INTERVENTO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO
ALLA FIERA DEL LEVANTE
Bari - 14 settembre 2006
La mia visita di oggi e domani, a Bari e a Lecce, mi offre l'occasione di incontrare la Puglia - regione che pure ben conosco - nelle sue nuove rappresentanze istituzionali e nelle sue complesse problematiche e dinamiche attuali. E vi ringrazio per i contributi di conoscenza che da voi mi sono stati offerti, anche nella fase di preparazione di questa visita, e per gli stimoli che posso trarne ai fini di una riflessione più generale su temi da mettere a fuoco e affrontare nell'interesse del Mezzogiorno e del paese.
Come sapete, mi sono legato a Bari e alla Puglia attraverso esperienze di vita politica che mi hanno permesso nei decenni trascorsi di esplorarne ampiamente le molteplici realtà economiche e sociali e la complessiva ricchezza di tradizioni, di risorse e di capacità di sviluppo.
E a Bari e alla Puglia sono rimasto legato da una forte impronta di affetti famigliari e di amicizie politiche e culturali, dalla suggestione, anche, che su di me hanno esercitato grandi figure del movimento operaio e della politica nazionale dell'Italia repubblicana, da Giuseppe Di Vittorio ad Aldo Moro.
Né posso dimenticare di essere stato eletto in Puglia al Parlamento nazionale, anche se sempre optando per Napoli, e di averla rappresentata, insieme con le altre regioni del Mezzogiorno, al Parlamento europeo.
Questo è stato d'altronde sempre un luogo cruciale del movimento di idee e dell'azione politico-sociale per le riforme e le politiche volte al superamento dello storico divario, e dualismo di sviluppo, tra Nord e Sud. Impegno, quest'ultimo, che io non posso ora - come rappresentante e garante dell'unità nazionale - non considerare sempre vivo e inderogabile.
Preoccupano a questo proposito i dati già ampiamente analizzati - in modo particolare nel rapporto Svimez 2006 - da cui risulta il recente regresso del Mezzogiorno, nel quadro delle difficoltà incontrate dall'economia italiana nel suo insieme. I giudizi sulla validità ed efficacia degli approcci seguiti e dei tentativi portati avanti nel corso dell'ultimo decennio possono essere diversi. Ma il fatto che essi non abbiano prodotto risultati più durevoli, innescando una strutturale e non transitoria inversione di tendenza nel rapporto tra Nord e Sud, può forse giustificare forme di scetticismo rinunciatario, di liquidazione dell'impegno perseguito a partire dagli anni '50 nell'Italia repubblicana, sia pure attraverso forti contrasti di opinione e numerosi alti e bassi ; può forse giustificare forme di rimozione di quella che è stata da oltre un secolo identificata come questione meridionale? Si tratterebbe di una assurda distorsione e di una fuga dalle responsabilità.
Sia il Mezzogiorno che l'intero paese sono grandemente cambiati nei passati decenni ; e sono ora chiamati a fare i conti con un contesto radicalmente nuovo sul piano mondiale, in termini economici, tecnologici, demografici, culturali. Essi debbono dunque saper fronteggiare esigenze di ulteriore e più profondo cambiamento : ed è questa la consapevolezza che ho colto nell'intervento del Presidente Vendola, così fortemente incentrato sui temi dell'innovazione nel senso più ampio del termine. L'essenziale è comprendere che le sempre più ardue prove della competizione globale richiedono la valorizzazione di tutte le energie e potenzialità di cui l'Italia dispone, dal Nord al Sud, la convergenza di tutti gli sforzi ; senza cedere a contrapposizioni fuorvianti. Non ha senso rimuovere i problemi di un nuovo sviluppo del Mezzogiorno o cancellare l'espressione "questione meridionale" come esempio di vecchia retorica, e coltivare la nuova retorica della "questione settentrionale".
Dare risposte a esigenze reali di intervento pubblico a sostegno della crescita e della competitività delle aree più sviluppate e dinamiche del Nord del paese, dev'essere parte della stessa visione e linea di politica nazionale rivolta a mettere in valore le risorse, le riserve potenziali del Mezzogiorno. Le idee circa le strade da prendere, circa le scelte concrete da compiere, possono venire solo dal governo e dal Parlamento, in un rapporto aperto e intenso con il sistema delle autonomie e con le parti sociali e in una feconda dialettica tra maggioranza e opposizione. Mi sembra tuttavia giusto raccogliere l'importante contributo di indicazioni e proposte per lo sviluppo del Mezzogiorno che è venuto non da un particolare schieramento politico ma da un insieme di soggetti altamente rappresentativi politicamente e socialmente : i presidenti delle Regioni meridionali, senza distinzione di parte, il presidente della Confindustria, i segretari generali delle maggiori Confederazioni sindacali.
Le principali linee direttrici che in quel documento sono state formulate, in termini concreti e non genericamente - una fiscalità di vantaggio per il Mezzogiorno, un nuovo sistema dei trasporti e delle infrastrutture, le politiche volte a far leva sui sistemi urbani come motori per lo sviluppo, una svolta verso la società della conoscenza - presentano un evidente interesse nazionale. E non occorre sottolineare la valenza sociale, le ricadute sociali delle scelte sollecitate dalle Regioni meridionali e dalle rappresentanze industriali e sindacali. E' ad indirizzi di politica economica come quelli così delineati che resta legato, soprattutto, un effettivo innalzamento dei livelli di occupazione in Puglia e nel Mezzogiorno. Più lavoro e in particolare più lavoro legale e garantito, contro fenomeni di spaventosa regressione che calpestano i diritti e mettono in pericolo la vita dei lavoratori.
Esistono ragioni di non retorica fiducia : specie nella prospettiva, ormai tangibile, di una nuova centralità del Mezzogiorno come grande incrocio fra la crescita e l'espansione delle maggiori economie asiatiche e lo sviluppo dell'Europa unita. In questo scenario, il Mezzogiorno d'Italia diviene un punto di forza per l'intero nostro paese, un'opportunità da cogliere creando nello stesso Mezzogiorno le condizioni necessarie perché ciò sia possibile, sul piano delle infrastrutture e delle piattaforme logistiche come sul piano dell'ambiente civile. E nulla più dell'originaria e costante ispirazione della Fiera del Levante contiene in sé questa proiezione mediterranea delle nostre regioni meridionali.
Anche a questo proposito cogliamo ragioni di fiducia nel ruolo che l'Italia ha assunto e che le è stato riconosciuto dinanzi alla tragica crisi del Libano e ai fini di un rilancio dell'impegno europeo per la pace in Medio Oriente e per la collaborazione tra le due sponde del Mediterraneo.
A un forte senso del carattere nazionale unitario dello sforzo di cui l'Italia ha bisogno nella fase di trasformazione mondiale che stiamo vivendo, deve egualmente ispirarsi il confronto per larghe intese sui temi istituzionali oggi all'ordine del giorno, e in modo particolare sul tema degli sviluppi da dare all'indirizzo federalista sancito nella Costituzione con la riforma del suo Titolo V. Attuare le prescrizioni dell'articolo 119 in chiave di federalismo fiscale è compito urgente e ineludibile, nel tempo stesso in cui si verifica la possibilità di soluzioni condivise per quel che riguarda la correzione, in alcuni punti, della legge di riforma del 2001. E' auspicabile un concorde riconoscimento della necessità di intendere l'evoluzione federalista della forma di Stato in senso effettivamente e conseguentemente cooperativo e solidale, secondo lo spirito della Carta costituzionale del 1948 e anche della legge di revisione del suo Titolo V. Si tratta di una necessità più che mai corrispondente all'interesse complessivo del paese, che potrebbe solo ricevere danno da una disputa divisiva tra le Regioni, da una distorsione del modello che ne prevede la responsabile e virtuosa competizione e non la negazione di principi di equilibrio e solidarietà che garantiscano piena considerazione delle specifiche condizioni e difficoltà del Mezzogiorno.
Ai fini di una corretta utilizzazione delle risorse pubbliche e di una più alta capacità di realizzazione delle politiche e dei programmi di sviluppo, s'impone, ormai, anche un'attenta rivisitazione dell'architettura dei livelli istituzionali via via sovrappostisi : e ho apprezzato i segni di disponibilità manifestatisi in questo senso nell'intervento del Presidente Divella. Vanno seriamente considerate innegabili esigenze di razionalizzazione e semplificazione, di fronte a duplicazioni e confusioni di responsabilità e di poteri, a moltiplicazioni di istanze decisionali e di enti derivati e quindi di incarichi elettivi e non elettivi retribuiti in modo ingiustificato. Combattere fenomeni di spreco da congestione istituzionale e in special modo di dilatazione del costo della politica, è parte importante del discorso sull'efficienza dell'azione di governo e amministrativa in particolare nel Mezzogiorno.
Il mio è dunque un appello alla più leale cooperazione istituzionale, tra governo nazionale e sistema delle autonomie, tra Regioni del Nord e del Sud, tra governi regionali e governi locali, così da realizzare le sinergie di cui c'è acuto bisogno per il rilancio del nostro paese e del suo ruolo in Europa e nel mondo. Questo significa oggi far vivere il valore e l'imperativo dell'unità nazionale.
Delle sinergie di cui parlo si comprende bene anche in Puglia l'importanza, come condizione per definire e portare avanti progetti di sviluppo infrastrutturale e produttivo, scientifico, culturale e turistico, capaci di valorizzare le risorse e le potenzialità di questa regione : si tratti di nuovi settori industriali o di sistema agro-alimentare, di energia, di ricerca e innovazione tecnologica, o di patrimonio storico-artistico. Le realtà più avanzate e i punti di eccellenza di cui già disponete e che mi propongo di osservare più da vicino in questi giorni debbono sprigionare tutta la loro forza di esemplificazione e di trascinamento.
Rivolgo in conclusione un saluto particolare al Sindaco Emiliano e alla città di Bari, cui ho questa mattina l'onore di consegnare la medaglia d'oro al merito civile concessa in riconoscimento del tributo di sofferenze e di vite umane pagato nella seconda guerra mondiale, fino al tentativo generoso di riscatto dei primi moti di libertà e d'indipendenza del 1943. Bari è la città che accolse poco dopo, nel gennaio 1944, quel primo "Congresso dei partiti uniti nei Comitati di Liberazione nazionale" che rappresentò un ponte ideale fra le tradizioni di lotta e di sacrificio dell'antifascismo e le difficili prove del risorgere della politica in condizioni democratiche. Si gettarono così le basi di una nuova Italia - come disse Benedetto Croce - "più consapevolmente e accortamente liberale che non fosse nel passato", di una nuova Italia come parte integrante di una nuova Europa. Quella Europa che ancora lavoriamo a costruire.