Gerusalemme 25/11/2008

Intervento del Presidente della Repubblica Napolitano all'inaugurazione del Convegno Letterario Italo-Israeliano: "La Letteratura e l'Impegno"

INTERVENTO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO
ALL'INAUGURAZIONE DEL CONVEGNO LETTERARIO ITALO-ISRAELIANO
"LA LETTERATURA E L'IMPEGNO"

(Gerusalemme, 25 novembre 2008)

Desidero innanzitutto complimentarmi con l'Istituto Italiano di cultura e il suo direttore Simonetta Della Seta, nonché con l'Istituto Van Leer, per la eccellente preparazione e l'evidente successo di questo incontro. La varietà e rappresentatività della partecipazione sia israeliana che italiana è il segno di un'apertura e di una intensità non comuni nei rapporti tra letterature e culture di paesi che hanno storie e tradizioni così diverse. Ma, come ha detto David Grossman parlando al Festival Internazionale di Berlino dello scorso anno, la letteratura - quando dà il meglio di se stessa - rende partecipi del destino di altri, diversi e lontani. E proprio in ciò che è riuscita la letteratura israeliana, per come ha saputo parlare in particolare a noi italiani.
Mi riferisco alla letteratura che è fiorita nello Stato di Israele; e se provo a spiegarmi - da lettore, non avendo altro titolo per parlare qui, senza alcuna pretesa di sapienza critica - le ragioni della straordinaria accoglienza e profonda eco che questa letteratura ha avuto nel mio paese, del grandissimo successo - cari amici israeliani - di tanti vostri romanzi e libri, mi rispondo che la chiave sta nella freschezza della rappresentazione che ci avete dato di una società nuova, ricca di fermenti, di impulsi, di contraddizioni, di una società in movimento e nel suo graduale assestarsi, anche attraverso la convivenza e mescolanza tra popolazione ebraica e popolazione araba. Il vostro impegno (per stare al tema di questo incontro) è consistito innanzitutto nel raccontarci, con grande libertà e felicità creativa, una affascinante avventura collettiva, fatta di tante vicende individuali e anche umanamente sofferta: quella della costruzione non solo di un nuovo Stato, ma appunto, di una nuova società.
Naturalmente la letteratura israeliana affonda le sue radici nella storia multisecolare che ha segnato il destino e forgiato l'identità del popolo ebraico, fino alla tremenda esperienza da cui venne l'impulso decisivo alla nascita di Israele come Stato ebraico indipendente e sovrano. Da allora, lungo 60 anni, non è stato facile, ma spesso drammatico e doloroso, e talvolta controverso, il procedere dello Stato di Israele verso una pace garantita e duratura. E io sono a Gerusalemme per confermare l'impegno dell'Italia a sostenere in ogni modo lo sforzo necessario perché avanzi e si concluda finalmente il processo di pace, perché Israele possa vivere e progredire in piena sicurezza, in pacifica coesistenza e amicizia con tutti gli Stati della regione, compreso il nuovo Stato che potrà sorgere in questa terra nel segno della autodeterminazione del popolo palestinese.
E' una prospettiva nella quale non potrà che approfondirsi e svilupparsi ancora, in tutti i campi, il dialogo italo-israeliano. Sappiamo d'altronde come la reciproca comprensione e simpatia tra letterature e culture ebraica e italiana vengano da lontano. Sappiamo con quale simpatia e ammirazione già in un lontano passato l'ebraismo colto si sia avvicinato ai classici, ai maggiori della letteratura italiana di ogni tempo.
Siamo felici di veder rinnovata questa simpatia verso i nostri scrittori moderni e contemporanei, tanto tradotti e letti in Israele; di veder rinnovarsi quella simpatia nella crescente diffusione dell'amore per la lingua italiana e nel continuo arricchirsi delle relazioni culturali tra i nostri due paesi.
In occasione della Fiera del libro di Torino, che ha avuto lo scorso maggio Israele come ospite d'onore e che ho voluto personalmente inaugurare a dispetto di qualche residua contestazione faziosa, mi è sembrato giusto mettere in luce quel che ci unisce anche nell'impegno a fare della letteratura e della cultura un potente fattore di avvicinamento e solidarietà tra i popoli, e di comune civilizzazione, contro ogni forma di imbarbarimento del mondo globalizzato in cui siamo chiamati a vivere.