Ringrazio il Maestro Jakub Hrůša e l’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia che, tra poco, ci offriranno uno splendido momento.
Grazie a Roberto Bolle che – insieme alla bravissima Virna Toppi - dona al Quirinale, in una “prima” eccezionale, l’espressione artistica del balletto.
Desidero ricordare, in questa occasione, una grande figura della cultura italiana, Carla Fracci, che, con le sue straordinarie doti, ha reso lustro al mondo della danza a livello internazionale.
Rivolgo un saluto ai presenti e a quanti seguiranno questo evento attraverso la radio, la tv, la rete del web.
Celebriamo una ricorrenza particolarmente importante: settantacinque anni or sono il popolo italiano, lasciandosi alle spalle le tragedie della dittatura e della guerra, scelse la Repubblica.
Sono particolarmente lieto di condividere la Festa degli Italiani con gli Ambasciatori accreditati, rappresentanti dell’amicizia che lega i loro Paesi all’Italia.
Il progresso realizzato dalla Repubblica Italiana in questi settantacinque anni è stato straordinario. Ci ha accompagnato una condivisione di valori e di prospettiva con le numerose nazioni con le quali abbiamo cooperato.
E’ questa dimensione del multilateralismo - radicata nella nostra Costituzione - che ha espresso l’autentica vocazione del nostro Paese: contribuire a realizzare un mondo in pace, in cui i diritti della persona e dei popoli trovino piena attuazione, secondo regole assunte dalla comunità internazionale.
Si tratta di diritti inalienabili e indivisibili. Ogni atto di forza contro di essi danneggia la causa della pacifica coesistenza e del sereno sviluppo di relazioni basate sul diritto internazionale.
La concezione di un bene comune, più importante di ogni particolarismo, ci ha portato ad essere convintamente parte della Unione Europea, elemento imprescindibile della nostra stessa identità nazionale.
La terribile esperienza della pandemia e dei suoi effetti ha reso evidente la profonda interdipendenza dei destini dei nostri popoli: soltanto efficaci forme di coordinamento si sono dimostrate utili per contrastarla e sconfiggerla.
Questa cooperazione è chiamata a sostenere le opportunità offerte da una nuova stagione di ripresa e rinascita, civile ed economica. Un nuovo inizio per una comunità internazionale che voglia affrontare con successo le sfide della sostenibilità dei modelli di vita e della lotta alle disuguaglianze.
Mi permetto di invitare, a questo fine, a trovare le tante ragioni di un impegno condiviso, che non attenua le differenze, ma unisce gli sforzi di tutti contro i nemici dell’umanità.
La nascita della Repubblica Italiana, nel 1946, segnava anch’essa un nuovo inizio: la edificazione di una casa comune, basata sulla libera sottoscrizione di un patto di cittadinanza da parte dei cittadini e, per la prima volta, delle cittadine.
Sulle macerie il popolo italiano, i popoli d’Europa, i popoli del mondo, si proposero di non ripetere gli errori del passato. Non sempre ci siamo riusciti.
Ma la spinta alla rinuncia della guerra, come strumento di risoluzione delle controversie internazionali, è stata allora, e rimane, robusta e forte.
E’ un disegno incompiuto, per il quale moltiplicare gli impegni comuni.
Con questa convinzione e in questa prospettiva auguro a tutti buona Festa della Repubblica Italiana.