INCONTRO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
CARLO AZEGLIO CIAMPI
CON I NUOVI MAESTRI DEL LAVORO
DEL LAZIO E DELL'UMBRIA
Palazzo del Quirinale, 1° maggio 2006
Signor Presidente del Senato,
Signor Presidente della Corte Costituzionale,
Signor rappresentante della Camera dei Deputati,
Signor Ministro del Lavoro,
Autorità,
già erano, questi, giorni di lutto per l'attentato sulle strade di Nassiriya,
che ha troncato la vita di tre nostri militari, in missione di assistenza, di
pacificazione, in un Iraq sconvolto dalla dittatura e dalla guerra. Ieri ci ha
colpito, per un disastro ambientale ad Ischia, la tragica morte di un padre e
delle sue tre figlie. Si è aggiunta la morte di un carabiniere nell'adempimento
dei suoi doveri a Verona. A tutte queste vittime va il nostro pensiero, ai loro
familiari la nostra solidarietà.
Cari Maestri del Lavoro, è la settima ed ultima volta che ci riuniamo qui al
Quirinale per celebrare la Festa del Lavoro. E' d'obbligo qualche notazione
economica, suggerita dai consuntivi dell'anno passato e dai primi spunti del
nuovo anno. Nel 2005 gli equilibri fondamentali dell'economia italiana sono
stati sottoposti a ulteriori tensioni. E' mancata del tutto la crescita. In
questo inizio del 2006 si profilano alcuni segni di ripresa. Da troppi anni la
crescita economica italiana si colloca al di sotto di quella europea, la quale a
sua volta è nettamente inferiore a quella che si manifesta nelle Americhe e
nell'area asiatica. Questa situazione, se protratta nel tempo, pone a rischio il
benessere presente e futuro degli Italiani.
Per ridare dinamismo al sistema economico, occorre- come già suggerii oltre un
anno fa in questa sala - dare sostegno, stimolare l'offerta interna, cioè le
forze della produzione, promovendo il miglioramento della produttività,
ricuperando competitività all'interno del mercato europeo e di quello mondiale.
Solo così tutte le variabili economiche riprenderanno a crescere, nella
stabilità. La stessa distribuzione del reddito susciterà meno tensioni. Certo,
occorre il concorso, sia pure dialettico, di tutte le componenti economiche e
sociali, l'allentamento delle eccessive tensioni politiche. Il tutto in un
contesto consapevole dell'importanza della posta in palio per l'intera
collettività.
E' necessario che tutti lavoriamo, di buona lena, nella stessa direzione: la
crescita. Per questo, i comportamenti individuali e collettivi devono prendere
atto, senza farne motivo di atteggiamenti giustificativi o rinunciatari, di un
contesto che in pochi anni ha subito mutazioni strutturali, irreversibili: la
globalizzazione, l'internazionalizzazione dei sistemi produttivi, le rivoluzioni
tecnologiche, l'allungamento della vita media, l'invecchiamento della
popolazione, le migrazioni. L'analisi è chiara. Dobbiamo ricuperare
competitività. Dobbiamo accrescere la produttività dei fattori della
produzione. Abbiamo margini consistenti di potenziale produttivo inespresso.
L'impresa italiana deve tornare ad investire. In particolare, l'investimento in
innovazione, in ricerca deve aumentare rapidamente. Serve un enorme sforzo sul
capitale umano.
Per ripartire, l'Italia deve saper attrarre capitali dall'estero, deve saper
garantire l'ancoraggio in Patria delle parti più importanti di imprese che, per
sopravvivere, hanno delocalizzato i loro impianti. Le risorse disponibili devono
essere indirizzate all'irrobustimento dell'apparato produttivo, altrimenti a
ogni aumento della domanda interna vedremo corrispondere un aumento delle
importazioni. Ne è chiaro segnale l'andamento della bilancia dei pagamenti.
Investire sul futuro, investire sui nostri giovani, credere in loro, offrire
impieghi adeguati alla loro formazione. I laureati devono poter trovare, in
Italia, impieghi da laureati; i tecnici da tecnici. E' faticoso, implica la
capacità di programmare oltre il breve termine. Ma per gli Italiani questo è
il momento del coraggio, della fiducia in se stessi.
Già all'indomani della nascita dell'euro, nell'estate del 1998, assicurata la
stabilità finanziaria e dei prezzi, appariva necessario - e lo proposi -
stimolare la crescita attraverso un nuovo patto sociale che, a fronte di una
maggiore flessibilità del lavoro, impegnasse gli imprenditori a investimenti
volti ad accrescere la competitività e quindi ad assicurare occupazione più
diffusa e più sicura. Purtroppo, da allora le risorse liberate dai bassi tassi
d'interesse, dalle condizioni più favorevoli sui mercati finanziari, solo
parzialmente sono state reinvestite.
La domanda mondiale è forte. Ne subiamo i costi in termini di prezzi elevati
delle materie prime ed energetiche. Ma non siamo in grado, per difetto di
competitività, di acquisirne una quota consistente dei vantaggi. Il sistema
produttivo italiano sta perdendo terreno non solo rispetto ai concorrenti
americani ed asiatici, ma anche rispetto a quelli europei. Oggi ci troviamo in
una fase di tassi d'interesse nuovamente in rialzo. La affrontiamo con un debito
pubblico ancora molto elevato, anzi in crescita rispetto al PIL; nel bilancio
della pubblica Amministrazione è cresciuto il disavanzo e si sono indeboliti
gli equilibri interni. Richiamo queste crude realtà, non perché sia animato da
sfiducia. Al contrario, sono profondamente convinto della capacità di
risveglio, della possibilità dell'avvio di una nuova fase di sviluppo. L'Italia
ce la farà, perché gli Italiani hanno le energie, la voglia di reagire. I
segnali incoraggianti che si avvertono in questi primi mesi del 2006 vanno
sostenuti da politiche appropriate e tempestive. Interventi immediati che si
innestino sugli spunti in atto di favorevole congiuntura debbono accompagnarsi a
misure di lungo periodo, di struttura. Dobbiamo lavorare con entusiasmo a una
nuova fase della vita della Nazione. Oggi, Festa del Lavoro, non potevo non
soffermarmi su temi economici.
Ma il progresso di un Paese non è fatto solo di reddito e produttività. E'
anche fatto di coesione sociale, di assistenza ai più deboli, di tutela
dell'ambiente. La questione della crescita economica è però centrale, in
questo momento, anche per poter affrontare tutti questi problemi. Un Paese che
non si sviluppa adeguatamente incontra crescenti difficoltà ad impegnarsi
concretamente sui temi sociali ed ambientali.
A voi giovani, nel concludere, desidero rivolgere il mio saluto di Presidente
della Repubblica, in questo ultimo primo maggio del mio settennato. Studiate!
Impegnatevi! Chiedete qualità ai vostri insegnanti, ai vostri datori di lavoro!
Assumete voi stessi iniziative, in campi vecchi e nuovi! Non arrendetevi di
fronte alle difficoltà; affrontatele con il vostro ingegno, con la tenacia di
chi vuole riuscire, di chi sa di poter riuscire! Ne avrete sempre un ritorno
positivo.
Viva l'Italia.