Palazzo del Quirinale 31/12/1995

Messaggio di fine anno, 31 dicembre 1995

Buona sera. Auguri di Buon Anno a tutti.

Buon Anno sereno, soprattutto sereno, a tutti e a ciascuno.

Auguri ai cittadini di questa nostra bella Patria. Auguri agli ospiti, a chi è qui per studiare, per lavorare, per cercare di vivere. Auguri proprio a tutti!

Vorrei fare un augurio particolare a quelli che vengono qui accendendo speranze. E una cosa vorrei dire: rispettati i diritti dei cittadini che sono diritti primari, ma che vanno d'accordo con i diritti dell'uomo in genere, e rispettato anche quel dovere di ospitalità decorosa, dignitosa, ecco, entro questi limiti, in questa sintesi, l'Italia le porte non le chiude mai. Non le chiude l'Italia dei diritti. Non le chiude l'Italia che è capace di comprendere la speranza dei disperati. Non le chiude l'Italia che ha cuore. Buon Anno, veramente con tanto affetto a tutti!

 

Vorrei il primo augurio farlo,augurio di PACE. Termina il 1995, che ha visto stragi, deportazioni, sangue, tragedie, termina con una speranza di pace. E cosí comincia il 1996.

Si è cessato di sparare nella ex Jugoslavia, si è cessato di sparare in Bosnia. Arafat ha pregato alla Messa di mezzanotte a Betlemme. Me lo aveva detto nell'ultima visita: "Presidente, il Natale lo faremo a Betlemme".

Quindi, la pace, augurio di pace.

Ma, attenzione! La pace viene dopo quattro anni di guerra, viene dopo duecentomila morti, viene dopo tanti bambini disperati nel fisico e nello spirito, viene dopo famiglie distrutte, dopo creature che forse non sapranno mai dire chi fu la loro famiglia. Dove colonne di profughi sono passati dinnanzi a noi alla televisione, presentandoci scene che abbiamo visto altre volte, specie noi anziani.

 

È venuta la pace!

Lo so che si dice in genere, ed è anche spiegabile: voltiamo pagina. Voltiamo pagina, c'è la pace. Voltiamo pagina?

Vi sentite voi di voltare pagina senza vendette, ma di voltare pagina sugli stupri organizzati come una manovra militare, per cambiare la qualificazione genetica di un gruppo?

Vi sentite e ci sentiamo di voltare pagina sui cecchini, che hanno fatto il tiro a segno anche sui bambini? I cecchini che sono, in genere, dei normali assassini ai quali la guerra dà spazio di esercitazione.

Possiamo voltare pagina anche su certe divisioni che urtano e sui temi delle etnie e sui temi, delicati quando sono sentiti davvero, della religione? Che cosa preparano? Chi lo sa...!

Attenzione: ché la pace nasce dall'abbraccio tra la verità e la giustizia. Anche i morti chiedono pace, ma quella vera. La chiede Rabin, che ritorna dinnanzi a noi con la sua figura di guerriero e di guerriero della pace, per la pace e che la pace ha pagato senza sconto alcuno.

 

Allora, grazie a chi ha pagato e chi paga per la pace. Grazie a chi sarà capace... - ed è compito di tutti, anche nostro - a chi sarà capace di mutare il silenzio delle armi in fraternità, in convivenza, perché questa è la ricchezza umana della pace.

 

Grazie dunque a voi, militari d'Italia, che siete giunti da poco nelle terre di Bosnia. Voi nei cieli, voi sui mari, voi che camminate con i vostri mezzi nelle terre dove siete mandati solo come garanti dei diritti e della pace di un popolo che ha tanto sofferto.

Grazie a tutti i nostri militari presenti in tante parti del mondo, solo per servire libertà e pace.

E grazie a voi, familiari; scusate se busso alla vostra porta, familiari dei militari. Il nostro grazie vuole essere partecipazione anche alla vostra trepidazione. Grazie a te, piccolo bimbo di quattro anni, il cui Papà è partito ed è tornato che non ti parla più.

Grazie a te, che porti questa sofferenza e rappresenti tanti altri bimbi; alla tua mamma, che è la sua sposa, ai nonni.

E grazie a tutti i volontari, di tutti i colori, di tutti gli schieramenti, che ci insegnano ogni giorno che cosa vuol dire essere capaci di pensare solo agli altri, senza chiedere questi altri chi sono, in che cosa credono, che storia hanno, solo perché soffrono e chiedono aiuto. Grazie!

 

E ora uno sguardo sereno, ma proprio privo di ogni polemica, su questo anno politico.

Faccio brevemente questa cronaca essenziale, sentendo anche il dovere di riferire, perché io ho preso degli impegni l'anno scorso, in questo stesso dialogo con voi.

Questo anno '95 è iniziato mentre già dal dicembre - il 22 del '94 - si era aperta la crisi del Governo con le dimissioni del Presidente Berlusconi, dopo che la Lega di Bossi aveva tolto la fiducia al Governo del quale faceva parte, rompendo un'alleanza duplice, che era stata con Forza Italia già in campagna elettorale e si era allargata a tutto il Polo, proprio per avere maggioranza governativa, dopo i risultati elettorali.

Non potevo che essere contrario ad un immediato scioglimento del Parlamento. Non potevo fare altro, per un preciso dovere costituzionale. Lo scioglimento anticipato deve essere motivato, altrimenti sconfina in atto di prepotenza che ha il sapore persino di colpo di Stato.

E quali considerazioni mi hanno portato a questa posizione negativa? Anzitutto, la legge maggioritaria: anche se fosse totalmente tale, non giustificherebbe per sé uno scioglimento in quelle circostanze. Ma la legge elettorale politica è ibrida, perché è senza dubbio maggioritaria, ma è anche proporzionale per una parte. Ed è tanto ibrida - lasciatelo dire al Capo dello Stato - che, essendo stata pensata per ridurre il numero dei partiti, quando io feci le prime consultazioni, incontrai dodici gruppi parlamentari. Si disse: "sono troppi, facciamo una legge che li riduca". Adesso sono venti! Lascio giudicare a voi, se avete in casa il pallottoliere!

Inoltre, il Parlamento nato il 27 marzo, il 22 dicembre aveva appena nove mesi di vita, sui cinque anni che sono previsti dalla Costituzione stessa.

Avevamo dinnanzi una diversa presenza delle forze politiche fra Camera e Senato, con la conseguenza di una quasi diversa maggioranza fra i due rami del Parlamento, che rendeva ancora più delicata ed incerta la situazione politica - e l'abbiamo esaminato e visto e provato durante questo anno - specie se si fosse constatato che, prescindendo dal gruppo parlamentare della Lega, idoneo a spostare maggioranze - tanto idoneo che l'ha spostata... - sia il centro-destra, sia il centro-sinistra non erano in grado, di forza loro, di formare una maggioranza capace di dare vita ad un Governo.

 

Ma la ragione dominante, risolutiva, che giustifica uno scioglimento anticipato del Parlamento, sta nella comprovata incapacità del Parlamento stesso di mettere al mondo, di generare un Governo, quantomeno di saperlo e poterlo tenere in vita.

Questo impone il dovere costituzionale al Presidente della Repubblica di svolgere tentativi idonei per accertare se il Parlamento abbia o non abbia questa capacità di mettere al mondo un Governo. E solo se non l'ha il Capo dello Stato è autorizzato, anzi è costretto, a sciogliere il Parlamento.

Per queste ragioni un anno fa dissi che avrei tenuto conto e del dettato costituzionale e del risultato elettorale. Cosí ho fatto, chiedendo al Presidente Berlusconi, dimissionario, una proposta, un nome per guidare il nuovo Governo, che fosse soprattutto di tregua e che si qualificasse solo per le cose da fare. Voi le ricordate...!

La mia proposta, che non aveva precedenti, era ben motivata dalla situazione di eccezione, bisognosa di rasserenamento e di grande collaborazione.

Ci fu intesa e sul nome del Ministro Dini e sulla composizione del Governo, fatto di persone qualificate. La formula precisa fu questa: "svincolati dall'appartenenza a gruppi parlamentari". Anche su questa formula vi fu accordo totale.

Si presentava cosí un Governo, non qualificato da maggioranza precostituita, che avrebbe potuto legittimamente prendere i voti da qualsiasi parte. Ma, attenzione: evidentemente, questo Governo era stato pensato e costituito in modo da garantirsi l'appoggio del Polo e, in particolare, di Forza Italia.

Il Governo nacque, il Parlamento gli diede la fiducia. In pochi giorni, si può dire, la situazione incominciò a deteriorarsi e non fu tregua; senza che, peraltro, nulla fosse stato alterato circa gli accordi che ho poco fa enunciato.

Tutto il resto è storia nota, con interpretazioni, logicamente, diverse, con commenti, naturalmente, diversi e contrastanti.

Ma io vorrei dire una cosa, che è molto personale. Tirando queste somme, io rimango convinto che quell'accordo, che fu preso allora, fra il Presidente uscente Berlusconi e il Capo dello Stato, debba essere scritto oggi nella pagina attiva del bilancio politico del 1995.

 

Però, qui, sí, voltiamo pagina. La voltiamo perché quello che serve è guardare avanti e andare avanti. Però, andare avanti dopo qualche precisazione.

Anzitutto, che il Parlamento - bisogna dargli atto - ha lavorato molto e portato a termine questioni tutt'altro che semplici e di poco conto: dalla manovra finanziaria, alle pensioni, alla legge finanziaria, a una serie di altre leggi, che molti di voi conoscono.

Si può andare avanti, dopo aver preso atto che il Governo ha bene meritato, in mezzo a difficoltà di ogni genere; è stato un motore valido del Parlamento, ha acquistato fiducia in Italia e all'estero e termina il '95 con un bilancio certamente attivo, positivo.

Andare avanti dopo aver preso atto che i sindacati hanno assunto responsabilità decisive per il bene comune e meritano riconoscimento: io sento il dovere di darlo.

E vorrei anche prendere atto che il mondo del lavoro e la grande famiglia dei comuni cittadini hanno dimostrato senso di responsabilità, senso di misura, capacità di sacrificio, di cui è dovere, per ciascuno di noi, per le forze politiche, di tenerne grande conto.

Andare avanti dopo anche aver constatato, con compiacimento, con orgoglio, del considerevole risveglio di diversi settori economici; fenomeno che, qualche anno addietro, ci pareva di non poter neppure sperare.

Vogliamo dire "grazie" a imprenditori, a lavoratori, anche i più umili, tutti essenziali in queste conquiste.

 

Sappiamo e so bene che, purtroppo, la piaga, la terribile piaga, della disoccupazione e della sottoccupazione, specie nelle regioni meridionali, ma non solo in queste, ha raggiunto livelli intollerabili, che impongono interventi forti, mirati, concreti. Attenzione, che questa base di mancanza di lavoro è uno dei punti più pericolosi per seminare quanto di peggio vi è nel settore della criminalità. Sono interventi che hanno bisogno di un'intensa e convinta partecipazione di tutto il Parlamento. Dobbiamo ad ogni costo impedire che si spenga la speranza, soprattutto nei giovani, ma in tutti coloro che attendono lavoro.

Io credo e spero, ma soprattutto credo, che la buona volontà non manchi in nessuno e che questo tema è sentito veramente da tutti; ma la speranza, ad ogni costo, non si può spegnere.

 

Ma, intanto, molti si chiedono: "ma si va avanti? Ma il traghettamento, ma la transizione, dove ci portano? E quando, quando si raggiungerà il porto?".

Cerco di rispondere. È un contributo, non è nulla di certo, di definitivo.

Anzitutto, siamo partiti da anno zero: una falce ha eliminato un'intera classe politica con molti colpevoli certo, purtroppo, ma travolgendo anche non pochi innocenti. Giudizio alquanto sommario, quello politico, attenzione... Attenzione! Tanto che il solo essere stati in passato parlamentari è stato visto molte volte come una colpa, come ragione di esclusione. E questo non è giusto! Attenzione! Il solo termine "partito" è ancora sinonimo di prevaricazione, di colma di interessi privati, settoriali, di centro di divisione del potere.

E nel passato, purtroppo, c'è del vero, molto, forse anche troppo del vero. Ma i partiti hanno pienezza di legittimità nella Carta Costituzionale. Non sono un'invenzione perversa.

Attenzione, quindi, che è vano, è erroneo pensare che una democrazia sia tale senza i partiti, senza la pluralità dei partiti, che possiamo anche chiamare diversamente, ma sappiamo bene di dire la stessa cosa. Se siamo affezionati alle targhe, cambiamo targa, ma non imbrogliamoci da soli...

Che cosa è un partito? Il partito è un'entità che ha un programma e lo presenta, che presenta dei candidati per attuare quel programma; che chiede i voti ai cittadini per quei candidati e per quel programma; che una volta eletti, quei candidati, formano dei gruppi alla Camera e al Senato che sono distinti uno dall'altro. Fanno questo? I partiti di ieri facevano questo? I partiti, i movimenti di oggi fanno questo?

E allora i partiti, queste entità di raccordo fra cittadini e Istituzioni, sono essenziali alla democrazia e devono poter vivere lecitamente alla luce del sole e devono soggiacere a leggi precise per non ricadere nei gravi mali del passato.

E non diciamo, con tanta faciloneria e assenza di buona fede, che tutto ciò nasconde il desiderio di ripristinare il passato. La storia va avanti. E sciocco sarebbe - è! - chi pensa di fermarla. Ma attenzione ai pericoli che possono colpire la democrazia. ... E quella di un partito unico, che si chiamasse in qualsiasi altro modo, non sarebbe certo il pericolo minore.

 

Dunque, c'è molto da ricostruire per una normale vita politica democratica, perché il porto di arrivo è questo: giungere ad una normale vita politica democratica.

 

E, allora, come si può accelerare questa transizione?

Io presento qualche considerazione. Io metterei come prima condizione: occorre che la politica sappia volare alto. No a visioni di parte, di categoria, a meschinità egoistiche. Il politico è chiamato solo per il bene comune e per l'interesse generale. A questo deve tendere, con ogni sforzo e con assoluta trasparenza.

Le Istituzioni dello Stato sono sacre e servono solo al supremo interesse della comunità. Questo Stato laico, che è la casa di tutti, dove ognuno ha diritto e dovere, se lo sente, di rendere testimonianza ai principi nei quali crede. Devono le Istituzioni essere incarnate da chi ne ha le doti di statura, di competenza, di fiducia. E i partiti politici hanno titolo per indicarli, per candidarli: ma solo a quei fini.

 

Perdonatemi un esempio: votare, dieci volte, in Parlamento per eleggere i giudici alla Corte Costituzionale, fa temere il riemergere del presunto diritto o dell'antica preoccupazione di avere nella Corte persona anche eccelsa, ma anzitutto di fiducia del partito, prima che al di sopra di tutto e ad esclusiva difesa della Carta Costituzionale.

Questa Corte Costituzionale, sempre cosí attenta ed elevata sopra le visioni e i pur legittimi interessi di parte, questa Corte ha bene meritato nella difesa serena e ferma della Carta Costituzionale.

Da ultimo, lasciatemi dire un piccolo fatto per me di grande segno. È di pochi giorni la sentenza che toglie l'illegittimità penale al semplice atto di chiedere l'elemosina. È decisione che mi ha commosso, profondamente, perché intrisa di delicata sensibilità umana, che chiama legittimo il bussare del povero a colui che spera voglia aiutarlo.

E torniamo a ciò che ho detto: dunque, anzitutto, una politica che voglia volare alto!

 

Altra considerazione è la collaborazione fra i poteri dello Stato. Si è discusso molto in questi giorni - io ho avuto l'onore di essere presente - sulla collaborazione fra Stato, Regione e Autonomie Locali: è un tema di grandissima importanza; ma voglio riferirmi, in particolare, alla collaborazione fra Parlamento, Governo e Magistratura.

Poche considerazioni.

Il Consiglio Superiore della Magistratura ha dimostrato più volte la forza e il coraggio di intervenire per tutelare indipendenza e autonomia della Magistratura e dei magistrati, e per rimettere sul giusto binario qualche sconfinamento: lo ringrazio!

Ma il compito primario è del Parlamento. Le polemiche fra politici e magistrati e fra magistrati e politici sono tanto inutili quanto dannose. Il Parlamento può e, quindi, deve rispondere alle attese dei magistrati per l'efficienza del loro lavoro, essenziale per la democrazia. Tra l'altro, una giustizia che arriva oltre il tempo utile, non serve, diventa ingiustizia e fa morire nel cittadino la fiducia, mancando la quale, muore lo Stato.

Il Parlamento deve rispondere alle attese dell'Avvocatura, la cui presenza è prova di libertà, di difesa dei diritti dell'uomo, di insostituibile parte del processo e, quindi, parte essenziale per la giustizia.

Il Parlamento deve rispondere alle attese dei cittadini, che hanno diritto ad una giustizia che non possa essere neppure mai sospettata di inquinamento politico. I cittadini hanno diritto a giudici soggetti solo alla legge, secondo lo splendido dettato costituzionale. Hanno diritto di liberarsi da un tal quale timore generico della giustizia, dei giudici, del Codice, dei processi, come un'indistinta paura inquietante e perfino paralizzante.

Dico chiaro che sto pensando ai pubblici amministratori. Sto pensando ai funzionari e a chiunque debba assumere pubbliche responsabilità. Ogni reato deve avere contorni netti e non può esservi un reato come recipiente quasi onnicomprensivo, né l'illecito amministrativo può mutarsi in illecito penale.

 

Questa chiarezza si accorda perfettamente con il riconoscimento, sempre da me riaffermato e convinto, dei meriti storici della Magistratura italiana e nel colpire illeciti gravi della vita politica e nel perseguire, con grandi successi, la sanguinaria piovra della criminalità organizzata. Né questa chiarezza fa dimenticare che ancora oggi, mentre io parlo, vi sono molti magistrati in prima linea a rischio della vita.

Voglio mandare a ciascuno di costoro un augurio e un grazie. E ai loro familiari voglio dire una parola, perché penso di sapere cosa voglia dire, per i familiari, temere continuamente per la vita di un loro caro che è in prima linea.

E un augurio a tutti i magistrati e a tutta la Magistratura, con un augurio che vorrei arrivasse in modo speciale a quei magistrati, forse più semplici, più nascosti, che operano nel silenzio, ma attenti, scrupolosi, coraggiosi, interpreti veri della loro altissima missione. Mentre chiedo a voi e a me qualche secondo, qua dentro, di meditazione, ricordando i Caduti, i nomi noti, quelli meno noti, i magistrati, i collaboratori di giustizia, quelli che hanno lottato scrivendo per la giustizia. Sono tutti qui, vivi per noi, sono vivi con noi.

 

Un'altra considerazione. La democrazia vive di garanzie, di contrappesi che assicurino lo spazio alla maggioranza e alla minoranza. E queste garanzie devono essere scritte. Devono essere scritte!

Un'ultima condizione perché il traghettamento prosegua deciso: non si può vivere, giorno dopo giorno, senza che la gente comprenda la strategia di un percorso e la indicazione di tappe essenziali alla vita democratica. Non è cosa facile, certo, ma deve essere possibile, se vogliamo che il popolo ci segua, che i cittadini ci seguano.

La gente ha diritto di conoscere e di comprendere, per poter partecipare. Non si tratta di invadere le prerogative del Capo dello Stato. Si tratta di volontà politica, di messaggio politico.

Ne ho parlato con i vari responsabili politici nel primo semestre di questo anno, facendo presente che far conoscere in tempo la data delle elezioni o almeno la scadenza, sette o otto mesi prima, avrebbe avuto buone ripercussioni anche sul piano internazionale.

Ne parlai esplicitamente, nello scorso settembre, a Pistoia, precisando che la situazione politica non avrebbe potuto proseguire oltre il primo semestre del '96. Questa ipotesi ebbe dapprima largo consenso tra le forze politiche, ma poco dopo tornò nel silenzio e, quindi, nell'incertezza.

Ho ritenuto di fare questa precisazione, perché il sistema di scaricare le responsabilità sul Capo dello Stato non ha alcuna parentela con la verità, anche se è un sistema molto comodo, ma molto poco morale.

Il Capo dello Stato, come è suo dovere, richiama i partiti e i movimenti politici ad assumersi le proprie responsabilità di fronte agli elettori, ricordando ciò che è essenziale ad una vita democratica corretta: anzitutto, chiarezza nel dire ciò che si pensa, quindi, garanzie per ogni parte politica e scadenze precise e conosciute.

 

In questa settimana si è aperto un dialogo tra i partiti: ne sono grato a chi lo conduce e a chi vi partecipa. Ne sono grato!

Vorrei dire, con tanto rispetto, a tutti i politici: "Non stancatevi mai di dialogare. Anche se, a volte, non si raggiunge lo scopo desiderato, non stancatevi mai. Dialogo è civiltà politica, è utile per la partecipazione della gente, è sempre un fatto costruttivo, purché sia vero, mai sia furbo, sia dialogo veramente umano".

Fra qualche giorno, il dibattito alla Camera sarà l'occasione giusta per far conoscere la precisa volontà delle forze politiche e per trovare un'indicazione comune o largamente maggioritaria, che sia chiara per la pubblica opinione e utile per le responsabilità del Capo dello Stato.

E poiché è tornata viva la discussione sulle riforme costituzionali... - permettetemi di aggiungere, discussione che ha largamente superato il decennio - il Parlamento, prima di ogni altra cosa, affronti questo tema per esaminare se vi siano sufficienti volontà politiche e se vi siano idonee condizioni.

 

Tutti questi temi ci riconducono alla persona umana: inizio e scopo della politica vera, che pensa alla polis. Ci dà il vero contenuto della politica: politica è, soprattutto, umanesimo, è preoccupazione per l'uomo, impegno ad oltranza per l'uomo che soffre, che attende i suoi diritti, che ha diritto di non sentirsi solo ed emarginato.

 

Di questo umanesimo ha tanto bisogno l'Europa. E l'Italia in questo semestre può e deve donarglielo: l'Italia della cultura, dell'arte, della socialità, della fraternità, l'Italia con i suoi valori. E insieme, certamente, l'Italia deve portare all'Europa la sua rinnovata fede con il più convinto impegno di giungere, un giorno non lontano, all'Europa politica, unica via di pace.

Europa chiama Italia! Non chiama una parte più ricca o più forte, chiama Italia, una e indivisibile. Perché o risponde l'Italia tutta o non risponde nessuno!

Ed è urgente, è essenziale la formazione a cittadini europei. Il grande tema della scuola, che è insostituibile per il benessere pieno e il progresso di un popolo. Quanto lavoro attende, quante attese di insegnanti, di docenti, di famiglie, di studenti, che, a gran voce, chiedono che si intervenga. E dobbiamo ascoltarli.

La scuola ha anche la capacità e la possibilità di fare in modo che si sia cittadini di Europa, perché cittadini di Italia.

 

E il pensiero e l'augurio va, quindi, agli italiani già presenti ed operanti in tanti paesi di Europa, portatori di cultura, di arte, di lavoro, di fatica e di sacrificio.

Pensiero e augurio a tutti gli italiani nel mondo, essendo presente e vivo in me, insieme alle loro legittime attese, il ricordo di ineguagliabili incontri in paesi di Europa, di Asia e dell'America Latina, in questo anno. E un grazie commosso per la loro testimonianza di italianità.

 

* * *

 

2 giugno 1996: cinquant'anni! Cinquant'anni da quel 2 giugno '46 che mi portò, a 27 anni, all'Assemblea Costituente. Ricordi... Quanti indiscussi maestri in quel consesso, dove fu per me altissimo onore essere allievo.

2 giugno '46: nasce la Repubblica, si afferma la libertà pagata con tanto sangue, si inizia a scrivere la grande pagina dei diritti dell'uomo.

E il 1° gennaio '98 compirà cinquant'anni la nostra Carta Costituzionale. Sarebbe grande cosa se quell'anno vedesse anche il compimento delle riforme, che auspicai nel discorso del mio insediamento, oltre tre anni addietro.

 

Auguri, dunque, per l'anno che ci attende.

Auguri ai servitori dello Stato, dai più alti, ai più umili, ai più nascosti. Soprattutto, a quelli ai quali il grazie non arriva mai.

Auguri alle Forze dell'Ordine, fatte di dedizione, di sacrificio. E un pensiero grato e commosso ai loro Caduti e ai familiari, che hanno piaghe che non si rimarginano.

Auguri a tutti i cittadini che operano cose buone. Quante notizie di opere buone nel silenzio, cittadini capaci di sacrificio e di amore.

Auguri a voi, giovani. Auguri! Io penso che voi possiate credere che noi siamo presi dai vostri problemi, prima per dovere di coscienza che per dovere di ufficio. Ma auguri anche perché impariate presto che cosa è la libertà e siate pronti a pagarla tutti i giorni, perché ogni giorno può indebolirsi e ogni giorno, per chi la paga, può rafforzarsi.

Auguri ai più anziani, perché non si sentano inutili e di impiccio.

Auguri a chi soffre ed è pieno di speranza e a chi le speranze non le ha, che non si senta solo!

 

Finisce cosí. Vi vorrei fare una confidenza mentre chiudo.

Si spegne il '95, cosa vi confido? Che dentro di me non si spegnerà mai il silenzio orante della Moschea di Roma. Dentro di me non si spegnerà mai quella sete di verità a cui ho partecipato alla Facoltà Teologica Valdese. Non si spegnerà mai il salmodiare dei rabbini al ricordo dei deportati, dell'Olocausto. Non si spegne la voce del Pontefice di Roma.

Si disse di Frate Francesco "non orans sed oratio factus": non è più un uomo che porta annunzio, è diventato, il Pontefice di Roma, annunzio e preghiera per tutti di verità e di pace. Grazie Giovanni Paolo II.

Non si spegne la riconoscenza di tante preghiere e tanta solidarietà nascosta i cui volti e i cui nomi io non conoscerò mai.

Quanto bisogno c'è di infinito nell'uomo. E quanto bisogno di ciò che non finisce, di eterno, di cose che non tramontano.

Abbiamo superato difficoltà, tante, ma le abbiamo superate. Ne avremo delle altre. Mi consentite che, per parte mia, io possa dire grazie alla Provvidenza di Dio, per l'aiuto che mi ha dato.

 

Accendiamo, allora, ciascuno la luce della speranza del nostro animo e incamminiamoci per il 1996.

Accendiamola anche per quelli che non hanno olio o non hanno più la volontà di usarlo.

Non ho dubbio che ce la faremo. Non ho dubbio che questo popolo forte, capace, con delle risorse immense, ce la farà.

Non ho dubbio! Se saremo uniti, se cammineremo insieme, se saremo capaci di pagare insieme, uniti e forti per l'Italia: non ho dubbio che ce la faremo!

Buon Anno!