Pavia 19/01/2006

Visita del Presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi alla città di Pavia - Incontro con le Autorità istituzionali, civili, militari, religiose e i Sindaci della Provincia.

 

VISITA DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
ALLA CITTA' DI PAVIA

DISCORSO ISTITUZIONALE

Pavia, 19 gennaio 2006

    Onorevole Ministro,
    Signori Presidenti della Giunta e del Consiglio Regionale della Lombardia,
    Signor Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura,
    Signor Presidente della Amministrazione Provinciale di Pavia,
    Signora Sindaco di Pavia,
    Onorevoli Parlamentari,
    Autorità civili, militari e religiose,
    Cari Sindaci - quanto siete numerosi, una marea di fasce tricolori che scalda il cuore - ,

anzitutto, grazie a voi per i vostri discorsi, che hanno offerto ricca materia alla riflessione, e per la cortesia, che non potrò dimenticare, dei saluti e degli auguri che mi avete rivolto. E grazie a tutti i cittadini di Pavia che hanno fatto un'accoglienza così calorosa al Presidente della Repubblica.
Pavia è una città che un po' mi appartiene: non dimentico il giorno, era l'11 dicembre del 1991, quando la Alma Mater Ticinensis volle conferirmi la laurea ad honorem in Economia e Commercio. Quell'onore mi fu particolarmente caro anche perché era già toccato, tra altri illustri personaggi, a Luigi Einaudi, insigne economista e mio predecessore quale Governatore della Banca d'Italia.
Quale io ero allora; né pensavo che, pochi anni dopo, le vicende della vita politica avrebbero impresso una svolta alla mia esistenza, fino a riportarmi oggi qui come Presidente della Repubblica: alla penultima tappa, la centoduesima, di un viaggio in tutti i capoluoghi di provincia italiani, che ha scandito i tempi del mio settennato, ormai prossimo al compimento.
La memoria di quella giornata è ancora assai viva in me, anche perché il caso volle che nelle due giornate precedenti - il 9 e il 10 dicembre - si tenesse e si concludesse a Maastricht la Conferenza Intergovernativa per il Trattato dell'Unione Economica e Monetaria Europea, che portò, nel febbraio dell'anno successivo, alla firma del Trattato. Il tenace lavoro che era stato avviato, dal Governo come dalla Banca d'Italia, per abbattere l'inflazione e per ridurre il deficit pubblico, cominciava a dare i suoi frutti: esso doveva portare poi - superando difficoltà e crisi talora drammatiche - al successo finale, consentendo così al nostro Paese di essere fin dall'inizio membro a pieno titolo dell'Unione.
Ricordo che all'ultimo momento dovetti aggiungere alla "lezione" che avevo preparato per la cerimonia all'Università di Pavia e che aveva per titolo "Funzioni e aspetti centrali del central banking: orientamenti e tendenze", alcune pagine, per sottolineare l'importanza storica dell'accordo raggiunto, e gli effetti che la nascita di una Banca Centrale Europea avrebbe avuto sull'economia di tutta l'Unione, e in particolar modo sul sistema bancario. Conclusi osservando che i compiti delle banche centrali negli anni successivi sarebbero cambiati: ciascuna di esse avrebbe dovuto "dare attuazione e valore" al nuovo quadro giuridico; e avrebbe dovuto "rendere l'intera Comunità erede della tradizione migliore che aveva saputo creare".
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Non solo per questi miei ricordi, se dico Pavia penso prima di tutto all'Università; e sono particolarmente lieto dell'incontro che avrò oggi pomeriggio in Università con le autorità accademiche. Peraltro, dai vostri stessi discorsi, e dal materiale che ho avuto modo di consultare prima di questa visita, appare evidente che il futuro di questa città e provincia, e il futuro dell'università, sono tra loro strettamente legati.
Con i suoi sedici collegi, sorti sulla scia dei "collegi storici", il Ghislieri e il Borromeo, che costituiscono una caratteristica davvero unica di questo Studio; con i suoi 25 mila studenti e più di 1100 docenti; con i suoi famosi istituti di ricerca; con la nascita della quarta Scuola Superiore italiana, l'Istituto Universitario di Studi Superiori, l'Università rimane il cuore della vostra città.
L'obiettivo che perseguite è che questo cuore batta a un ritmo sempre più forte, e sempre più all'unisono col ritmo di crescita che volete imprimere a Pavia e a tutto il territorio della provincia, per rimanere al passo coi tempi.
Il fatto è che il mondo cambia in fretta, anzi sempre più in fretta. Si aprono così nuove prospettive allo sviluppo; ma si affacciano anche nuovi problemi.
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Dei cambiamenti, se non si affrontano con prontezza e determinazione, possono soffrire anche economie prospere come quella pavese, articolata su un sistema industriale complesso, e su un'agricoltura ricca e variata: siete primi in Europa per la produzione del riso, e avete la zona di produzione di vino DOC più estesa d'Italia.
E' una ricchezza la diversità, che qui è già stata ricordata, fra i "tre territori" - il Pavese, la Lomellina e l'Oltrepò - che formano questa provincia, tra le più grandi d'Italia. Godete anche di una collocazione geografica privilegiata, al centro di zone fra le più ricche del nostro Paese e di tutta l'Europa, nel cuore della Lombardia, "Laboratorio del Nuovo", per citare le sue parole, Presidente Formigoni.
E avete una realtà urbana dalla forte identità, non soltanto per la presenza dello Studio Universitario, ma anche per la straordinaria ricchezza dei monumenti. Quelli romanici, in particolare, sono fra i più prestigiosi d'Italia, testimonianza di grande civiltà. Essi possono attirare un volume crescente di quel "turismo culturale" che potenzialmente, data la consistenza del suo patrimonio, vede l'Italia al primo posto al mondo.
Di fatto, purtroppo, oggi così non è. L'Italia, primo Paese fra tutti per il patrimonio artistico, e non secondo a nessuno per le bellezze della Natura, è sopravanzata in Europa da altri Paesi per la presenza complessiva di turisti.
Sul piano complessivo dell'economia, per trarre vantaggio dai cambiamenti occorre innestare nuove iniziative su quelle costruite nel tempo, che possono trovarsi in difficoltà per il mutare delle condizioni di mercato e per l'emergere di nuovi concorrenti da regioni magari geograficamente lontane, ma rese vicine dalle moderne reti di comunicazione.
Problemi simili sono oggi affrontati, con maggiore o minor successo, da tutte le regioni economicamente più avanzate della nostra Europa. Il mutamento può avere, come qui è stato ricordato, costi umani elevati, che una società come la nostra può ridurre, ma non sempre cancellare. E può accadere che proprio i territori di più antico benessere, come il vostro, risentano degli effetti del cambiamento più di regioni meno sviluppate, ma proprio per questo più pronte ad avventurarsi su nuovi indirizzi produttivi. Troviamo anche altrove, in Italia e in Europa, in regioni di più antica industrializzazione, difficoltà simili a quelle, ad esempio, che deve oggi affrontare il vostro grande distretto industriale, meccanico-calzaturiero, di Vigevano.
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Dunque, il mondo cambia. Come altrove in Italia e in tutta l'Europa, anche voi siete consapevolmente alla ricerca della definizione e dell'avvio di un nuovo "modello di sviluppo", che deve necessariamente fondarsi sulle risorse proprie del territorio, utilizzandole in modo nuovo e creativo. Ciò è necessario per vincere, come qui è stato detto, "la sfida del cambiamento in uno scenario internazionale".
A questo proposito, viene naturale richiamare la prima delle "vocazioni ed eccellenze" del vostro territorio, come Lei le ha definite, Sindaco Capitelli, l'Università, vera "fabbrica del sapere". La "città della conoscenza", quale è Pavia, deve porre la conoscenza sempre più al servizio della crescita dell'economia e del benessere della società.
So che il Magnifico Rettore Professor Stella condivide la convinzione degli amministratori del Comune e della Provincia che l'Università, all'avanguardia in molti campi della Scienza e della Tecnologia, debba accentuare il suo ruolo come parte integrante del "Sistema Pavia", rafforzando l'intreccio fra la ricerca e l'insegnamento universitari, e lo sviluppo di iniziative imprenditoriali, di poli tecnologici. Sta nel successo di questa collaborazione la fonte di nuova occupazione e di nuova ricchezza.

Avete molti progetti, di cui mi avete parlato con passione e convinzione. Ora si tratta di realizzarli, e questo richiede tenacia, e soprattutto capacità di lavorare insieme, amministratori, ricercatori, imprenditori, sindacati, forze sociali organizzate.
Gioca a vostro favore il fatto che le diversità di orientamenti politici non ostacolano affatto la collaborazione fra tutti gli organi di governo locale: vedo operare quella concertazione (l'ho vista proficuamente presente, di recente, anche a Siracusa), che, in una realtà complessa, è la premessa del successo in ogni iniziativa.
Anche a livello nazionale, la discordia, spinta all'estremo, è dannosa per tutti. E' sui fatti, e sulle cose da fare, che bisogna confrontarsi.
Non voglio poi dimenticare la vicinanza alla grande metropoli, a quella città di città che è oramai divenuta Milano. E' una risorsa aggiuntiva molto importante: Milano per Pavia, ma anche Pavia per Milano.
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Nel corso della preparazione di questo viaggio, con i miei collaboratori, abbiamo raccolto opinioni convergenti e concordanti tra loro nella definizione delle vostre risorse, come dei vostri problemi, e dei vostri progetti per l'avvenire; opinioni invece - è una annotazione scherzosa - talvolta curiosamente contraddittorie nella definizione dell'umore dominante della città.
Qualcuno ha descritto Pavia come "un pò scontenta di sé"; qualcun altro l'ha definita come "un pò pigra, perché troppo contenta del proprio benessere, della propria ricca identità". Forse c'è del vero in ambedue le espressioni.
Fra le due, preferisco la prima: la scontentezza, in una società avanzata come la vostra, può divenire una molla al fare, all'innovare, all'inventare una nuova realtà per questa antica e nobile città, per questa ricca provincia.

Auguro a tutti voi - contenti o scontenti che vi definiate - di mettervi d'impegno al lavoro, con la certezza che vi attendono nuove soddisfazioni: Vi dia fiducia la consapevolezza di avere una grande ricchezza di base: quei 25 mila studenti della vostra università, per un decimo accolti in collegi di grande prestigio, antichi e nuovi.

Quei giovani qui stanno acquisendo gli strumenti conoscitivi necessari per dare realtà ai loro sogni e alle loro speranze. E sotto la guida e l'esempio dei loro maestri, danno animo e contenuto alla ricerca, di base e applicata. Investite in loro. Abbiate fiducia in loro. A tutti voi auguri di buon lavoro, di successo. E ancora grazie per l'accoglienza.