INTERVENTO CONCLUSIVO DEL
PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO
ALLA SEDUTA DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA
PALAZZO DEI MARESCIALLI, 6 GIUGNO 2007
Ringrazio i componenti del Consiglio che sono intervenuti per l'importante contributo dato. Ho ascoltato tutti gli interventi, com'era naturale, con interesse, e aggiungo, con personale profitto, sia nel richiamo a tematiche concrete, sia nel riferimento a visioni generali.
È stata, a mio avviso, una discussione di alto livello, estremamente costruttiva, atta a chiarificare molti aspetti delle questioni su cui siamo, o dobbiamo sentirci, tutti impegnati. Penso che si possa davvero dire, fuor di retorica, che nella discussione si è espressa una comune consapevolezza della serietà dei problemi e delle responsabilità che ne discendono per tutti i soggetti istituzionali, compresa la Magistratura.
In riferimento, soprattutto all'attività di questo primo anno del CSM, voglio raccogliere, e far mia con soddisfazione, la considerazione dell'onorevole Anedda. È stato importante il superamento di logiche di contrapposizione frontale, sia tra poteri dello Stato, tra giustizia e politica in particolare, sia tra componenti del CSM.
Il clima, di cui tutti avete parlato con varietà di accenti ma con sostanziale concordanza nel definirlo assai proficuo e fondato sul reciproco ascolto e sul reciproco rispetto, ci induce a una riflessione sulle diversità. Io credo che le diversità siano non solo legittime, ma anche fruttuose. È diventato, in tanti contesti, abituale ormai il modo di dire che le diversità sono una ricchezza: anche quando si parla di Unione Europea si dice che le diversità sono una ricchezza. E tuttavia, anche in quel campo, le diversità talvolta sono anche un problema. Io penso che non si debbano né sottovalutare, né demonizzare, né dissimulare: sono assai importanti e feconde, le diversità, quando riflettano davvero impostazioni culturali e visioni diversificate, piuttosto che rispecchiare rigidità e vischiosità di altra natura. Non c'è dubbio che a questo presterete, come già avete fatto, la massima attenzione.
Una parola sulla riforma dell'Ordinamento giudiziario, che è la scadenza più scottante. È stato detto, giustamente, che bisogna assolutamente evitare il baratro, il vuoto, la conflittualità che può sorgere da una mancata approvazione della proposta all'esame del Parlamento entro la fine del luglio.
Mi è sembrato anche importante che si sia sottolineato come la auspicabile approvazione di quella proposta, con le modifiche che il Parlamento riterrà opportune - ascoltando anche i vostri rilievi - non costituisca naturalmente la fine delle ansie, ma, in un certo senso, l'inizio di una fase estremamente impegnativa.
Rivolgerò - conto di farlo - un appello al Parlamento: un appello agli opposti schieramenti. Oramai io sono abituato ad insistere in questo tipo di appelli, nonostante tutto, "spes contra spem". Mi pare che si debba farlo anche per sollecitare la soluzione di un problema fondamentale e scottante come quello dell'ordinamento giudiziario.
Certo potremmo fare un discorso anche lungo sulla transizione istituzionale di cui soffriamo le conseguenze: qui se ne è fatto cenno in qualche intervento. È una transizione che 13 anni fa, a conclusione di un'esperienza istituzionale che mi aveva impegnato in un periodo estremamente tormentato, definii - ma non fu il solo a definirla tale - incompiuta.
Poi, purtroppo, ha preso piede, con qualche fondamento, l'espressione di transizione infinita.
Credo che dobbiamo un po' resistere a queste tentazioni di scoramento. Esse sorgono naturalmente quando ci si trova di fronte a problemi gravi, problemi profondi, che avrebbero richiesto ben altra determinazione nell'affrontarli, e che richiederebbero ben altra continuità nel perseguire soluzioni: anche il continuo franare di un certo approccio legislativo da una legislatura all'altra può essere esiziale. Credo che di fronte a queste ragioni, anche di grave preoccupazione, dobbiamo un po' resistere alla tentazione dello scoramento, perché, in fin dei conti, chiunque operi nella politica e nelle istituzioni non può concedersi il lusso del pessimismo. Dunque, rivolgerò questo appello.
L'onorevole Anedda mi ha invitato a far sentire la mia voce: sono inviti che io raccolgo quando siano, come i suoi, appropriati, corrispondenti al mio ruolo e ai miei effettivi poteri istituzionali. Evidentemente non sempre posso accoglierli, e debbo essere in generale piuttosto misurato anche quando si tratti di interventi che, a mio avviso, sono legittimi e costituzionalmente fondati.
Vi ringrazio tutti ancora una volta. Inutile dire quanto io ringrazi il presidente Mancino che, tuttavia, ha raccolto una tale messe di riconoscimenti da non aver quasi bisogno che aggiunga i miei. Ringrazio il personale amministrativo che vi affianca quotidianamente nella vostra attività. E rinnovo a voi tutti il mio sincero augurio di buon lavoro.