Helsinki 10/09/2008

Conferenza stampa del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, presso l'Ambasciata Italiana a Helsinki

CONFERENZA STAMPA DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO
AMBASCIATA ITALIANA

HELSINKI - 10 SETTEMBRE 2008

Siamo alla conclusione di questa visita, abbastanza breve però molto densa di impegni e molto soddisfacente negli esiti. Ho avuto colloqui con il Presidente della Repubblica signora Halonen; ho incontrato questa mattina il Presidente del Parlamento e il Primo Ministro. Ieri sera, in occasione del pranzo offerto dalla signora Halonen, ho avuto modo di constatare quanto sia davvero sincero e vivo l'interesse e il moto di simpatia verso il nostro Paese, dimostrato innanzitutto dalle personalità che erano attorno al grande tavolo durante l'incontro conviviale, a partire dalla stessa presidente Halonen e da tutti gli ospiti variamente rappresentativi della società e della cultura finlandese. Questo può apparire singolare data la profonda diversità fra i nostri paesi, e invece ovunque io vada mi capita di fare questa constatazione: la storia, la cultura, l'arte e le tante espressioni della nostra identità nazionale attraggono, affascinano e diventano oggetto di attenzione per poi produrre un flusso di presenze e di visite in Italia.
Non è qualcosa di superficiale, non è soltanto gratificante per la nostra vanità di italiani: è qualcosa di più profondo che naturalmente poi si congiunge con l'interesse per ciò che l'Italia è oggi.
Il tenore delle conversazioni di questa mattina ha fatto emergere il ruolo che l'Italia ha svolto come uno dei pionieri e dei padri fondatori dell'Europa unita, dell'Europa comunitaria prima e dell'Unione a partire dal trattato di Maastricht.
Voi sapete che la Finlandia è stata nel gruppo degli ultimi paesi che hanno aderito all'Unione, prima che si procedesse al grande allargamento dei primi anni 2000, però ha aderito subito anche all'euro ed è entrata a far parte di tutte le esperienze più avanzate della costruzione europea.
Ancora questa mattina, sia il Presidente del Parlamento sia il Primo Ministro hanno voluto soprattutto conoscere le mie opinioni e la posizione del Paese per quello che riguarda gli ulteriori sviluppi del processo di integrazione europea. Abbiamo quindi parlato della ratifica, ancora non conclusa, e dell'entrata in vigore, ancora non imminente ma irrinunciabile, del trattato di Lisbona. Abbiamo parlato dello sforzo volto a costruire una politica estera e di sicurezza comune europea, e mi pare che questo sia il punto su cui ho potuto riscontrare la massima unità di vedute fra Italia e Finlandia, perché l'esigenza di una Europa che parli con una sola voce sulla scena internazionale è forse la più avvertita e lo è particolarmente nel momento in cui si è aperto un capitolo di critico sviluppo delle relazioni tra l'Unione europea e la Russia, a seguito del conflitto georgiano.
E' questa una crisi che ha suscitato molte preoccupazioni, molte ansietà; è una crisi che, ci è stato detto ancora questa mattina, in qualche modo covava sotto la cenere. Dal 1992 c'era stata di fatto una spinta indipendentista dell'Ossezia del sud e dell'Abkhazia. La situazione era sempre rimasta sospesa; si è parlato, anche a proposito di questa realtà, di un conflitto congelato. Tutta la regione del Caucaso non ha avuto un assetto stabilizzato dopo la caduta dell'Unione sovietica e dopo l'avvenuta indipendenza della Georgia e di altre ex repubbliche sovietiche.
Di fronte alla prova che c'è stata per l'attacco georgiano alla Russia e alla pesante e dura risposta russa, alla Finlandia e all'Italia la risposta europea sembra essere stata una risposta corretta. Avere raggiunto una posizione unanime nel Consiglio europeo straordinario del 1º settembre ha costituito un risultato non facile che forse alcuni non si aspettavano nemmeno che fosse conseguito; un risultato che ha pesato e peserà sullo sviluppo delle vicende di quell'area e rappresenta un contributo alla riaffermazione dei principi su cui si deve basare la cooperazione internazionale e quindi anche la cooperazione tra l'Unione europea e la Russia. Questa mattina ho trovato, da parte del Primo Ministro finlandese una convintissima riaffermazione dell'importanza di una strategia di cooperazione con la Russia che deve continuare al di là di questa vicenda e anche attraverso una sua soddisfacente conclusione.
Visitando la biblioteca nazionale ho trovato molti riferimenti alla nostra cultura e alla nostra storia. La biblioteca era piena di tracce dell'Italia, e poi anche visitando la libreria internazionale ho visto molta presenza italiana.

Marzio Breda, Corriere della Sera: Signor Presidente, lei ha appena accennato alle diversità che ci sono tra il nostro Paese e la Finlandia. La Finlandia ha avuto negli ultimi cinquanta sessanta settant'anni momenti storici complessi e li ha saputi metabolizzare, mentre noi ci troviamo a sessanta anni abbondanti dagli eventi più drammatici del '900 ancora a discutere. Sono di questi giorni le polemiche con un uso politico della storia che colpiscono un po'.Perché da noi il passato non passa?

Risposta del Presidente: Parto dalla Finlandia e parlo della Finlandia: onestamente non sono in grado di misurare quanto sia qui condivisa dall'opinione pubblica e dalla politica finlandese una ricostruzione della storia che la Finlandia ha attraversato. Quello che mi ha colpito è piuttosto altro, e vi ho fatto brevemente cenno nel discorso del brindisi: la Finlandia ha vissuto un'esperienza terribile, un'esperienza traumatica fra gli ultimi mesi del 1939 e i primi mesi del 1940 con l'invasione da parte russa. C'è stata una guerra e i non tanto giovani ancora se lo ricordano: destò molto allarme quella guerra e nello stesso tempo suscitò grande ammirazione la capacità di resistenza dimostrata dalla Finlandia di fronte a quella che era allora l'Unione sovietica. E' però vero che la Finlandia sembra aver metabolizzato tutto questo: parlo soprattutto delle posizioni politiche che vengono espresse dalla leadership politica di tutti i partiti: questa non è rimasta infatti né prigioniera del risentimento né prigioniera di una logica di isolamento. Credo che la Finlandia abbia enormemente tenuto e abbia dimostrato il proprio straordinario attaccamento alla causa dell'identità, dell'indipendenza, della sovranità nazionale. L'indipendenza finlandese è stata conquistata relativamente di recente a conclusione della prima guerra mondiale. Aveva già attraversato lunghissimi periodi di dominazione svedese e poi russa, e quando poi ha visto di nuovo messa in forse la sua indipendenza e anche la sua integrità territoriale nel 1939-'40, ha reagito con grandissima forza e volontà di autodifesa. Però non è rimasta prigioniera di quella stagione e di quella esperienza traumatica, non si è chiusa in se stessa, gelosa delle sue prerogative: è scesa in campo nella vita internazionale e ha svolto un ruolo di primo piano nella promozione e nello svolgimento di quella conferenza di Helsinki del 1975 che veramente ha rappresentato un evento storico, un momento di svolta nella storia, sia dell'Europa divisa in blocchi, sia del mondo diviso in blocchi. E' stato un grande sforzo di superamento della guerra fredda, e qui sono nati, attraverso la solenne affermazione dei diritti dell'uomo, dei fortissimi stimoli anche al cambiamento nei paesi del blocco sovietico, al riconoscimento di quei diritti anche all'interno del sistema dei paesi legati all'Unione sovietica dal Patto di Varsavia. La Finlandia ha infine aderito all'Unione europea e si è fortissimamente identificata con la causa dell'identità europea, quindi ha dimostrato di sapere attraversare una nuova fase della sua storia - ripeto - senza restare prigioniera del passato.
La prossima volta parliamo dell'Italia.

Paolo Cacace, Il Messaggero: Ci sono dati molto allarmanti sull'economia europea. Si parla di stagnazione. Bisogna fare qualcosa di eccezionale per uscire da questa crisi?

Risposta del Presidente: "Qualcosa di eccezionale": una bella espressione ma alquanto criptica. Credo che la situazione sia appunto molto critica per tanti paesi e tra questi l'Italia. La Finlandia, anche negli anni in cui l'Unione europea in media cresceva poco, è sempre cresciuta di più ed è in una condizione oggettivamente più favorevole. Si può discutere su quali siano le ragioni di questo relativo ma non disprezzabile vantaggio della Finlandia. C'è, invece, un problema di ricadute e ripercussioni serie anche sul nostro Paese di una crisi che è cominciata con la crisi finanziaria degli Stati Uniti. Ormai si parla di recessione con molte sfumature diverse, non ultima quella che ho appena letto, ma non ho ancora bene approfondito, della definizione data dal Presidente dell'Eurogruppo Juncker di "recessione tecnica". Occorre un grande sforzo in Italia per rilanciare la crescita, ma credo sia essenziale puntare su alcuni fattori che sono finora rimasti di significativa debolezza dell'Italia, soprattutto guardando all'esperienza finlandese. Mi riferisco a elementi di debolezza sul fronte della capacità di ricerca e d'innovazione. Siamo un pò al grande sforzo che si era pensato di dover compiere con la strategia di Lisbona quando si disse che l'economia europea deve diventare un'economia sempre più fondata sulla conoscenza, sulla formazione, sulla ricerca e sull'innovazione tecnologica. Sono questi i campi ove si riscontrano debolezze che le politiche pubbliche dovranno affrontare. Avremo poi occasione in Italia di confrontarci sulle previsioni per il prossimo futuro. Qui non posso che confermare che c'è un sentimento di preoccupazione e di inadeguatezza.

Alberto Spampinato, Ansa: Tra i freni che ostacolano l'integrazione europea non ci sono rigurgiti di antisemitismo e tentazioni nostalgiche che affiorano in vari parti d'Europa?

Questa mattina Lei ha incontrato il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso: quali temi sono stati affrontati?
Risposta del Presidente: Credo che in Italia ci siano questioni aperte ancora oggi per quello che riguarda la piena identificazione che ci dovrebbe essere da parte di tutte le componenti della società italiana nei principi e nei valori della Costituzione Repubblicana. Credo di poter dire che questi fanno tutt'uno con i principi e i valori posti a base della costruzione europea e solennemente sanciti anche nel Trattato di Lisbona. Pochi giorni fa, in un breve intervento al seminario Ambrosetti di Villa d'Este, ho espresso in modo particolare la mia preoccupazione per una corrente di euroscetticismo, per un'insufficiente visione delle prospettive dell'Europa unita e quindi un'insufficiente tensione anche nel perseguire un ulteriore sviluppo dell'integrazione europea. Mi auguro che tutte le forze politiche, che tutti i partiti italiani dedichino tempo, attenzione e impegno ad un rilancio della causa europea. Abbiamo bisogno che i governi in Europa ribadiscano l'assoluta priorità di questa scelta che è stata comune all'Italia e ad altri cinque paesi all'inizio, e poi è stata sempre più condivisa da altri paesi fino al numero attuale di 27 Stati membri. La costruzione europea ha teso a garantire e ha garantito pace e stabilità democratica e anche crescita economica e benessere sociale, attraverso la grande idea e la grande impresa del mercato comune, del mercato interno unico e della moneta unica. Forse questa conquista dell'euro è stata messa troppo spesso in cattiva luce, o in una luce ambigua, mentre ha rappresentato un forte ancoraggio per i paesi membri dell'Unione europea che avrebbero potuto essere ben altrimenti colpiti dalla crisi finanziaria. Fino a questo momento però l'Unione europea non sembra abbia dato un contributo sufficiente ad una nuova fase di sviluppo delle nostre economie e delle nostre società. Qui tocca anche ai governi e alle leadership politiche nazionali dare il loro contributo, indicare le strade per rendere effettiva, al di là delle proclamazioni, quella strategia di Lisbona che nella sua fondamentale impostazione rimane valida, ma che probabilmente richiede istituzioni europee molto più efficaci per poter essere pienamente attuata.

Ho incontrato questa mattina il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso, che si trovava ad Helsinki per una riunione dell' OSCE dedicata al tema scottante della tratta degli esseri umani. Abbiamo parlato del gravissimo attentato al giudice Montalbano. Si tratta di un giudice del tribunale di Caltanissetta che prima era GIP. Ora, al di là di ogni distinzione e ogni polemica su giudici da una parte e PM dall'altra, io penso che sia giusto esprimere solidarietà e anche qualcosa di più: una piena, chiara riaffermazione del valore che noi avvertiamo dell'impegno di tutti i magistrati che fanno il loro dovere e lottano contro la criminalità e per il rispetto della legalità e conducono il loro lavoro quotidiano con spirito di sacrificio, fino ad esporsi a gravissimi rischi per la loro vita.

Nicola Graziani, Agi: In altre circostanzeLei ha ricordato che, al di là dell'alternarsi democratico dei governi delle maggioranze, esistono dei punti fermi della politica estera italiana.
Non trova un po' azzardato che il governo parli facendo onore a chi ha sparato nel '44 sugli Anglo-americani?

Risposta del Presidente : Non ho da fare nessun commento. Ho solo espresso, parlando a Porta San Paolo, il mio punto di vista che credo sia il punto di vista della Costituzione repubblicana. Non ho avuto polemiche, nè discussioni con nessuno. Non ho tirato per la giacca, nè richiamato, nè rimbrottato nessuno. Vorrei che da parte di tutti si riferisse correttamente il modo in cui si sono svolte le cose. Io non ho risposto a nessuno a Porta San Paolo. Ho svolto il mio intervento, che avevo steso prima che iniziasse la cerimonia, e l'ho pronunciato per ultimo, come prevedeva il programma della cerimonia.

Paolo Passarini, La Stampa: Vorrei un supplemento di risposta su una cosa che Lei ha detto prima. Lei ha detto che in Italia c'è una questione aperta che riguarda la piena identificazione di tutte le componenti della società italiana sui valori della Costituzione Repubblicana. Può spiegare meglio il concetto? Vuole dire che in Italia più che in altri paesi non c'è una adesione di tutte le componenti sociali?

Risposta del Presidente : Io non ho detto più che negli altri paesi. Ho ribadito, come tante altre volte, l'esigenza in Italia di un forte moto di patriottismo costituzionale. Penso che ci siano tutte le condizioni perché si vada verso questo comune riconoscimento dei principi e dei valori della Costituzione. Questo discorso non ha nulla a che vedere con quello riguardante le possibili, necessarie e concertate modifiche della seconda parte della Costituzione. Quindi, ho considerato con grande favore il fatto che nelle scuole primarie si introduca la disciplina "Cittadinanza e Costituzione" e mi auguro che questo rappresenti l'inizio di uno sforzo maggiore della cultura, della politica e dell'informazione. Quest'anno è il sessantesimo della Carta costituzionale; non so se si sia fatto tutto quello che si poteva fare per far conoscere e trasmettere il contenuto e la storia della nostra Costituzione. Di sicuro non bisogna chiudere l'anno considerandoci soddisfatti: bisogna dare uno sviluppo ulteriore e ancora più conseguente a questo impegno.