Gerusalemme 25/11/2008

Brindisi del Presidente della Repubblica Italiana, Giorgio Napolitano al Pranzo di Stato offerto dal Presidente dello Stato di Israele, Shimon Peres

BRINDISI
DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA
GIORGIO NAPOLITANO
AL PRANZO DI STATO OFFERTO
DAL PRESIDENTE DELLO STATO
DI ISRAELE SHIMON PERES

(Gerusalemme 25 novembre 2008)

Signor Presidente di Israele,
Illustri Personalità,
Signore e Signori,

desidero innanzitutto ringraziarla per le Sue parole, che mi confermano l'amicizia e la stima nei confronti dell'Italia; ne ho avvertito la profondità fin dal momento del mio arrivo qui, nello straordinario calore dell'accoglienza ricevuta e nella ricchezza del programma predisposto per me.
Novembre è un mese carico, in questa terra a noi tutti cara, delle emozioni e del peso della storia. E' il mese della Dichiarazione Balfour, che per prima promise un focolare domestico al popolo ebraico, ed è il mese della Risoluzione delle Nazioni Unite che diede vita alla nascita d'Israele, schiudendo il cuore a grandi speranze.
Ho ricordato stamani come questa visita abbia luogo in un periodo di alto significato istituzionale per i nostri Paesi, quando ricorrono il sessantesimo anniversario della nascita dello Stato di Israele ed il sessantesimo anniversario della Costituzione repubblicana su cui si è fondato il nostro nuovo Stato democratico, a testimonianza di come entrambi siano sorti al termine della seconda guerra mondiale, dalla sconfitta di aberranti ideologie di morte e distruzione.
Numerosi decenni sono trascorsi anche da quel rogo dei libri e delle sinagoghe, che segnò l'inizio del tragico cammino della Shoah testimoniato a Yad Vashem, dove mi sono recato questa mattina per onorare i sei milioni di ebrei vittime della persecuzione e a pronunciare le parole "mai più". "Mai più" possa accadere che il mondo resti inerte di fronte allo sterminio di un intero popolo. "Mai più" ci si possa avventurare lungo simili sentieri di odio e di sopraffazione.
E quindi "mai più" si possa dimenticare e permettere di dimenticare. Le nuove generazioni devono costantemente essere educate al rispetto dei diritti fondamentali e della dignità umana, della democrazia e della tolleranza. L'Italia, Signor Presidente, intende compiere ogni sforzo perché sempre più scuole, sempre più giovani e sempre più insegnanti visitino il Museo della Shoah e coltivino la memoria di ciò che esso rappresenta.
Esiste un dovere della memoria, e per questo voglio ricordare l'esempio del Primo Ministro Ytzhak Rabin, architetto - assieme a Lei - dell'avvio del dialogo con i palestinesi, e dal cui coraggio ed insegnamento occorre continuare a trarre ispirazione per affrontare i difficili compromessi richiesti dalla pace. Prima di lui, anche il Presidente Sadat era stato colpito a morte per aver scelto di imboccare definitivamente la strada della riconciliazione.
Pensando a queste eccezionali figure di statisti, e conoscendo l'impegno illuminato e tenace che Lei stesso ha offerto alla causa di Israele e della pace nel corso di tutta la Sua vita, Le confermo Signor Presidente che l'Italia, l'Europa e la Comunità internazionale guardano con attenzione sempre vivissima e con immutata speranza allo sforzo che il suo Paese sta conducendo per la conclusione del processo di pace.
E' uno sforzo volto a dare al conflitto mediorientale una soluzione che consenta la convivenza, fianco a fianco, di due Stati indipendenti, democratici e sovrani, senza che possano esservi rinunce né alle essenziali esigenze di sicurezza di Israele e al suo diritto ad esistere come Stato ebraico, né alle legittime aspettative del popolo palestinese per la nascita di uno Stato riconosciuto e vitale, capace di offrire ai propri giovani solide prospettive di libertà e di progresso.
L'Italia è pronta a sostenere questo sforzo con ogni mezzo, come dimostrano anche l'iniziativa assunta per costituire il rafforzato contingente internazionale di pace in Libano e la nostra generosa partecipazione ad esso, e come conferma il nostro concreto apporto alla comune lotta contro il terrorismo internazionale, che ha visto non pochi soldati italiani cadere nelle loro missioni di pace.
Signor Presidente,
la comunanza di radici che ha legato Italia ed Israele durante tutta la loro storia conducendoli, seppure attraverso vicende diverse, alla piena condivisione dei rispettivi valori fondanti - primo fra tutti quello della democrazia parlamentare - è la base del solido sviluppo delle nostre relazioni bilaterali.
Esse non si fondano soltanto sull'intesa politica fra i nostri Governi e sulla vicinanza e l'interesse reciproco tra i nostri popoli, ma sulla straordinaria ricchezza di contatti di tipo culturale, scientifico ed imprenditoriale che caratterizzano i nostri rapporti.
Questi ultimi sono rappresentati dall'abbraccio ideale fra gli scrittori dei due Paesi, così ampiamente tradotti, letti ed apprezzati nell'altra lingua e ai cui suggestivi "dialoghi" abbiamo poco fa assistito ; dal lavoro congiunto delle nostre équipe di restauratori, anche in relazione ai Rotoli del Mar Morto che ammirerò domani al Museo d'Israele e che, mi auguro, potrà sostanziarsi presto nell'apertura di un Centro del Restauro italiano ad Acco; dalla crescente importanza assunta dalla lingua italiana nelle scuole israeliane, attraverso l'auspicato riconoscimento della sua validità nel bagrut; dalla presenza culturale italiana in Israele, che sarà testimoniata anche dalla tournée della Scala del luglio 2009, in occasione del centenario di Tel Aviv.
Sono legami confermati dal ritmo con cui cresce l'interscambio commerciale; dall'interesse degli operatori italiani per le opportunità offerte da questa economia giovane e dinamica, fondata sull'alta tecnologia e sull'investimento di grandi risorse in ricerca e sviluppo; dalla prevista costituzione, al Business Forum di cui Lei ed io, Signor Presidente, avremo l'onore di chiudere i lavori, di un foro di dialogo permanente fra gli imprenditori dei nostri Paesi; da un accordo scientifico e tecnologico avanzato, per lo sviluppo di progetti di ricerca comuni in settori d'avanguardia; dall'obiettivo di istituire un Anno della Scienza e della Tecnologia italiana ed israeliana ed un Laboratorio di ricerca congiunto fra i nostri due Paesi.
Sono vincoli, infine, quotidianamente e costantemente rinnovati dalla collettività italiana in Israele e da quella ebraica in Italia, i cui esponenti sono qui presenti e che costituiscono da sempre un ponte attivo e prezioso fra i nostri due Stati.
Signor Presidente,
Israele è una grande ed antica nazione che è sopravvissuta a sfide e tragedie che avrebbero annientato qualsiasi altro popolo, e che nei sessanta anni di vita dello Stato ebraico ha realizzato successi mirabili e senza precedenti. Ora ad Israele non resta che vincere la sfida decisiva per il suo avvenire: quella della pace.
La forza di Israele non deriva solo dall'essere riuscito ad organizzare un esercito capace di difendere autonomamente il Paese dai pericoli esterni; la grandezza di Israele è anche nella sua società civile, determinata, vitale, intelligente, cosmopolita.
Nelle grandi virtù del suo popolo Israele può avere fiducia per volgere, con l'indomito coraggio che ha sempre dimostrato nella storia, tutte le sue energie morali ed intellettuali a favore della pace.
RassicurandoLa nuovamente che Israele non sarà solo nella sua ricerca di pace, e che l'Italia sarà sempre al suo fianco, mi consenta, Signor Presidente, di levare il calice non solo alla nostra personale amicizia e a quella che unisce i nostri popoli, ma anche in onore della pace e di tutti i leader del Medio Oriente che hanno saputo "osare" nel nome di essa, fare breccia nei muri del rifiuto, della reciproca diffidenza e della paura.
Il mio augurio più profondo per il Suo Paese è che giunga presto il tempo in cui Israele possa beneficiare dei dividendi della pace; divenire uno Stato libero dall'angoscia e dalle apprensioni derivanti dalla mancanza di sicurezza ; crescere finalmente i propri figli al riparo dallo spettro della violenza e della guerra; in breve, vedere il proprio cammino, e le proprie scelte, segnate dalla speranza e dalla fiducia nell'avvenire, e non dalla dolorosa coscienza del presente e dalla terribile memoria del passato.