Signor Presidente, caro Borut,
Signori sindaci,
Autorità,
Cari concittadini sloveni e italiani,
è con sentimenti di vivissima riconoscenza che ricevo oggi l’onorificenza al merito straordinario, concessa dal Presidente della Repubblica di Slovenia. È un onore di cui ringrazio molto il Presidente Borut Pahor e la Repubblica di Slovenia. E mi fa piacere ricordare che il Presidente Pahor ha ricevuto, nel 2014, dal mio predecessore, il Presidente Napolitano, il Gran Cordone al Merito della Repubblica Italiana.
L’onorificenza che ricevo rappresenta un attestato dell’amicizia della quale il Presidente Pahor mi onora e che ricambio intensamente.
Nel corso di questi anni abbiamo avuto molte volte occasione di ritrovarci insieme per scambiare idee, per approfondire i temi di interesse reciproco, per consolidare i rapporti bilaterali e per le tante iniziative che legano Lubiana e Roma nel contesto delle comuni istituzioni europee.
Questa onorificenza segnala un cammino: quello che anche il Presidente Pahor e io abbiamo percorso in questi anni, senza esitazioni, per giungere a un definitivo superamento delle incomprensioni del passato e per costruire insieme un futuro di ancor più intensa e feconda collaborazione.
Senza voler costringere il dibattito – soprattutto quello autenticamente di livello storico – entro lo spazio sottile di letture di parte, sfuggendo, contemporaneamente, alla tentazione di accantonarne le pagine più aspre e scomode.
Costruire una memoria condivisa vuol dire accettare le responsabilità, ripercorrere la storia affrontando con rispetto, con approccio rigoroso e scientifico le vicende dolorose patite dalle popolazioni di queste terre.
Grazie Presidente Pahor, grazie caro amico Borut.
È la storia delle aree di confine in Europa a parlarci di drammi e tribolazioni indicibili che hanno spesso caratterizzato il Novecento e al cui superamento ha saputo contribuire, nel secondo dopoguerra, il coraggio di costruire gradualmente una nuova unità spirituale del continente europeo.
I Balcani e l’Italia sono l’esempio di come sia possibile guardare insieme a un orizzonte condiviso, nella comune appartenenza alla famiglia europea.
Poco più di un anno fa il centesimo anniversario del rogo del Narodni Dom ci ha offerto l’occasione – malgrado il perdurare della pandemia – di vederci a Trieste. Lì abbiamo parlato di cultura e di come evitare che le tragedie del passato possano essere colpevolmente utilizzate; per superarle, invece, congiuntamente, nel segno del rispetto e della comprensione.
Per andare oltre le conseguenze di una guerra lacerante che dietro di sé lasciava un paesaggio caratterizzato da violenza e dall’angoscia della lotta per la sopravvivenza.
Di cultura torniamo a parlare oggi, per rendere omaggio a queste due belle e dinamiche città di Nova Gorica e Gorizia.
Candidandosi congiuntamente a ospitare gli eventi della rassegna Capitale Europea della Cultura 2025, le due Amministrazioni comunali hanno saputo dimostrare come sia possibile interpretare al meglio le ragioni profonde che sono alla base del processo di integrazione europea.
Il confine – questo confine - torna ad essere un elemento di scelta di unione laddove un tempo “tagliava” il tessuto di una realtà urbana unitaria, ancorché appartenente a due Paesi diversi.
Un confine che da frontiera di divisione si trasforma in elemento di raccordo e di collaborazione, punto di incontro e di aggregazione capace di generare nuove idee, di essere moltiplicatore di iniziative, capace di far crescere insieme.
Nel percorso che le condurrà al 2025, Gorizia e Nova Gorica saranno la vetrina dell’autentico spirito europeo, realizzando programmi e iniziative che potranno, tutte, giovarsi del pluralismo culturale che rappresenta una delle caratteristiche più attraenti di queste terre.
L’assegnazione unitaria alle due città del titolo di Capitale Europea della Cultura conferma che la diversità culturale non è un tratto che distanzia e separa, ma un valore che arricchisce questa realtà e chi in essa vive, chi la osserva, chi la frequenta, chi la rispetta e chi l’ammira.
Sono certo che molti, moltissimi saranno i visitatori che, attirati da questi elementi, si accosteranno a questi luoghi.
Caro Presidente Pahor,
l’esperienza, di cui nel 2025 Slovenia e Italia saranno congiuntamente protagoniste, contribuirà senz’altro all’ulteriore consolidamento dei già strettissimi legami che ci uniscono, grazie anche al prezioso concorso delle rispettive comunità di cittadini sloveni di lingua italiana e di cittadini italiani di lingua slovena.
Non coglieremmo però appieno tutte le opportunità che questa occasione dischiude se limitassimo lo sguardo ai nostri Paesi e agli altri che già hanno raggiunto il medesimo traguardo e sono parte dell’Unione.
Il processo di integrazione continentale non sarà infatti completo fino a quando i Paesi dei Balcani occidentali non potranno condividere tutti la nostra stessa prospettiva.
Per storia, per cultura, per valori, essi sono parte costitutiva dell’Europa, che è culla del loro passato e orizzonte del loro futuro.
Slovenia e Italia avvertono insieme, pienamente, la responsabilità di sostenere le aspirazioni dei nostri vicini e di accompagnare i processi di riforma che stanno perseguendo in risposta alle istanze profondamente sentite dai loro popoli.
Non ci nascondiamo quanto impegnative siano le complessità da sormontare sul cammino della integrazione.
Ma sono superabili!
E non giustificano esitazioni da parte dei 27 o inversioni di rotta da parte dei Paesi dei Balcani occidentali.
Signor Presidente, caro amico Borut,
ricordo con grande intensità il nostro primo incontro, a Lubiana nell’aprile del 2015, proprio all’inizio del mio mandato.
Oggi l’essere qui insieme a Gorizia e Nova Gorica sottolinea come il cammino percorso sia stato fecondo di frutti di amicizia e di cooperazione.
Nova Gorica e Gorizia, che con tanto calore ci accolgono, hanno dato vita a un’iniziativa di alto profilo sociale, culturale e politico.
Un’iniziativa destinata a irrobustire ulteriormente quel sentimento di cittadinanza europea così importante per il futuro dei nostri popoli, dei nostri giovani e dell’intera Europa.
Grazie, caro amico Presidente.