Palazzo del Quirinale 31/12/1996

Messaggio di fine anno, 31 dicembre 1996

Buona sera.

Otto giorni fa sono stato a Sarajevo per portare l'augurio affettuoso del popolo italiano ai nostri soldati.

Sono tornato ricco della pace, che proprio i nostri soldati ogni giorno portano a bambini, a donne, a uomini di quella terra che ha sofferto per il cruento no alla pace.

Quella pace vissuta e pagata io questa sera desidero offrire a voi per il prossimo anno; penso sia la più gradita perché è Pace conquistata, è Pace pagata.

Unisco il mio augurio molto rispettoso, molto sentito.

 

A fine anno è tradizione dare uno sguardo di sintesi al tempo trascorso.

Il '96 è iniziato con il Governo Dini, che aveva già operato nel '95 e proseguirà fino alle elezioni politiche; ma, prima, il tentativo Maccanico che, dopo un inizio di grande speranza, mancò di sufficienti adesioni. Elezioni politiche. Vittoria del centro-sinistra.

I problemi maggiori: intensificare la marcia verso l'Europa, affrontare il pesante debito pubblico con una prima manovra e presentare la legge finanziaria con una manovra di ben più ampia portata.

I temi urgenti e anche drammatici della disoccupazione, della giustizia; le questioni agricole Comunitarie; la scuola, tanto bisognosa di attenzioni e di rinnovamento; la scuola fondamento per la vita di uno Stato veramente democratico che abbia a cuore la preparazione culturale, la formazione della propria gioventù; i grandi temi della politica estera per una rete vitale di rapporti di amicizia politica e di efficacia economica in Europa e nel mondo.

 

La scena si è presto accesa con polemiche vivaci, a volte eccessive, assai poco idonee al dialogo.

Eppure, il dialogo è essenziale perché certamente le persone pensose del bene della nazione non possono non avere presente, nella diversità delle diagnosi e, quindi, degli interventi necessari, il destinatario dell'azione politica di ciascuno, che è il nostro popolo con i suoi problemi, con le legittime attese, con i diritti che devono essere vita vissuta.

È proprio questo popolo che chiede più serenità per poter capire le posizioni diverse, per poter scegliere più consapevolmente; ha diritto, questo popolo, di poter seguire l'azione politica di maggioranza e di opposizione nella pacatezza del dibattito che può diradare nebbie e facili confusioni.

 

Quest'anno si chiude avendo al suo attivo momenti alti e densi di memoria. Il 2 giugno: 50 anni dal voto per la Repubblica e per l'Assemblea Costituente che doveva scrivere la Carta Costituzionale e la terminò perché entrasse in vigore il 1° gennaio 1948.

È stato un momento di grande significato; le tante sofferenze che, in modo diverso, hanno preparato quell'evento; le migliaia di caduti militari e civili nei cinque anni di guerra; i caduti per la libertà, le indefinite tragedie sofferte da migliaia e migliaia di famiglie.

Il 2 giugno '46 segnava la grande ripresa. Il tono delle rievocazioni, non turbando certo la verità della Storia, è stato sempre portatore di pace, di grande volontà, di rasserenamento degli animi.

 

Altra data il 4 novembre, quando tutto il popolo, tutto, fu invitato a far silenzio insieme, nella memoria dei caduti di tutti i fronti e di tutte le guerre.

Due valori: l'eguaglianza di fronte alla morte e l'intenso monito di Pace che parte coralmente da tutte queste vite stroncate.

Nessuno ha pensato di mutare la storia, poiché la pace ha come presupposto essenziale il rispetto della verità... Lo abbiamo detto mille volte.

Ma anche Verità e Amore vivono insieme e il nostro popolo ha bisogno di fraternità, ha bisogno di solidarietà.

 

Abbiamo celebrato i 50 anni delle Nazioni Unite. Ho avuto l'onore, poco dopo questo anniversario, di parlare all'Assemblea delle Nazioni Unite e al Consiglio di Sicurezza, che abbiamo avuto la grande ventura di presiedere proprio fino ad oggi, fino a questa sera... Conquista questa degna di elogio.

Quanti interventi delle Nazioni Unite a difesa di libertà e di pace, ma anche errori, anche ritardi, anche, a mio avviso, eccesso di pesantezza burocratica.

Questa scadenza deve servire per riprendere un cammino più attento, più vigile, più agile, più rispondente alle necessità dell'umanità del Duemila.

 

Abbiamo presieduto il semestre della Comunità Europea mentre si preparavano e si svolgevano le elezioni politiche; tempo non facile che non ha diminuito né l'impegno europeo, né la capacità di dare spinta nuova a questo difficile processo unitario. La nostra presidenza ha ottenuto plauso universale.

È tornata la nostra moneta nel circuito delle monete Comunitarie, passo essenziale per tendere alla moneta unica.

Sono tutte conquiste che richiedono ferma, comune volontà per raggiungere, un giorno, l'unità politica dell'Europa. Il grande sogno di De Gasperi!

 

Abbiamo anche trepidato: dopo l'uccisione di Rabin si è resa faticosa la pace fra Israele e i Palestinesi e, in queste ore, il nostro augurio si fa preghiera; il difficile accordo per la ex Jugoslavia; la tragedia del Ruanda, del Burundi, dello Zaire, con le interminabili colonne di profughi innocenti e disperati. L'estendersi in tanta parte del mondo della violenza, anche in queste ore... cosí assurda e inumana anche nella nostra terra, nella nostra Italia... Cosí assurda e inumana! La violenza che non risparmia anche giovanissime vite.

Penso che ogni persona, ogni popolo, ogni Stato debba sentirsi interpellato! Siamo liberi da colpe? Da omissioni? Soprattutto nel dare un ambiente e un esempio ai giovani che li aiuti nella propria formazione? Siamo liberi da egoismi? Da interessi che contrastano con il bene della collettività? Abbiamo fatto tutto ciò che dipende da noi per salvare la pace? Per riconquistarla? A cominciare dal nostro piccolo mondo quotidiano? Abbiamo fatto tutto?

 

E abbiamo anche trepidato con amore per la salute di Giovanni Paolo II: il mondo non si è diviso fra credenti e non credenti, no! Ognuno ha sentito che chi soffriva era il testimone, il propugnatore, l'araldo della Pace per tutti, il difensore dei diritti conculcati di chiunque. Di chiunque! E oggi il compiacimento perché questa opera paterna di amore, questo richiamo alla fratellanza possa continuare a lungo, diventa augurio affettuoso di tutti. Di tutti!

 

Devo un grazie alle popolazioni delle città e dei luoghi che ho avuto il piacere di visitare: sempre tanta accoglienza, tanta festa, tanto entusiasmo per l'Italia.

 

Un saluto speciale agli italiani all'estero: li ho avvicinati ovunque sono stato e avrei voluto potermi fermare con ciascuno: ognuno una storia vissuta, ognuno sofferenze e vittorie e sconfitte, ognuno tanto legato alla Patria!

Abbiamo il dovere di maggiori rapporti con questi ambasciatori di italianità. Ambasciatori con il loro lavoro, con la capacità imprenditoriale, con l'apporto inestimabile della cultura e della lingua italiana. Quanto spazio da colmare, quante risposte, quante attenzioni doverose per tutti costoro. E si rinnova l'attesa dell'esercizio del diritto di voto!

Mi emoziona, in questo momento, mi anima il sapere che, mentre parlo, è quest'anno assai più ampio, più diretto, più immediato, il vostro ascolto, cari Italiani nel Mondo; sento la vostra presenza, il vostro interesse, rivedo volti che ho conosciuto, volti che non conoscevo, rivivo e ammiro quelle incredibili assemblee che mi hanno accolto e commosso; vorrei trasmettervi il nostro impegno, il nostro ricordo fattivo, il nostro cuore fraterno.

 

Ciò di cui siamo debitori al mondo è la nostra cultura; abbiamo dinnanzi un'opera grandissima che richiede fondi e può impegnare centinaia di studiosi, di docenti... È compito che dobbiamo adempiere ad ogni costo e che ha anche intenso valore nei rapporti di politica estera.

I popoli non si conoscono e non si incontrano solo per il mercato, pure tanto necessario, si incontrano davvero in modo profondo e permanente sulle grandi vie del pensiero, della storia, dell'arte, della comune ricerca, del comune sentire.

 

Inizia il nuovo anno e, iniziando, abbiamo la consapevolezza che portiamo ancora con noi problemi umani gravi che richiedono un impegno costante, perseverante, forte e paziente insieme; si tratta di non cedere, di non arrendersi.

Si parla di nuove povertà, e ci sono davvero; queste ci interpellano perché mettiamo in essere ogni sforzo, ogni iniziativa, ogni coraggio per vincere le disparità offensive della giustizia. Inoltre, c'è il problema del lavoro, che, quando manca, angustia e ferisce la dignità della persona, umilia la famiglia, mette i giovani in gravi pericoli.

 

Di bene, di cose buone ce n'è, ce n'è molte, tante volte silenziose e ignote, ma vere. Vere! C'è insieme un mondo che vive con grande fatica, un mondo costretto a rinunzie a volte eccessive, un mondo che teme l'instabilità, che non vede chiaro nel futuro. Dipende da tutti, che ciascuno si senta più sicuro, ma dipende essenzialmente da ciascuno di noi investiti di responsabilità; dipende da me che vi sto parlando, dipende dal Parlamento, maggioranza ed opposizione, dipende dall'opera del Governo, dipende dalla Corte Costituzionale, dalla Magistratura, dagli amministratori di Regioni, Province, Comuni grandi e piccoli. Dipende da ciascuno di noi che abbiamo responsabilità.

 

Eppure quante inefficienze, quanti vuoti, quanti bisogni inappagati trovano risposta nella paziente, attenta generosità di singoli e famiglie; ecco la incredibile legione del volontariato, autonomo, silenzioso, ben organizzato e, a volte, persino più carico di entusiasmo che di preparazione idonea, quando è legato alla intraprendenza dei singoli; ma sempre presente, questo volontariato, ovunque, con il coraggio del rischio e con inventiva eccezionale.

Vi ho incontrati, cari volontari, in tutte le città d'Italia, vi ho trovati in tante parti all'estero, italiani giovani e non giovani, anche molto anziani, al servizio delle miserie, del dolore, al servizio di sofferenti di altre terre e di altri popoli.

 

Prima degli auguri, ancora un'osservazione, non secondaria. Parlando al Corpo Diplomatico, per i tradizionali auguri, ho detto tra l'altro: "La politica è anzitutto pensiero, illuminato da ideali che indicano una meta; è pensiero che genera e sostiene un progetto di azioni, dà vita a un programma e a un'opera di convincimento per ottenere adesioni a quel progetto e a ciò che lo anima".

E ancora: "La politica fa sintesi tra volontà, azione, risposta a desideri, a speranze e indica vie strategiche e ne accompagna i passi esecutivi". Per questo, la politica ha bisogno di un'anima: "Il mondo attuale soffre per una grave mortificazione dei valori dello spirito".

 

Allora la politica non può esprimersi in frasi volgari, in denigrazioni personali, insinuazioni, calunnie, veleni. Tutto questo non diventerà mai politica, mai! Questo produce confusione, crea sconcerto, rende faticosi i rapporti umani.

Parliamo, discutiamo, intrecciamo idee, intrecciamo idee e proposte se vogliamo fare politica.

Liberiamoci dall'intreccio tra politica e affari: è il peggiore intreccio che è stato in anni recenti e rimane sempre apportatore di danni gravi.

Gli affari leciti hanno diritto a tutto lo spazio necessario, ma non assurgono, di per sé, a dignità politica, perché non possono confondersi con l'interesse generale. Mescolare le cose vuol dire far uscire la politica dal suo alveo, imbastardirla, degradarla.

 

Anche questo aumenta nei cittadini il senso dell'insicurezza, quasi un timore generico, una preoccupazione di un pericolo indefinito, ma capace di portare pena e turbamento.

Penso che questo timore del domani, che fa sentire incerto il presente e aumenta le ombre sul futuro, che non aiuta a spingere lo sguardo fiducioso in avanti, questo timore del domani, penso, possa anche essere vinto con un intelligente sforzo di collaborazione per una realtà pacata, per creare una convivenza non conflittuale, non esasperata, non avvelenata.

 

Qui vi è anche l'essenziale compito dei mezzi di comunicazione: occorre libertà, occorre dovere di informare, occorre rispetto della verità e rispetto della dignità della persona.

Aumentiamo il nostro senso di responsabilità nelle diversità del pensiero, delle valutazioni, delle proposte e dei progetti; diamo prova di saper dominare le situazioni con saggezza e con forza e non di esserne dominati. Anche questo è impegno ed è augurio. Soprattutto diventa augurio!

 

Buon Anno!

A ogni famiglia, a chi è solo, a chi soffre.

Auguri perché si realizzi la speranza di chi attende lavoro, la speranza di chi attende giustizia, serena ed oggettiva, la speranza di chi attende clemenza.

Buon Anno a ogni cittadino, a ogni straniero che vive e opera tra noi. Buon Anno a tutti gli Italiani nel Mondo.

Un Buon Anno particolare ai bambini, a tutti i bambini; che la loro innocenza non sia mai più ferita da tante violenze, che la loro innocenza non debba mai più soffrire per mancanza di amore.

 

Nei diversi compiti, nelle distinte responsabilità, lavoriamo insieme perché l'Italia superi e vinca difficoltà e ostacoli.

Insieme, perché l'Italia è di tutti e la sua libertà, la sua unità, la sua giustizia, il suo benessere, il suo domani devono stare a cuore a tutti!

Buon Anno!