Palazzo del Quirinale 09/12/2021

Intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione della cerimonia in occasione della Giornata nazionale della Montagna

Rivolgo un saluto ai Ministri, al Direttore generale della FAO e a tutti i presenti.

Ringrazio coloro che sono intervenuti.

Vorrei sottolineare anch’io come l’evidenza con cui si è intesa celebrare quest’anno la Giornata della Montagna merita apprezzamento.

Rappresenta un’attestazione di come sia cresciuta, a livello globale, la consapevolezza del ruolo rivestito dai territori montani per preservare la biodiversità e per difendere le risorse naturali nella grande partita che si sta giocando sul futuro del pianeta.

Tra i profili sotto i quali si possono valutare le difficoltà di percorso e le ambizioni per una ripresa efficace, che sappia contrastare gli effetti della pandemia, quello dei territori montani si presenta come particolarmente significativo.

È negli spazi alpini e appenninici di ogni zona montana che emergono con straordinaria puntualità sia i disagi derivanti dall’essere “periferie”, sia le disuguaglianze nell’accesso ai servizi pubblici essenziali, tali da manifestare - come ha poc’anzi ricordato la Ministra Gelmini - una vera e propria questione di garanzia di diritti di cittadinanza per gli abitanti di queste aree.

Il dibattito pubblico su questi temi sembra, talvolta, in difficoltà nel cogliere il cuore del problema.

Il dovere della Repubblica di garantire i diritti di cittadinanza nelle aree cosiddette marginali rappresenta un tema che unisce, necessariamente, le sorti delle periferie urbane e quelle delle aree rurali e interne, delle montagne; in un’epoca in cui, paradossalmente, assistiamo alla ritirata della presenza umana da quelle che sono le aree verdi per eccellenza del pianeta.

Una sfida che dobbiamo raccogliere nel processo di ripresa in questa fase della vita del nostro Paese.

Si tratta del tema dei luoghi “pieni” e dei luoghi “vuoti”.

Ne ha parlato poc’anzi Daniela Falconi, prima cittadina di Fonni, sottolineando due condizioni che pongono il rischio di marginalità: l’insularità e la montanità.

Tanti sono i vuoti. A partire da quelli raddoppiati in questa condizione perché mostrano i segni dei terremoti degli ultimi anni lungo l’arco appenninico.

Occorre, quindi, porsi il problema di una ambiziosa riprogettazione che, accanto alle spinte alla rigenerazione urbana nelle grandi città, assuma la questione del riabitare alcune zone d’Italia. Con attenzione - vorrei dire -  soprattutto, ai “vuoti”.

Fare riabitare significa riabilitare e, talvolta, realizzare le indispensabili infrastrutture, ambientali e sociali.

Innovazione, sostenibilità, sono percorsi essenziali per il nostro futuro.

Non possiamo immaginare un futuro in cui il ruolo chiave nella trasformazione del Paese tocchi soltanto agli abitanti di alcuni territori.

Interdipendenza e integrazione sono, al contrario, ricette indispensabili per affrontare le difficoltà che la vita contemporanea presenta, a partire dalla gestione della pandemia.

Poc’anzi Magda Ciullo ne ha dato testimonianza, partendo della sua esperienza ad Edolo e dal Manifesto Internazionale dei giovani per la Montagna.

La carenza di trasporti pubblici, di servizi sanitari e di servizi educativi, di posti di lavoro qualificati, determina un trasferimento di popolazione il quale, a sua volta, provoca il venir meno degli standard minimi per la persistenza di servizi sul territorio e dunque produce una spoliazione ulteriore, sino all’esaurimento.

Eppure la fruizione di alcuni di questi servizi è tutelata costituzionalmente; e l’art. 44 della Costituzione richiede attenzione alla montagna.

Il Piano nazionale di ripresa e resilienza - come ha detto poc’anzi la Ministra Gelmini - intende essere strumento di un approccio nuovo, così come lo è la predisposizione di una nuova legge organica sulla montagna che non dimentichi l’aspirazione a un governo locale autonomo delle popolazioni, a suo tempo sancito da una legge del 1971.

I valori vissuti nelle aree montane - solidarietà, sobrietà e spirito comunitario nel gestire le risorse, amore per la libertà -  sottolineano l’esistenza di una cultura varia eppure omogenea, alla quale la comunità nazionale attenta guarda con sentimenti di ammirazione.

Ai sindaci qui presenti rivolgo l’invito a trasmetterli idealmente ai loro concittadini: a loro, ai loro sacrifici quotidiani, dobbiamo la conservazione di questo bene indispensabile e altrettanto inestimabile.

La montagna oggi può essere un modello di economia sostenibile al quale guardare e i cui equilibri vanno gestiti con saggezza.

Il nostro Paese, nel tempo, ha saputo mettere in campo scelte positive: penso alla legge sui Parchi, approvata dal Parlamento giusto trent'anni anni addietro, che ha rappresentato uno strumento importante per preservare la identità dei nostri territori. Penso anche al Testo unico in materia di foreste del 2018: si tratta di implementare con coraggio le norme tese a promuovere il nostro patrimonio forestale, nell’ambito delle iniziative assunte anche a livello europeo.

È un capitolo significativo, anche in direzione della lotta ai cambiamenti climatici.

Il futuro delle genti di montagna - e dei territori in cui essi vivono - è legato alla capacità di saper sfuggire da un lato alla omologazione, dall’altro alla contemplazione di ciò che si è stati. Di guardare, invece, coraggiosamente, alla costruzione di un presente che metta a fattor comune tutte le risorse, anche quelle sin qui trascurate, dall’agricoltura, alle energie alternative, alla gestione forestale, alla creazione di filiere produttive locali.

Ma, accanto a tutto questo, occorre comprendere come la strada della formazione e della ricerca sia quella che permette di pensare alle zone montane come luoghi di produzione al tempo del digitale. Circostanza questa destinata a mutare radicalmente le modalità di accesso ai processi di innovazione e di partecipazione.

Goethe ebbe a definire i nostri monti “Maestri muti che fanno discepoli silenziosi”.

Dobbiamo confidare che questi siano numerosi e operosi.

Auguri.