Napoli 27/06/2008

Intervento del Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano, in occasione del quarto Simposio COTEC Europa


INTERVENTO
DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO
IN OCCASIONE DEL
QUARTO SIMPOSIO COTEC EUROPA


(Napoli, 27 giugno 2008)

Maestà,
Signor Presidente della Repubblica,
Signori Ministri,
Signori Presidenti delle Fondazioni Cotec di Spagna, Portogallo e Italia,
Signori Ambasciatori,
Illustri Imprenditori,
Signore e Signori,

sono lieto di dare il mio benvenuto al Re Juan Carlos e al Presidente Cavaco Silva, che ho il piacere di incontrare per la terza volta in poco più di un anno, ad ulteriore conferma della nostra amicizia e dei forti vincoli che uniscono i nostri popoli.
Mi compiaccio anche di ospitare il "IV Simposio Cotec Europa" in una città a me così cara e che reca l'impronta profonda di un retaggio culturale comune ; una città che ha purtroppo i suoi affanni, ma è chiamata a un ruolo sempre vitale in quanto si affaccia sul Mediterraneo, e dunque sui traffici marittimi, sull'ampia circolazione di beni e di idee, sulla creatività, ha fondato - come molte città della Spagna e del Portogallo - una parte essenziale del proprio sviluppo.
Lo sviluppo dei nostri paesi si colloca oggi in Europa. Il consolidamento della pace e l'impegno per il progresso economico e sociale nel nostro continente sono stati gli obiettivi delle precedenti generazioni europee.
Al giorno d'oggi, è la globalizzazione a segnare la vita dei cittadini e a permeare le dinamiche delle imprese.
Questo fenomeno ineludibile della nostra epoca richiede di essere governato e comporta nuove sfide : la diversa configurazione del mondo del lavoro rispetto a quella tradizionale; la scomparsa degli impieghi di tipo tradizionale ; la domanda di lavoratori più qualificati e di più elevati livelli di istruzione e formazione ; il rischio di nuove diseguaglianze sociali e tra Regioni e Paesi ; ancor più massicci flussi migratori, che pongono complessi problemi di integrazione alle nostre società ; in generale, il timore di un affievolimento delle identità nazionali e di perdita delle antiche certezze.
Ma la globalizzazione presenta anche grandi opportunità per il nostro continente. Lo dimostra il fatto che le esportazioni dell'Unione Europea sul totale del commercio mondiale sono cresciute negli ultimi anni, nonostante l'affacciarsi incalzante dei Paesi emergenti. Dinanzi alle recenti turbolenze dei mercati finanziari, l'euro si è confermato un prezioso fattore di stabilità, non solo per i Paesi dell'Unione, ma per l'intero sistema finanziario internazionale.
L'Unione Europea - la prima potenza commerciale, il maggiore donatore di aiuti allo sviluppo e la più grande fonte di investimenti esteri - è chiamata a svolgere un ruolo cruciale per affermare un sistema di commercio internazionale basato sul rispetto delle regole e sulla concorrenza leale, in un contesto segnato da accresciuta competizione mondiale, turbolenze sui mercati finanziari, aumento dei prezzi dei prodotti alimentari ed energetici, rischio di depauperamento delle risorse del pianeta e cambiamenti climatici, mentre incombono minacce alla pace ed alla sicurezza internazionale con possibili ripercussioni anche sull'economia mondiale.
Per tale ragione, colgo l'occasione di questo Simposio per ribadire la necessità di completare il processo di ratifica del Trattato di riforma dell'Unione Europea, sottoscritto l'anno scorso a Lisbona.
L'approvazione intervenuta il 18 giugno scorso da parte del Parlamento britannico, dopo l'esito negativo del referendum irlandese, è motivo di sollievo e di speranza. Abbiamo bisogno di più Europa, di un'Europa più integrata e più forte. Un'Europa debole - e debole perché disunita - vedrebbe i nostri paesi, i maggiori e ciascuno di essi, nell'impossibilità di reggere le sfide globali del nostro tempo, mentre il baricentro della crescita mondiale e delle relazioni internazionali si sposta lontano dal nostro continente. Il Trattato di Lisbona è la premessa essenziale per rispondere alle attese dei cittadini, attraverso il rafforzamento delle Istituzioni europee ed una serie di nuove disposizioni miranti a rendere più efficiente l'azione dell'Unione in molti settori.
Penso in particolare alle norme sulla governance economica ; a quelle su una più efficace politica dell'energia e dell'ambiente ; allo sviluppo dello Spazio Europeo della Ricerca ; all'estensione delle competenze dell'Unione in materia di politica spaziale, suscettibili di aprire nuove frontiere all'innovazione.
L'azione delle tre Fondazioni Cotec è ispirata alla piena adesione al progetto europeo di costruzione di una società basata sulla conoscenza definito a Lisbona. I nostri Paesi, uniti da una forte vocazione europea, sono in condizione, per la loro vicinanza, non solo geografica, e per le caratteristiche delle strutture sociali ed economiche, di stabilire su questi temi un fecondo dialogo, fondato sullo scambio di esperienze e di iniziative comuni, anche in termini di orientamento delle politiche dell'Unione relativamente alle esigenze di una parte importante dell'Europa in questo specifico campo.
La riflessione sul difficile percorso di avvicinamento agli obiettivi che noi europei ci siamo dati, rafforza la consapevolezza che l'attitudine a produrre innovazione è strettamente correlata alla qualità dei rapporti tra centri di ricerca, imprese ed istituzioni ; ma le caratteristiche della struttura produttiva, il livello di istruzione e l'orientamento della pubblica opinione condizionano fortemente le potenzialità e la produttività dei rapporti tra gli attori dell'innovazione.
Un ambiente favorevole all'innovazione, una società basata sulla conoscenza, richiede elevati livelli di istruzione. La capacità di innovazione del sistema produttivo è condizionata dal grado di istruzione del personale impiegato, in tutte le mansioni, nelle imprese e nelle organizzazioni pubbliche. Occorre che cresca nell'opinione pubblica la consapevolezza del ruolo insostituibile della conoscenza come fattore di avanzamento sociale ed economico ; è questa una condizione importante perché le istituzioni possano indirizzare risorse adeguate verso il sistema dell'istruzione e della ricerca compiendo scelte spesso difficili.
Investire nella ricerca significa anche, e soprattutto, investire sulle donne e sugli uomini che operano nella ricerca ; occorre un sistema di istruzione di livello eccellente per fornire buoni ricercatori, ma è anche necessario che chi sceglie la ricerca come professione possa contare su un adeguato riconoscimento dell'importanza del proprio lavoro per la società. Per questo vanno garantite possibilità di accesso e di avanzamento basate sul merito ed assicurati livelli di remunerazione coerenti con il grado di professionalità e di impegno richiesti.
L'Università è, naturalmente, lo snodo fondamentale di un progetto di società basata sulla conoscenza. Ma le Università sono anche immerse in un territorio, in un contesto sociale ed economico, dal quale provengono domande di conoscenza e problemi da risolvere che contribuiscono ad orientare le attività di ricerca verso soluzioni innovative che ampliano le prospettive di investimento e crescita economica.
In questo senso la ricchezza dei nostri sistemi universitari rappresenta una grande potenzialità : il rafforzamento dei rapporti tra attività imprenditoriali e centri di ricerca può essere la leva di un decisivo avanzamento dell'innovazione tecnologica. In particolare, nei nostri sistemi economici, caratterizzati dalla presenza di una diffusa attività di impresa di piccole e medie dimensioni, spesso concentrata in aree del territorio ad elevata specializzazione settoriale, è necessario costruire strumenti appropriati che favoriscano tali rapporti. In un contesto fortemente competitivo, la vitalità e la flessibilità che caratterizzano le piccole e medie imprese si traducono in una spinta verso l'innovazione ; tuttavia, nel campo delle tecnologie avanzate le dimensioni ridotte pongono ostacoli che possono essere superati solo attraverso forme di cooperazione tra il sistema della ricerca e tutte le realtà del sistema produttivo. In questa direzione la ricerca universitaria, presente in modo significativo anche nelle aree meno dinamiche, può svolgere un ruolo fondamentale sviluppando i modelli forniti da quelle iniziative che abbiano ottenuto risultati importanti: si deve soprattutto favorire, anche attraverso appropriati interventi di sostegno, il passaggio dai risultati della ricerca all'avvio delle attività di impresa che utilizzano tali risultati.
Conosciamo dunque le direzioni verso le quali indirizzare il nostro impegno, e sappiamo che lo sforza va accresciuto, certamente in termini qualitativi e di efficienza, ma anche in termini di quantità di risorse investite. Il lavoro di comprensione e di misurazione della realtà concreta dei sistemi di innovazione, condotto dall'Unione europea e dalle organizzazioni internazionali con importanti approfondimenti a livello nazionale, lavoro al quale Cotec offre un significativo contributo, mostrano che è indispensabile l'aumento delle risorse investite nelle attività di ricerca e sviluppo.
Mi auguro pertanto che il prossimo Simposio di Cotec Europa - divenuto ormai un appuntamento consolidato quale occasione per fare il punto dei progressi raggiunti nella collaborazione tra le tre Fondazioni - possa registrare un'intensificazione della cooperazione tra Istituti di ricerca ed imprese dei nostri Paesi nei settori dell'alta tecnologia.
Volgendo lo sguardo ad orizzonti più ampi, il Mediterraneo e l'America Latina sono aree di tradizionale interesse comune di Spagna, Portogallo e Italia. Possono esserlo anche per progetti congiunti delle nostre imprese e per l'impegno sinergico dei Governi e delle Istituzioni finanziarie. Penso in particolare all'Agenzia Mediterranea per le Piccole e Medie Imprese e il Mediocredito proposta da Spagna ed Italia, alla quale spero che anche il Portogallo intenda associarsi.
Le energie rinnovabili e le nuove tecnologie per arginare gli effetti del cambiamento climatico sono altri settori in cui è auspicabile una maggiore collaborazione tra i nostri Paesi.

Maestà,
Signor Presidente della Repubblica,
Signore e Signori,
Quando l'Europa ha agito unita, ha raggiunto sempre grandi traguardi. Può farlo ancora, con l'imperativo di vincere le sfide del XXI secolo. A condizione - lo ripeto - di approvare, come l'Italia si è impegnata a fare al più presto, il Trattato di Lisbona, e di procedere decisamente sulla strada che esso schiude.
Perché se l'Unione Europea mancasse questa nuova occasione per riformare se stessa, non solo perderebbe slancio politico, ma anche credibilità agli occhi dei propri cittadini, dei nostri partner e dei nostri competitori mondiali.