione unitaria dell'Europa anche alle Nazioni Unite.
Abbiamo un'occasione storica per riuscire a dotare le Nazioni Unite degli
strumenti necessari per rispondere a questa speranza.
Non dobbiamo sprecarla.
Signori ambasciatori,
a questa necessaria speranza si contrappongono troppo spesso la spregiudicata
sottovalutazione delle Nazioni Unite e l'insofferenza per la gradualità dei
meccanismi multilaterali: entrambi questi atteggiamenti rivelano egoismi
nazionali, possono essere l'anticamera di pericolosi antagonismi.
Purtroppo, la storia ci ha dimostrato che il passo dall'egoismo all'isolamento,
e dall'isolamento alla conflittualità è breve .
L'opera degli Ambasciatori è essenziale perché il dialogo sia strumento
basilare delle relazioni fra Stati.
Tutte le diversità politiche, economiche e culturali rappresentate in questa
Sala possono riconoscersi nell'ambito di principi comuni e universalmente validi
e trarre da essi la volontà e la capacità di lavorare insieme e di progredire.
Con questi sentimenti, formulo a voi ed alle vostre famiglie i migliori
auguri per le prossime Festività.