Buttrio (Udine) 28/03/2008

Intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione della visita agli stabilimenti della Danieli S.p.A.


INTERVENTO
DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO
IN OCCASIONE DELLA VISITA AGLI STABILIMENTI
DELLA DANIELI S.P.A.

BUTTRIO (UD), 28 MARZO 2008


Ringrazio il Presidente Benedetti per l'occasione che mi ha offerto. Credo che, per fortuna, non ci sia bisogno di essere ingegneri per capire che cosa sia questa realtà, una di quelle realtà di eccellenza che vado un po' in giro a scovare, chiedendomi se sono note a una parte dell'opinione italiana, e a una parte della classe dirigente, perché mi pare che sia possibile, guardando a realtà come questa, congiungere la preoccupazione e la fiducia. Non sono due termini in contrasto. Dall'interno di una esperienza così avanzata e di così grande successo, che fa della Danieli un'azienda guida nel mondo, si capisce che il futuro sarà di sfide ancora più difficili. C'è motivo di essere preoccupati: non si sarebbe responsabili e lungimiranti se non si fosse preoccupati.
Guai, però, a trarre dalla preoccupazione motivo di sfiducia o, come Benedetti diceva, di perdita della speranza: qui in Italia ove siamo, penso, piuttosto in bilico. Molto gentilmente mi è stato detto che porto qui l'attenzione di tutti gli italiani, per la funzione che ho. Sappiamo molto bene che, in effetti, ci sono molti italiani, anche nella classe dirigente, e nella classe politica, che non sono sufficientemente consapevoli e convinti della ricchezza delle risorse di cui disponiamo. E magari poi non si colgono i problemi che è indispensabile affrontare perché queste risorse siano messe a frutto in un futuro diverso da quello attuale.
Ho visto delle cose straordinariamente importanti. Ho sentito anche delle cose molto belle sia dal giovane ingegnere (visto che ci ha spiegato che possiamo chiamarlo giovane senza che se ne faccia un complesso) sia dal giovane perito, e ho sentito anche dire molto bene come i giovani che hanno una funzione, come ce l'hanno tanti in questa azienda, abbiano forte il senso del dover competere. E la competizione è una partita - credo che lo sappiamo bene - in cui nessuno fa sconti all'altro: è un mondo ormai globalizzato in cui nessuno farà sconti all'Italia. All'Italia e all'Europa.
Insisto molto sulla necessità di una comune coscienza europea. Avendo avuto di recente modo di incontrare personalità istituzionali e anche del mondo economico del Cile, un Paese che non è dei maggiori ma che è anch'esso un paese in crescita dell'America Latina, ho ritenuto di dover dire molto apertamente, molto schiettamente che non ci sarebbe errore più grave da parte dell'Europa se, di fronte a questo mondo così cambiato, si ponesse sulla difensiva. E magari si abbandonasse a velleitarie quanto fatali tentazioni di protezionismo. Siamo in campo aperto. Dobbiamo anche sapere che certamente su scala mondiale il peso dell'Europa non sarà nel futuro quello che è stato fino ad ora: il peso dell'Europa dipenderà molto da come saprà competere, e da quanto sarà unita. Non possiamo deplorare il fatto che facciano ingresso sulla scena nuovi paesi e nuovi popoli. Non possiamo deplorare il fatto - parlo del Cile - che oggi le ragioni di scambio siano cambiate a favore dei produttori di rame. Bisogna tenere conto di questi elementi, trarne le conseguenze e sapere attrezzarci per poter reggere queste nuove condizioni della produzione, della competizione e dello scambio su scala mondiale.
C'è un problema di competitività di azienda, di gruppo, di settore; c'è un problema di competitività di sistema. E qui il discorso naturalmente investe le istituzioni. Parlo di istituzioni dentro le quali sono le forze politiche. E non importa il ruolo che di volta in volta hanno le une o le altre, quali sono al governo e quali sono all'opposizione, perché ritengo che quando parliamo di competitività, e quindi in definitiva di futuro del sistema Paese, bisogna assolutamente trovare la strada per alcune fondamentali scelte condivise e per alcune politiche volte precisamente a elevare la competitività del sistema: che siano politiche non di breve periodo, che siano politiche che abbiano la loro condivisione e una loro continuità.
Spero che questa strada possa essere presa. Nei limiti delle mie competenze e delle mie responsabilità, farò di tutto perché queste esigenze siano riconosciute.