INTERVENTO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
ALLA COMMEMORAZIONE DEL
60° ANNIVERSARIO DELLA FONDAZIONE DELLA FAO
Roma - Sede della FAO, 17 ottobre 2005
Signor Direttore Generale,
Signori Delegati,
Signore e Signori,
ho accolto con grande piacere l'invito a partecipare alla commemorazione del
60° anniversario della fondazione dell'Organizzazione delle Nazioni Unite per
l'Agricoltura e l'Alimentazione.
Solo due settimane or sono - Signor Direttore Generale - Ella mi ha consegnato
la Medaglia Agricola della FAO. E' un riconoscimento di cui sono particolarmente
onorato e che considero un impegno per l'Italia - e mio personale - a continuare
nella lotta alla fame; a sostenere la FAO con determinazione nella sua alta
missione; a rafforzare ulteriormente il vincolo speciale che la lega alla FAO.
Rivolgo in questa occasione le mie felicitazioni al Presidente Lula, cui è
stata conferita la stessa prestigiosa onorificenza.
Coloro che hanno conosciuto un mondo senza Nazioni Unite hanno caro l'enorme
progresso compiuto dall'umanità; sanno quanto dobbiamo alla saggezza e alla
lungimiranza degli ideatori e dei firmatari della Carta di San Francisco.
Essi cercarono di dare vita ad una società internazionale fondata sulla
legalità e sulla solidarietà; seppero guardare lontano ed immaginare, mentre
infuriava ancora la guerra, un mondo in cui ogni essere umano sarebbe stato in
grado di soddisfare, dopo il diritto alla sicurezza, il diritto al cibo.
Dalla loro visione nacque la FAO che oggi, insieme all'IFAD e al PAM, compone il
polo agroalimentare di Roma.
A Roma si stabilì, in seguito, anche l'Istituto Internazionale per le Risorse
Genetiche Vegetali, preposto alla conservazione e alla valorizzazione della
biodiversità.
A sessant'anni di distanza, la missione della FAO è più che mai
indispensabile e attuale. Al di fuori del mondo industrializzato, centinaia di
milioni di esseri umani vivono la disperazione quotidiana di non trovare di che
nutrirsi, di non riuscire a dare la speranza di una vita dignitosa ai propri
figli.
Fame e denutrizione stringono in una morsa letale popolazioni già vittime di
terribili malattie - AIDS, malaria e tubercolosi - di guerre e conflitti etnici.
La coscienza non può non ribellarsi di fronte a questa strage silenziosa.
La cerimonia di oggi si svolge a poche settimane dalla conclusione del
Vertice dei Capi di Stato e di Governo delle Nazioni Unite, che ha riaffermato
l'impegno della comunità internazionale a raggiungere gli obiettivi del
Millennio. Primo fra tutti, quello di ridurre della metà, entro il 2015, il
numero delle persone che soffrono la fame.
Quell'obiettivo fu per la prima volta individuato quale fondamentale traguardo
di civiltà e di coscienza proprio in questa sala, in occasione del Vertice
Mondiale dell'Alimentazione nel 1996.
La Dichiarazione del Millennio riafferma la necessità di arginare il
lacerante divario tra il Nord e il Sud del mondo attraverso un piano d'azione
rigoroso.
All'ONU e alle sue istituzioni spetta il merito di aver indotto la comunità
internazionale a cimentarsi con questa sfida - la massima sfida dei nostri tempi
- imponendo un'agenda di mobilitazione sul tema dello sviluppo che non ha
precedenti.
Sostenuta con determinazione, quell'agenda ha messo in moto un percorso scandito dalle tappe di Monterrey, di Johannesburg e del secondo Vertice dell'Alimentazione di Roma.
Cinque anni non sono passati invano.
Il volume di aiuti allo sviluppo è aumentato considerevolmente e aumenterà
ancora, di quasi 50 miliardi di dollari l'anno entro il 2010; i governi dei
Paesi sviluppati hanno promesso di raggiungere entro il 2015 un livello di aiuti
pari allo 0,7% del loro Prodotto Interno Lordo; lo stock di debito dei Paesi
poveri e più indebitati è stato ridotto del 61%, nell'ambito di un'iniziativa
di remissione del debito di cui l'Italia è stata tra i promotori e a cui ha
contribuito cancellando 2,6 miliardi di euro, con l'obiettivo di giungere quanto
prima a 4,8 miliardi, pari al 100% del debito bilaterale nei nostri confronti;
infine, poche settimane or sono, le Istituzioni Finanziarie Internazionali hanno
approvato la proposta del G8 di eliminare il 100% del debito multilaterale dei
Paesi più poveri.
Sono risultati incoraggianti.
Non bisogna mai dimenticare, tuttavia, che nessuna assistenza internazionale
può sostituirsi all'assunzione di responsabilità fondamentali dirette.
I fattori chiave dello sviluppo sono gli stessi in ogni parte del mondo:
stabilità, legittimità democratica dei governi, certezza del diritto, rispetto
dei diritti umani e civili, libertà economica, tutela del patrimonio ambientale
e delle proprie radici culturali. Creare queste condizioni, senza disperdere
preziose risorse in sanguinosi conflitti armati e nei mille rivoli della
corruzione, è compito primario dei beneficiari.
C'è ancora così tanto da fare. In Africa, in particolare, il raggiungimento
degli obiettivi del Millennio appare come un traguardo ancora molto distante.
È soprattutto l'arretratezza rurale che frena lo sviluppo dell'Africa: terreni
inariditi dall'avanzare della desertificazione e impoveriti da colture
inadeguate.
Grave è anche la permanente carenza di infrastrutture essenziali per la raccolta e la conservazione dell'acqua e di efficienti sistemi di irrigazione.
Sempre di più l'approvvigionamento idrico, elemento indispensabile di un'agricoltura fiorente, appare come un problema strategico: bisogna mirare ad una gestione razionale di questa risorsa, che deve essere oggetto di collaborazione e non di conflitto fra i Paesi.
Lo sviluppo rurale è al cuore della rinascita dell'Africa.
Ne è ben consapevole la FAO, che ha impegnato la sua esperienza e le sue risorse per l'attuazione del programma di sviluppo agricolo della NEPAD.
Signor Direttore Generale,
l'Italia sostiene senza riserve gli sforzi della FAO. Il nostro programma di
cooperazione con l'Organizzazione è tra i maggiori che conduciamo all'interno
del sistema delle Nazioni Unite; esso si concentra sulla sicurezza alimentare,
lo sviluppo sostenibile, l'assistenza alle politiche agricole, gli aiuti di
emergenza.
L'Italia accompagna a tale azione un crescente impegno finanziario a favore dei programmi per la sicurezza alimentare della FAO, dell'IFAD e del PAM.
Il contributo italiano al Fondo Globale per la lotta contro l'AIDS, la malaria e la tubercolosi sarà innalzato da 100 a 130 milioni di euro nel prossimo biennio. Si aggiunge, in questo campo, l'opera benemerita di efficienti Associazioni di volontariato.
L'Italia è fortemente impegnata anche nella cooperazione sanitaria, nella ricerca biomedica e nei progetti di tutela ambientale.
I nostri centri di ricerca sono tra i più attivi nella formazione e nel trasferimento di tecnologie avanzate ai Paesi in via di sviluppo. Ricordo che questa è la missione specifica degli Istituti scientifici di Trieste, nati nell'alveo e nello spirito delle Nazioni Unite, che l'Italia ha voluto e largamente finanzia. Scienza e tecnologia sono strumenti essenziali per lo sviluppo rurale.
Il settore agricolo, tuttavia, potrà realizzare appieno il suo potenziale
solo se i prodotti dei Paesi in via di sviluppo potranno accedere liberamente ai
mercati dei Paesi industrializzati.
La positiva conclusione del Doha Round consentirebbe, secondo le stime della
Banca Mondiale, di strappare alla povertà oltre cento milioni di persone.
Ci avviciniamo alla Conferenza Ministeriale dell'Organizzazione Mondiale del
Commercio di Hong Kong. Non possiamo negare ai Paesi emergenti e ai Paesi poveri
le opportunità del commercio internazionale, sulle quali si fonda tanta parte
della nostra prosperità.
Signor Direttore Generale,
da oltre mezzo secolo la FAO si batte al fianco dei poveri, di coloro che
soffrono la fame. Non vi è missione più nobile; non vi è compito che meglio
rifletta lo spirito e la lettera della Carta delle Nazioni Unite, che impegna
gli Stati membri ad impiegare gli "strumenti internazionali per
promuovere il progresso economico e sociale di tutti i popoli".
La costruzione di un ordine mondiale più giusto è, in primo luogo, un imperativo morale. Ma non è solo questo: un mondo nel quale i benefici del progresso scientifico e della crescita economica siano ripartiti in modo più equo è anche un mondo più sicuro per tutti.
Una società che spende centinaia di miliardi in armamenti e consente che ogni anno muoiano di fame cinque milioni di bambini è una società malata di egoismo e di indifferenza.
Dobbiamo colmare il solco - fatto di ingiustizia e di disperazione - che divide Paesi ricchi e Paesi poveri; da esso traggono origine e alimento i fenomeni che minacciano la sicurezza di tutti noi: l'estremismo, il fondamentalismo, l'odio etnico.
A New York, lo scorso settembre, i leader mondiali ne hanno preso atto e
hanno solennemente rilanciato l'alleanza solidale tra Nord e Sud per vincere la
povertà.
E' un impegno che non può essere disatteso: ne dipende in larga misura la
convivenza pacifica tra i nostri popoli nei prossimi decenni.
Signor Direttore Generale,
Signori Delegati,
Signore e Signori,
la povertà e la fame sono i più antichi nemici dell'umanità. Per la prima
volta nella storia disponiamo dei mezzi per sconfiggerli: abbiamo le risorse
economiche, la tecnologia e il sostegno dell'opinione pubblica.
Dipende soltanto da noi.