VISITA DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
ALLA CITTA' DI CHIETI
INCONTRO ISTITUZIONALE CON LE AUTORITA'
Chieti, 16 settembre 2005
Signor Presidente della Regione Abruzzo,
Signor Presidente dell'Amministrazione Provinciale di Chieti,
Signor Sindaco di Chieti,
Onorevole Sottosegretario,
Onorevoli Parlamentari,
Autorità civili, militari e religiose, cari Sindaci della Provincia di Chieti,
siete davvero molti, sono lieto di incontrarvi tutti,
Signore e Signori,
vi ringrazio per la cortesia dei vostri discorsi. Vi ringrazio per aver
risvegliato in me tanti ricordi della vostra terra. Alcuni molto lontani; altri
più recenti. Questi ultimi si riferiscono a una visita e al discorso che feci a
Santa Maria Imbaro nel marzo del 1999, pochi mesi prima dell'inizio del
settennato presidenziale, visitando il Consorzio Mario Negri Sud, di cui avevo
sentito parlare molto bene ma che non conoscevo.
Ho riletto quel discorso, che aveva per tema la programmazione negoziata, i
primi passi di un patto territoriale che riguardava la vostra provincia, il
Patto Sangro-Aventino. Tracciavamo allora le grandi linee di un programma di
sviluppo di nuovo tipo.
Mi fa piacere apprendere che quel patto, e l'altro del Trigno Sinello, che erano
stati avviati in questa provincia nel 1997, hanno dato - come Lei ci ha detto,
Presidente Coletti - frutti concreti, positivi. E che state ora avviando, nel
nuovo ambito di competenza, che non è più quello statale, ma quello regionale,
un nuovo patto per l'area chietino-ortonese, la più bisognosa di ricevere nuovi
impulsi alla trasformazione produttiva e alla crescita. Vi auguro di riuscire a
raggiungere gli obiettivi che vi proponete.
La politica dello sviluppo che avviammo allora si fondava sul successo
dell'opera impegnativa di risanamento della finanza pubblica, che rese possibile
l'adesione dell'Italia, fin dall'inizio, alla nuova moneta unica europea,
l'euro. Questo successo ci permise, e ci permette ancora oggi, di pagare tassi
d'interesse europei, ben più bassi di prima: sia sul debito immenso dello
Stato, con relativo alleggerimento del bilancio pubblico; sia sui debiti delle
imprese e su quelli dei privati, con loro evidente beneficio.
Vi confessai allora che avevo vissuto per anni con un sogno, e con un incubo. Il
sogno era quello "di entrare in Europa", e non solo per i motivi di
interesse economico, ma anche perché l'Europa era "la sola vera
difesa" - lo penso ancora oggi - contro le guerre fratricide che avevano
devastato il nostro continente.
L'incubo, un incubo molto serio per un banchiere centrale, o per un uomo di
governo, era stato quello del "dissesto finanziario"; perché - cito
parole di quel discorso del '99 - "come Stato eravamo stati vicini al dover
dichiarare fallimento".
Le conseguenze sarebbero state drammatiche. Impegnandoci a fondo, riuscimmo a
vedersi avverare il sogno, e a sventare l'incubo che, dissi allora, "si è
dissolto per sempre"; anche se prendevo atto che su una realtà così
trasformata, in meglio, si inserivano ancora problemi "difficili e
gravi".
Anche nel valutare i problemi odierni, e nel decidere la via da percorrere per
superarli, vale la pena di ricordare (il passato, anche vicino, si dimentica
facilmente) i successi d'allora: non per vantarsene, ma per trarne i giusti
ammaestramenti.
La cosa più importante da ricordare è questa: ciò che allora riuscimmo a
fare, lo facemmo grazie agli sforzi di tutti; Governo, autorità locali,
imprenditori, organizzazioni dei lavoratori. Allora la chiamammo
"concertazione".
Riuscimmo a creare nel nostro Paese un clima di fiducia: fiducia nel futuro, e
fiducia reciproca.
Tutti lavorarono insieme per lo stesso fine, il risanamento dell'economia, e per
quell'ingresso nell'euro, che ancora oggi ci protegge contro le turbolenze dei
mercati finanziari e valutari, che è di scudo alle situazioni di crisi. Anche i
mercati internazionali e i Governi europei ci diedero fiducia.
Seguimmo allora una strategia articolata.
Lo stesso accordo del '93 tra il Governo e le parti sociali, che segnò uno dei
punti fondamentali di svolta per la nostra economia, doveva, a mio avviso, una
volta conseguita la stabilità, assumere nuovi contenuti per favorire la
crescita.
In questo spirito, nell'agosto del '98, come Ministro del Tesoro, avanzai la
proposta di integrare l'accordo del '93 con un nuovo patto, anch'esso fondato su
un grande scambio fra le parti sociali: maggiore flessibilità del lavoro da
parte dei sindacati, e maggiori investimenti da parte degli imprenditori. Questi
si sarebbero dovuti impegnare a mantenere immutati i margini di profitto lordo
per unità di prodotto, assicurando una equa ripartizione dei proventi della
crescita fra capitale e lavoro.
Lo Stato sarebbe stato garante del rispetto della intesa fra le parti sociali,
pronto ad usare, a fini perequativi, lo strumento della politica fiscale.
L'obiettivo era di elevare il grado di competitività della nostra economia, nel
momento in cui, entrando nell'euro, rinunciavamo ad agire sulla leva del cambio;
e di creare condizioni interne alle imprese per un aumento della produzione e
della occupazione.
Gli altri ricordi che questa mia visita, e i discorsi che sono stati qui
pronunciati, hanno risvegliato in me, come potete immaginare, sono quelli, tanto
più lontani, ma ancora più che mai vividi dopo più di sessant'anni,
dell'inverno '43-'44; quando noi, civili perseguitati, o giovani militari che
cercavamo di attraversare le linee per raggiungere l'Italia già liberata - nel
mio caso per riprendere il servizio come ufficiale dell'esercito -
sopravvivemmo, letteralmente non morimmo di fame, e non fummo denunciati da
nessuno, grazie alla solidarietà umana e civile, e alla generosità spontanea
di tanti Abruzzesi sconosciuti, donne e uomini, popolani e borghesi. Essi
divisero con noi, come è stato scritto, "il pane che non c'era".
Poi, altri amici abruzzesi ci guidarono lungo quel "sentiero della
libertà" che da Sulmona portava oltre le linee, percorrendo le aspre
montagne della Maiella; le montagne da cui prese il nome la "Brigata"
del comandante Ettore Troilo, che contribuì, tra le prime formazioni
partigiane, a riscattare l'onore del nostro popolo.
Questi ricordi non sono cosa vana. Su di essi si fonda la nostra salda
determinazione di avanzare seguendo il cammino allora intrapreso: il cammino
lungo il quale abbiamo dato vita alla Repubblica, e abbiamo scritto quella
Costituzione che è ancora il fondamento della nostra vita democratica.
Percorrendo questo cammino, insieme con altri popoli prima nemici, abbiamo
costruito l'Unione Europea, che ha concorso a liberare tante nazioni da duri
regimi totalitari, senza sparare un solo colpo, e che ha dato a tutti i Paesi
partecipanti più di mezzo secolo di pace e di libertà.
Realizzare quel sogno ci parve, e ci pare ancora, quasi un miracolo. Ma non fu
un miracolo: fu il frutto di scelte coraggiose di uomini lungimiranti, scelte
audaci, che ebbero successo. Da questo successo, trarremo le energie per
superare anche le difficoltà che ora incontriamo nel portare a compimento la
costruzione di un'Europa unita, un'Europa che è già oggi, per il mondo intero,
un modello di come gli Stati nazionali possano vivere in pace tra loro.
Torniamo all'Abruzzo, a Chieti, seconda tappa di questo mio viaggio, dopo la
prima felice sosta di ieri a Teramo. Mi avete parlato di successi come di
problemi, e dei progetti che state portando avanti per superarli.
Avete molti elementi a vostro favore. Avete un sistema di comunicazioni
stradali, ferroviarie, e marittime, che poche altre province, del Sud ma anche
del Nord, possono vantare. Due autostrade che si incrociano, una Est-Ovest e una
Nord-Sud; e una autostrada del mare che può soltanto crescere. Conoscete la mia
fiducia nelle autostrade del mare, come alternativa a quelle terrestri, fin
troppo gremite sul nostro territorio.
Avete una collocazione geografica quasi unica, fra mare e monti; avete i grandi
parchi naturali, un territorio e una costa molto belli, città ricche di opere
d'arte. Avete una società bene ordinata, molto "vivibile"; una
situazione dell'ordine pubblico tra le migliori; e una popolazione che unisce ai
valori antichi che ha saputo conservare una disposizione all'innovazione, di cui
il vostro nuovo polo universitario, l'Università "Gabriele
d'Annunzio", che visiterò oggi pomeriggio, e che mi dicono bellissima, e
il Centro di Ricerche Biomediche Mario Negri Sud, sono soltanto le punte più
avanzate.
Il vostro sistema produttivo, nell'agricoltura, la cui produzione ha raggiunto
punte di eccellenza, come nell'industria, è molto diversificato e
specializzato; si affiancano ad alcune grandi imprese una miriade di imprese
minori che hanno i mezzi per battersi bene nei più vasti mercati del mondo
d'oggi, e che devono proporsi di crescere nei loro spazi di mercato. Avete zone
turistiche dal grande potenziale.
E probabilmente avete anche, qui come altrove in Italia, un settore di economia
sommersa da far emergere, a vantaggio di chi ci lavora, come dei conti dello
Stato, e delle stesse imprese che potranno crescere soltanto emergendo.
Il solo consiglio che posso darvi è: datevi da fare! Dai vostri discorsi mi par
di capire che vi stiate già dando da fare, e che vi proponiate un sempre
maggior impegno, con spirito di squadra.
Ma soprattutto, abbiate fiducia in voi stessi, e sforzatevi di trasmettere
fiducia. Senza fiducia i vostri padri non avrebbero trasformato questa terra
antica, e povera, in una provincia dove esiste un diffuso benessere.
Spesso mi vien fatto di pensare che quello che più d'ogni altra cosa manca oggi
alla nostra Italia, per rimettersi più rapidamente in cammino, sia la fiducia:
occorre più fiducia dei consumatori; più fiducia dei risparmiatori, che
esitano a investire i loro soldi; più fiducia degli imprenditori nelle loro
stesse capacità e nel futuro delle loro imprese, nel futuro dell'Italia, nel
futuro dell'Europa.
E infondere fiducia significa, a livello nazionale, impiegare i pochi mesi che
ci separano dalla fine della legislatura per dare risposta ai problemi più
urgenti della società.
Concludo augurando a tutti voi buon lavoro. Molto è stato fatto: ma c'è ancora
molto da fare. Viva il vostro - anzi viva il nostro Abruzzo: sono cittadino
onorario di Scanno - e viva l'Italia.