Intervento del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
alla Conferenza sulla famiglia
(Firenze, 24 maggio 2007)
Ho accolto volentieri il cordiale invito del ministro Bindi, perché vedo in questa Conferenza una iniziativa di interesse generale e di rilievo istituzionale : l'occasione non solo per illustrare orientamenti e obbiettivi dell'azione di governo ma per chiamare tutte le componenti della società italiana a un impegno che oggi ancor più di ieri appare ineludibile. Parlo dell'impegno a favorire e sostenere la piena affermazione dei valori, delle risorse, delle missioni della famiglia.
E', come sapete, un impegno già sancito, sessant'anni orsono, nella Costituzione repubblicana, in quella sua prima parte che non è stata mai messa in questione da nessuno schieramento politico, che può dunque ritenersi sempre condivisa, e che di certo gli italiani hanno mostrato, nel referendum dello scorso anno, di voler mettere al riparo da ogni rischio di manipolazione insieme con gli equilibri istituzionali su cui si regge l'ordinamento della Repubblica.
Il richiamo alla stagione dell'Assemblea costituente eletta il 2 giugno 1946, in uno con la scelta tra monarchia e repubblica, rappresenta più che mai una fonte preziosa di ispirazione e riflessione, in quanto richiamo a un esempio ineguagliato di sintesi politica sostenuta da un profondo retroterra di riferimenti culturali e di analisi sociali. E' quel che conferma anche il rinvio alla gestazione degli articoli sulla famiglia.
Si confrontarono allora diverse scuole di pensiero, anche e in particolare storico-giuridico, che confluirono, non senza contrasti e riserve, in quella formulazione sulla famiglia come società naturale fondata sul matrimonio, che già nel dibattito in Costituente si prestò a diverse interpretazioni. Uno dei maggiori protagonisti del dibattito, l'on. Aldo Moro, sostenne con la sua inconfondibile finezza e misura, che non si trattava di una definizione ma di una norma volta a segnare "la sfera di competenza dello Stato nei confronti di una delle formazioni sociali alle quali la persona umana dà liberamente vita". Si intese cioè soprattutto fissare i limiti dell'intervento dello Stato, alla luce di un'esperienza di invadenze e costrizioni come quella vissuta nell'era della dittatura fascista. E lo stesso Moro volle chiarire che con la formula "società naturale" non si voleva affermare che "la famiglia fosse una società creata al di fuori di ogni vincolo razionale ed etico", né escludere che essa avesse "un suo processo di formazione storica".
La discussione che ebbe luogo nella Costituente può apparire datata solo se si sia incapaci di collocarla nel suo tempo storico ; essa rimane illuminante per non cadere in interpretazioni parziali di ogni singola formulazione costituzionale. In pari tempo bisogna sempre guardare al dettato della Costituzione repubblicana in tutte le sue articolazioni.
I "principi fondamentali" con cui si apre la Carta Costituzionale rappresentano naturalmente il più comprensivo quadro di riferimento : a cominciare dall'articolo 2 in cui si sanciscono "i diritti inviolabili dell'uomo sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità" e nello stesso tempo li si vincola all' "adempimento di doveri inderogabili di solidarietà" ; e dall'articolo 3 in cui si afferma la "pari dignità sociale di tutti i cittadini".
Poi, nella specifica determinazione dell'articolo 29, il matrimonio, di cui peraltro l'Assemblea non volle sancire l'indissolubilità, viene posto come fondamento giuridico privilegiato di una unione che poggi sull'eguaglianza dei coniugi e possa assolvere missioni come quella di "mantenere, istruire ed educare i figli", contando su un impegno di promozione e di sostegno da parte della Repubblica.
Per collocare l'elaborazione della Costituzione nel suo contesto storico, è molto importante ricordare come l'analisi da cui si partì nelle prime relazioni in Commissione si fosse concentrata sulle lacerazioni provocate nella famiglia dalla guerra allora appena conclusa, sui fattori di crisi dell'unità famigliare, sulla necessità di rafforzare quel "nucleo primordiale" di operosa solidarietà per ricostruire il paese. Ma si posero con forza, nello stesso tempo, esigenze di profondo rinnovamento della famiglia anche e soprattutto dal punto di vista della posizione e della condizione della donna.
Si iniziò così un cammino molto lungo. I principi - in primo luogo quello dell'eguaglianza morale e giuridica dei coniugi - indicati nella Costituzione sarebbero stati compiutamente attuati solo trent'anni dopo, nell'aprile del 1975, con la grande conquista della riforma del diritto di famiglia. Fu una riforma per cui non a caso lavorarono insieme negli anni, contribuendo a costruire un largo consenso finale, figure femminili e parlamentari di alto livello, portatrici di diverse tradizioni culturali, come Nilde Iotti e Maria Eletta Martini. Disse significativamente la Martini che con la riforma ci si adeguò alla Costituzione e insieme ai tempi nuovi. Tempi scanditi dai mutamenti intervenuti nella coscienza popolare, in modo particolare nella coscienza delle donne, nella concezione del rapporto tra i coniugi e del rapporto tra genitori e figli, associando agli stessi diritti i figli nati nel matrimonio e fuori del matrimonio. Tempi nuovi anche nel senso - sottolineò la Iotti - del crescere di un bisogno di solidarietà : quella solidarietà, in primo luogo, che nella unione famigliare si esprime e realizza.
Negli stessi anni, furono egualmente frutto di un processo di trasformazione prodottosi nella società e nella stessa famiglia italiana, le leggi sul divorzio e sull'aborto.
Ebbene, continuo a ritenere che prendendo come quadro di riferimento principi e valori della Carta Costituzionale, rivisitati nei loro presupposti ideali e culturali, nei loro rapporti con l'epoca in cui vennero definiti, e nella loro complessiva coerenza, si possa giungere oggi a soluzioni condivise - a soluzioni comunque non rese più difficili da impropri spartiacque ideologici e politici, di fede o di opposta convinzione - per i problemi attuali della famiglia.
Della famiglia reale, quale si è venuta configurando negli ultimi tempi in Italia. Se ne puntualizzerà l'analisi in questa Conferenza, ma è già in piena evidenza la portata di certi dati e di certe tendenze. Si è dinanzi a forme famigliari nuove mai tanto presenti nel nostro paese : coppie non unite in matrimonio, coppie senza figli, madri e padri single, coppie anziane - fenomeni che, tutti, riflettono non solo cambiamenti nel costume ma mutazioni profonde nella struttura demografica e tensioni molteplici nella società. Pesano le difficoltà che le donne incontrano nel combinare lavoro e cura della famiglia, pesano le condizioni economiche delle famiglie più povere o meno abbienti. Troppe famiglie sono poste nell'impossibilità di crescere e di assolvere funzioni essenziali. In particolare, di fronte al travaglio che esprimono le generazioni più giovani e al manifestarsi di tendenze inquietanti sul piano del costume e della convivenza democratica, si avverte oggi un assoluto bisogno della famiglia come centro di educazione civile. Ma occorre a tal fine che si elevi la condizione materiale e morale della famiglia italiana, e che, naturalmente, si favorisca la creazione di sempre nuove famiglie.
Non si può fare affidamento solo sulla natalità delle famiglie di immigrati, che pure è importantissimo integrare effettivamente nel nostro sistema di diritti e di responsabilità. C'è da adottare un insieme di politiche per incentivare la formazione della famiglia - come già disse la Costituzione - per sostenere il desiderio di paternità e di maternità, per elevare il tasso di occupazione femminile e rendere possibile la combinazione tra vita lavorativa e vita famigliare in una parità ed eguaglianza di doveri e di impegni tra i coniugi ; c'è da sostenere i genitori nella crescita, nella cura e nell'educazione dei figli, c'è da assistere in special modo le famiglie che vivono conflitti e gravi disagi.
L'impegno per un deciso balzo in avanti nello sviluppo delle politiche pubbliche rivolte alla famiglia, non nasce con questa Conferenza. Un inventario di temi e un indirizzo concreto di azione furono già illustrati dal ministro Bindi in Parlamento nel luglio dello scorso anno. Uno sforzo notevole di riflessione e di proposta è stato compiuto dalla Commissione Affari Sociali della Camera, in uno spirito di condivisione maggiore di quel che abbiano mostrato i distinguo finali sull'approvazione del documento conclusivo. E ora, il ricco programma di sessioni tematiche previsto per questa Conferenza, sulla base della relazione che sarà di qui a poco svolta dal Ministro della Famiglia, disegna uno scenario largamente rappresentativo dei problemi da affrontare e delle scelte da compiere.
C'è ampio spazio per un confronto costruttivo, per una schietta emulazione, anche, sul piano delle analisi e delle proposte, e in definitiva per una ricerca di risposte che non dividano il paese, che non scivolino sul piano inclinato di un'artificiosa e perniciosa contrapposizione tra cattolici e laici. La ricerca deve vedere impegnati il Parlamento, le istituzioni rappresentative dello Stato democratico nel pieno e sereno esercizio dell'autonomia sancita dalla Costituzione e nell'attento e serio ascolto delle preoccupazioni e dei contributi di pensiero che possono venire dalla Chiesa e dalle organizzazioni cattoliche, come da ogni altra componente della società civile.
E' solo parte del discorso pubblico sulla famiglia, la soluzione - che comunque non può essere elusa - dei problemi per quanto delicati di un riconoscimento formale dei diritti e dei doveri di unioni che non sono confondibili o equiparabili rispetto alla famiglia fondata sul matrimonio, ma che vanno concretamente assunte come destinatarie dei principi fondativi della Costituzione senza alcuna discriminazione. Ben comprendendo come tutte le solidarietà e le corresponsabilità che nascano da stabili rapporti di affetto e di reciproco rispetto, costituiscano una realtà da considerare significativa sotto il profilo della convivenza civile e della coesione sociale.
E' in questo spirito che indirizzo un caldo, amichevole apprezzamento al ministro Bindi per lo scrupolo e la limpidezza di cui è testimonianza questa Conferenza, e a voi tutti il più sincero augurio di successo per i lavori cui vi accingete.
Fin dall'inizio del mio mandato, ho ritenuto che fosse mio preciso compito e dovere istituzionale, mettere l'accento su quel che dovrebbe e che può unire il paese. Non dubito che tale sia la prospettiva dell'impegno pubblico per la famiglia, attento alla realtà del nostro paese e all'evoluzione del sistema comunitario e del processo di costruzione dell'Europa unita.