Palazzo del Quirinale 31/12/1998

Messaggio di fine anno, 31 dicembre 1998

Buona sera e Buon Anno.

È la settima volta che ho l'onore di dire Buon Anno al popolo italiano, di cui mi onoro tanto di far parte. 

Buon Anno. Buon Anno a tutti e a ciascuno, detto con tanta intensità, detto con una certa familiarità, come si è iniziato l'anno scorso, perché abbia il sapore di un dialogo che entra nelle vostre case con serenità, per scambiare due parole.

 

Vi dovrei dire, anzitutto, che la preparazione di questa serata è piena di interesse, perché non solo il Capo dello Stato deve pensare a quello che deve dire, non c'è dubbio, incomincia a pensare da tempo, segue i fatti, gli episodi... ma, l'interesse delle persone, il numero indefinito di lettere, dove si consiglia al Capo dello Stato di parlare di un tema, di un altro, di un altro ancora...

Ancora stamattina, il Segretario Generale mi ha presentato un pacco di proposte, di lettere, su temi di grande rilievo. Voglio dire un grazie, perché mi sembra che sia una serata partecipata: cioè, le persone sentono - e io sono loro grato - che la voce del Capo dello Stato è la loro voce. Spero di meritarlo.

Vorrei dire una cosa: certo, è impossibile che io possa accogliere tutti questi temi, anche quelli veramente di grande interesse e di grande importanza; posso dire che nessuna di quelle lettere sarà morta. Il mio compito è di seguirle in qualche modo, anche se non potrò parlarne stasera.

 

Auguri! E, negli auguri, si mescolano dei momenti anche di raccoglimento.

Seguivo poco fa alla televisione l'intervista con una delle due persone che è riuscita a salvarsi dopo dodici, tredici ore, vorrei dire, di sepoltura sotto il palazzo che è crollato a Roma. E quando queste tragedie avvengono - intanto, auguri, Signore, a Lei e alla sua Signora - se avvengono in costanza di giornate di festa, hanno un acre dentro terribile di sofferenza e si teme già che, nelle scadenze future degli anni che verranno, ci sarà, in mezzo alla festa, questo richiamo, questo ricordo... Non dimentico le due bare bianche di quei bambini, là, sotto la grande volta della Basilica di San Paolo... E torna la domanda: Perché, Signore...?

E i tre della Polizia che sono caduti, che si aggiungono, poi, alle sofferenze che sono avvenute in questo anno, da varie parti, nelle Forze dell'Ordine, nei militari in giro nel mondo... Questi momenti di raccoglimento...

 

Vorrei aggiungere una cosa. Mi pare che ci sia un punto acuto che è bene richiamare: è l'uccisione di Don Graziano Muntoni. Quest'uomo, professore, una vita di insegnamento, era da otto anni sacerdote; aveva lasciato l'insegnamento, che era per i giovani, per una donazione più completa, per essere totalmente a disposizione della gente. E, mentre andava per celebrare la messa, il suo sacrificio, il suo altare sulla strada! Una sintesi delle sofferenze: negli ospedali, nelle carceri, da tutte le parti, nelle solitudini... Vorrei che il pensiero di solidarietà arrivasse dappertutto.

 

Il mio è l'ultimo augurio del mio settennato. Un consuntivo? No, no! Nessuno abbia timore... Tra l'altro, se c'è uno non idoneo a farlo, è il sottoscritto.

 

Ma il consuntivo dell'Italia è giusto farlo, è doveroso.

 

L'Italia ha fatto molta strada, molta! Oggi, la radio, le televisioni, i giornali sembrano un coro che ha come titolo l'Euro. Questa moneta: la grande vittoria del 2 maggio e oggi questo passo in attesa che passino i tre anni e che poi la moneta diventi spendibile ogni giorno. È un fatto enorme, questo. Una serie di Paesi, popoli che hanno lingue diverse, hanno trovato un punto di incontro. Attenzione: che non è soltanto un punto di incontro, vorrei dire, mercantile, su un piano economico, no! È un grande punto di incontro politico, è un grande passo.

 

E questo come allarga il cuore a quelli di noi che ricordano i grandi Profeti dell'Europa, e attendono l'Europa politica, l'Europa della gente, l'Europa dei popoli, l'Europa che sarà capace di dire no per sempre alla guerra, che ancora lacera questo nostro vecchio continente. Sembrava impossibile... Anzi, per dei nostri alleati - ma non gliene facciamo colpa - era impossibile, perché molti non sanno che è nell'impossibile che si esprime il meglio di noi italiani!

Ma è aumentata anche la statura politica dell'Italia. Io ricordo che cosa era, ai miei primi viaggi di presidente, andando all'estero... Ma, cosa capita in Italia? Ma cosa state facendo...? Gli interrogativi; i processi, una serie di problemi, la situazione della moneta, la fiducia che sembrava sgretolarsi... È aumentata la statura politica, il peso politico in Europa e nel mondo e bisogna proseguire fortemente su questa strada, è indispensabile!

 

Noi abbiamo una porta che deve essere usata molto di più: è la porta della nostra immensa cultura umanistica, della nostra cultura classica. Quando, in questo anno, andando in visita di Stato in Cina, ho potuto portare una decorazione a un professore ultranovantenne, che ha terminato la traduzione in cinese di tutto Dante - Inferno, Purgatorio, Paradiso - io mi sono tanto commosso... L'attrattiva che la nostra cultura porta...

E la cultura è il passaggio più importante nel rapporto fra i popoli in questa politica estera, dove noi rimaniamo fedeli alle alleanze. Fedeli alle alleanze! La nostra interpretazione dell'alleanza è un'interpretazione attiva; è il partecipare, è un dire il proprio pensiero; non è rompere solidarietà, mai; ma il dire, partecipando a una responsabilità. Noi pensiamo che l'alleanza non può mai essere subalterna: l'alleanza è fatta di dignità e di lealtà. 

 

E vi è la presenza dell'Italia sul tema della Pace. Mentre io parlo a tutti voi, noi abbiamo, nel mondo, tremilacentoventi militari presenti per la Pace, per presenze umanitarie. E mando loro un saluto! Certo, c'è un concentrato particolare in Bosnia-Erzegovina, dove i militari hanno fatto tanto bene e hanno avuto incarichi particolari per la fiducia nella loro professionalità, nella loro capacità di umanità. Diciotto operazioni... Diciotto operazioni vedono presenti militari italiani. Grazie a voi, ovunque siete disseminati, dove portate l'Italia che vuole la Pace, che collabora per la Pace! Ricordiamo i morti di quest'anno... Grazie. Grazie anche alle vostre famiglie. 

 

Questi sono, a mio avviso, i punti focali in cui l'Italia ha fatto dei grandi passi. Ce ne sono molti altri. Però, preferisco metterli, con una dose di umiltà, fra gli stati di sofferenza, dove si è lavorato molto, si è fatto molto, ma la fatica continua. 

E al primo posto - l'ho detto infinite volte, lo sento fortemente questa sera - al primo posto il lavoro, al primo posto chi il lavoro non ce lo ha: la disoccupazione, la sottoccupazione. 

In questi giorni vi è stata una grande vittoria: l'accordo, il patto sociale per lo sviluppo e l'occupazione. Non vi è dubbio che è un grande successo e noi speriamo che dia grandi frutti. Ci sono stati altri patti che hanno dato i frutti: anche questo li darà. Soprattutto, questa intesa generale cosí profonda... Mi ha meravigliato molto il fatto che nessuno dei partecipi ha detto, in qualche modo: Ma, io sono stato costretto, all'ultimo, tutti erano d'accordo, mi hanno quasi travolto... Ognuno ha espresso con entusiasmo questa solidarietà, questa partecipazione, questo impegno.

Io ho letto il documento. Un documento molto elaborato, molto particolareggiato, con le scadenze. È importante... Le scadenze! Qualche volta, io ho alzato la voce di fronte a scadenze non rispettate. È importante! Ho chiesto al Presidente del Consiglio: Ma, chi controlla? Il Presidente del Consiglio mi ha detto: dall'esperienza passata, abbiamo pensato, d'accordo con il Ministro del Tesoro, di avere un monitoraggio quotidiano, perché non c'è nulla di più chiaro per dire che del lavoro si fa, che dei soldi sono stati spesi. 

Certo, devono essere spesi bene. Perché, molte volte è capitato, in passato, che, a un certo momento, stanziati dei fondi, passa del tempo, i fondi sono ancora lí e le persone hanno ancora le braccia penzoloni. Sofferenza non vinta, anche se io penso che occorrerà studiare e avere capacità creativa per inventare, trovare nuove ipotesi di lavoro in questo mondo che ha un cambiamento cosí repentino e cosí rivoluzionario: guardate il settore dei servizi, per esempio. C'è molta strada da fare. I giovani attendono. 

 

E il tema della criminalità, che tocca anche quello del lavoro, perché, quando i giovani non hanno lavoro, sono messi in condizioni di pericolo. 

L'abbiamo detto tante volte: la lotta alla criminalità, alla droga, al commercio delle armi... Quanta strada... Quanta strada ha fatto la politica interna, non vi è dubbio; quanta strada le Forze dell'Ordine, con i loro sacrifici; quanta strada e quanto impegno la Magistratura. Lasciatemi dire: noi abbiamo anche importazione di criminalità e non poca. Nel disfacimento della ex Jugoslavia, non vi sono soltanto quei trasportatori, che sono dei pesanti criminali che speculano sulla pelle disperata delle persone, non vi sono soltanto questi. Vi è ben altro: il commercio di droga e di armi. Ma, se noi pensiamo, per esempio, che siamo già stati toccati, non da poco, dalla mafia russa... 

Quanto male c'è! Quanto bisogno che si operi insieme, che lo sforzo sia comune, che il male sia sconfitto dagli Stati convinti che bisogna lottare insieme! Però, vorrei dire una cosa: se ogni Paese lottasse quanto lotta l'Italia, con le Forze dell'Ordine, con la Magistratura, ben altra strada si farebbe, in questo settore! Io me lo auguro fortemente. 

 

E la scuola... La scuola è all'ordine del giorno per molte cose: talune non le cito, perché sono già in grande discussione. La scuola come formazione. La scuola è la carta di identità di uno Stato, di un popolo. La scuola: scuola privata, scuola pubblica. 

Consentite al Capo dello Stato di fermarsi, soprattutto, sulla scuola dello Stato, perché lo Stato ha il dovere di presentare la scuola migliore: sul piano della professionalità, sul piano dei docenti, sul piano delle strutture. Quanto di meglio... Io so che si fa molto e faccio molti auguri per questo sforzo della riforma, con tutto ciò che comporta. Ma questo è indispensabile per la formazione dei giovani. Noi dobbiamo fare sintesi su due temi di importanza vitale. Un tema lo sintetizzo cosí: non può esistere in Italia nessuna scuola, per tecnica che sia, che non dia un marchio indelebile della nostra cultura umanistica, di questa ricchezza. Non è possibile! 

Nello stesso tempo, occorre che la scuola prepari per il passaggio dalla scuola alla vita. È sempre stato un salto quasi... acrobatico, sia dall'università, sia dalla scuola media, sia dalla media superiore. Occorre che sia uno scivolo, che consenta di inserirsi nella vita, nella vita in modo attivo. 

 

Ma la scuola ci fa pensare a qualche cosa di estremamente delicato, che speravamo tanto fosse solo episodico, che fosse soltanto qualche momento di grande disgrazia e di bassezza morale; ma gli episodi che tornano ci fanno temere che non sia cosí: i bambini, la speculazione sui bambini.

L'anno scorso, ho parlato di Iqbal. Giorni fa, ho visto il film presentato dalla Rai-TV e ho rivissuto ciò che ci siamo detti l'anno scorso. Ma quando noi troviamo chi specula sui bambini per il lavoro, chi specula per il sesso, chi specula su quanto c'è di più ignobile... Lo Stato, per essere degno di essere Stato democratico, deve difendere i bambini e la loro innocenza. Ma bisogna che la gente ne aiuti la difesa, bisogna che la gente sappia non tacere quando conosce delle realtà, non attenda che ci sia la vittima, che ci sia la tragedia per, poi, piangerci sopra. I silenzi, a volte, quanto sono desolanti e deteriori...! 

 

La persona umana: vediamola nel suo ambiente. Il tema dell'ambiente, il tema dell'ecologia. Quando si gira l'Italia, si trova quanto lavoro hanno fatto i Comuni, le Regioni - in particolare le Regioni - e le Province; quanto lo Stato, facendo parchi nazionali nuovi - e quanti! - facendo zone protette... 

Il tema dell'ecologia è un tema di cultura. Il popolo italiano ha fatto molta strada: ne deve fare ancora molta. 

 

E, pensando al popolo italiano nel suo ambiente, consentitemi un balzo, pensando agli italiani all'estero. Altro tema che è sempre in stato di sofferenza... Anche se è un tema esaltante. Chi va all'estero e conosce le comunità italiane rimane commosso.

Nell'ultimo viaggio, in Australia, nel suo discorso il Premier, alla colazione ufficiale a Sydney, ha detto: Non so che cosa sarebbe stato di noi australiani e dell'Australia, se non ci fossero stati gli italiani... non lo so! Lo ha detto con convincimento anche nei colloqui che abbiamo fatto prima e dopo. Che cosa hanno portato gli italiani come capacità di lavoro, come intelligenza, come creatività, - e questo mi è stato sottolineato tante volte - come amore alla famiglia, come legame con la Patria! 

È commovente sentire questi meriti degli italiani. Ovunque li ho sentiti: quando ho visitato quelle poche unità di italiani in Islanda, quando ho visto le grandi comunità dei vari Paesi nell'Europa, nell'America, nell'Africa, nell'Asia... Mi commuove molto questo pensiero. 

In qualche Paese dove sono stato, l'ultima visita era stata fatta dal mio predecessore - grande predecessore! - Saragat: trent'anni e più erano passati. Occorre avere un avvicinamento maggiore. C'è grande capacità e desiderio di studiare la lingua: occorre moltiplicare queste possibilità, perché attraverso la lingua c'è l'avvicinamento alla cultura italiana. C'è scambio di studenti, a volte scambio di docenti... Bisogna moltiplicare. Su questo piano bisogna spendere di più. So che cosa dico, so quali sono le fatiche del bilancio, ma bisogna spendere di più... È importante! 

 

È importante che i giovani di seconda, di terza generazione possano venire in Italia, vedere da dove sono partiti gli avi, da dove sono partiti i nonni, da dove sono partiti i padri... Dove è stato fatto... - se non erro, la Regione Veneto, ma potrei sbagliare nella citazione e non è la sola che ha fatto questo - ha trovato un successo incredibile sul piano dei legami alla Patria. 

I legami! Il grido che ho sentito ovunque, dai pochi in Islanda alle migliaia e migliaia in altre zone: Presidente, Italia unita! Come se dipendesse dal Presidente... Presidente, Italia unita! Questo grido ovunque, dove si vedono, insieme, dai friulani ai veneti, ai siciliani, ai calabresi... In una unione incredibilmente affascinante: Italia unita! Ricordo una Signora, nata in Italia, che sta avvicinandosi ai settant'anni di vita all'estero, con questa montagna d'anni sulle spalle, con una forza nell'animo, mi ha quasi strappato una mano: Presidente, dia un bacio all'Italia! Lo so, qualcuno potrebbe dire: adesso la mettiamo sulla lacrima, la mettiamo sulla lirica... No! La mettiamo soltanto, con grande rispetto, sull'amore per la Patria. Sull'amore per la Patria!

E a costoro ho rinnovato l'impegno per il loro diritto di voto. Il Parlamento è unanime. Può darsi che modifiche di riforme possano portare a degli arrangiamenti... Non lo so. L'importante è che il Parlamento ha questo impegno. 

E ho portato messaggi di pace ovunque. Ho portato messaggi di pace, in nome dell'Italia, al mondo. Credo di avere avuto, in questi sette anni - scusate se cito una cifra, forse, imperfetta - circa duecentocinquanta incontri con Capi di Stato, sia singoli - all'estero e qui a Roma, al Quirinale - sia in riunioni di più Capi di Stato. La voce dell'Italia: la Pace! E ho potuto misurare quale statura viene riconosciuta, oggi, all'Italia, in questa grande ripresa. 

 

E, fra le visite al Quirinale, ce n'è stata una, quest'anno, che ci ha commossi. Nell'ottobre scorso, qui, al Quirinale, è venuto il Papa Giovanni Paolo II. Grazie, Santità! Grazie per questa visita, che è venuta in un momento politico di grande rilievo ed è stata di enorme importanza. 

Grazie. Grazie per i colloqui, grazie per l'amabilità. Grazie, soprattutto, per una cosa che tutti hanno sentito: che non era soltanto un grande atto di attenzione - ed era già gran cosa! - ma che era, soprattutto, un atto di amore per l'Italia e per il popolo italiano. Ed è il popolo italiano che, attraverso la mia voce, Santità, Le dice grazie anche per questa Sua infrenabile, grazie a Dio, testimonianza di Verità, di Pace, di Giustizia che vince ogni resistenza che la natura, a volte, Le pone. Coraggio e avanti, Santità! 

 

Qualche attimo e poi riprendo... Perché, vorrei affrontare, brevemente, due punti che chiamerò ricuciture. Credo molto a queste ricuciture. Forse ce ne sono altre: ne cito due. 

La ricucitura della fiducia fra Cittadino e Politica. I partiti hanno ripreso a operare: lo ritengo importante. La Costituzione parla dei partiti e affida loro un compito. I partiti, quando nacquero, dopo la insurrezione, erano pensiero, erano cultura, erano formazione, specie per i giovani, erano ricchezza di programmi, erano insegnamento di incrocio dialettico fra pensieri diversi. Poi, ci fu la degenerazione... 

Se ci sono, i partiti devono tornare con questa impostazione di alto profilo, devono aiutare ad elevare la politica. Se tornassero con i mali di un tempo, se tornano con i mali, è tragedia, perché è come respingere lontano i cittadini. Noi ci chiediamo perché la gente non va a votare. Sí, certo, se si vota quasi tutte le settimane, la gente si stanca... Tutti i partiti hanno fatto questo commento e sarà facile una correzione. 

Ma, come fa la gente ad avvicinarsi quando incontra persone che dicono di essere persone politiche e che, nell'assenza totale di ogni pensiero politico, hanno come surrogato battute, ingiurie di qualsiasi tipo, dove l'educazione non si sa più dove stia, insinuazioni, se non addirittura il falso? Ma, questo può essere politica? E con questo sistema, si pensa che le persone perbene si avvicinino alla politica?

Io vorrei fare un appello a tutti, ma, in particolare, ai responsabili dei vari partiti, a quelli che si chiamano i leaders, di tutti i partiti: diamo un tono, eleviamo questo tono della politica! La politica è pensiero, è cultura. La politica è pensare al bene comune. È veramente un atto di carità l'azione politica: fu detto da un Pontefice. 

La politica deve essere l'arte del pensare e del servire. Se non torniamo a questo, se lasciamo scorrazzare persone con il tono dell'irresponsabilità, con il senso - assolvetemi - del trivio... Questo non può essere politica, non lo può essere, non lo sarà mai! Però, attenzione, ché il pericolo è serio. Perché, se il cittadino si allontana, la colpa, allora, è nostra; e senza partecipazione, non c'è democrazia. 

 

C'è un'altra ricucitura che mi preme - e volgo verso il termine - ed è la ricucitura fra la politica e la Magistratura, fra i giudici e i politici. I politici chiedono, la gente chiede ai giudici professionalità, chiede equilibrio, chiede serenità, chiede riserbo, chiede il rispetto della persona: sia colpevole, sia innocente, sia condannata, sia in istruttoria, è persona! Il reato non è un'offesa al magistrato: è offesa alla legge e alla società. 

Ma si chiede ai politici rispetto dell'attività del magistrato, con il diritto di critica, il più ampio, ma che sia critica: critica giuridica, critica politica, la più ampia, con l'uso di tutte le impugnative pensabili che il codice e le leggi consentono... Ma mai l'aggressione, mai! Mai il tentativo di delegittimare il giudice, di qualsiasi livello esso sia. Mai! Questo è colpire lo Stato nel cuore, che è la giustizia! 

 

A proposito di giustizia, consentitemi una parola molto responsabile. È un impegno grande, faticoso e doloroso, quello del Capo dello Stato, di dire o no a una domanda di grazia. Non è facile. C'è una strada facile: è quella di non rispondere, mettere agli atti, sciacquarsi le mani. Spero di non seguirla mai, con l'aiuto di Dio! Occorre rispondere. 

È duro dire alla grazia. Non pensate che non si abbiano chiaramente dinnanzi i delitti compiuti, anche se son passati anni. Non pensate che non sia primo il pensiero del male fatto, delle sofferenze delle vittime e dei familiari. Non pensate che si trascuri in qualche modo questo umano pensiero, che è giustizia. Ma pensate anche che non è pensabile che la pena finisca per distruggere e annientare una persona. Non è pensabile! Allora, è inutile dire no alla pena di morte... È inutile! 

Sí, la pena di morte è un tema che è tornato vivissimo in questi ultimi tempi, è tornato in modo vivace. La pena di morte ha avuto un "no" dalla Costituzione italiana, come ha avuto un "no" la guerra: l'articolo 11 e l'articolo 27. È il grido del "sí" alla vita. 

 

Si sono compiuti cinquant'anni, in questo mese di dicembre - il 10 - della Proclamazione dei Diritti della Persona. Lasciate dire a uno che fu all'Assemblea Costituente, che la Costituente italiana scrisse nella Costituzione quei diritti un anno prima: entrarono in vigore, il primo gennaio del '48 esattamente, tutti quei diritti e quelle dignità che riguardano la persona umana. 

Questa prima grande pagina: la persona, il rispetto della persona, che è al centro della Costituzione e della nostra concezione giuridica. La persona, da quando nasce, con questo diritto alla vita, perché è persona. Nel suo cammino, lungo o breve che sia, la sua dignità, perché è persona. Al suo tramonto, nessuno può arrogarsi il diritto di spegnerla, la vita, perché è persona. 

 

Si chiude questo '98, e la pendola ha segnato che io ho già superato i trenta minuti: vi chiedo scusa, ma chiudo davvero. 

In questo anno, si sono compiuti anche cinquant'anni da quel 18 aprile del 1948, quando si fu alla grande scelta. E vinse la scelta per la Libertà, vinse la scelta per la Democrazia, vinse la scelta per i Diritti della Persona Umana. E vinse una battaglia condotta dai partiti democratici, guidati da Alcide De Gasperi. Ma la libertà e la democrazia non furono riservate a coloro che vinsero, no! Secondo giustizia, furono attuate a trecentosessanta gradi, dalla sinistra alla destra, a tutti! 

È storia: la storia non si può toccare. Non ne parlo con euforia, non ne parlo con esultanza, no! Cito la storia, con umiltà, per averla vissuta, perché lí sono i germi della grande evoluzione che noi stiamo vivendo.

 

Sí, per me riservo una battuta sola, se me lo consentite. Fra una manciata di settimane, finisce il mio settennato.

Ho tenuto fede al giuramento di fedeltà che il 28 di maggio 1992 ho fatto alla Costituzione italiana, davanti al Parlamento e ai rappresentanti delle Regioni. Ho tenuto fede, ad ogni costo. E ho difeso la Costituzione, difendendo, soprattutto, il Parlamento, che è l'anima e la vita della democrazia. Ho anche pagato qualche cosa. 

Ringrazio Dio. Ringrazio Dio, che mi ha dato la forza di poter portare avanti questa battaglia, che me ne ha dato la possibilità. E ringrazio tutti quelli che mi sono stati di aiuto, da quelli che mi hanno aiutato nel lavoro quotidiano e mi sono stati vicini, a quelli lontani, che mi hanno aiutato con la parola, con l'esempio, con il consiglio, con la preghiera... Ministri di tante religioni diverse...

Che commozione sentirsi benedire e sentire le preghiere di un ministro di altro culto, verso il quale c'è tanto rispetto in me e tanta devozione! Quale emozione... Grazie! Grazie a tutti coloro che non conoscerò mai, ma che mi sono stati vicini: sono innumerevoli. 

Il primo anno nel fare gli auguri era il 31 dicembre del 1992 e con una specie di grido di speranza... no, no, con una certezza di fede dentro di me, ho detto: L'Italia risorgerà. Grazie a Dio e al popolo italiano, è risorta. È indispensabile che la risurrezione continui, sempre! 

 

Buon Anno!