Tel Aviv 27/11/2008

Intervento del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, al Business Forum

DISCORSO DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA GIORGIO NAPOLITANO
AL BUSINESS FORUM

Tel Aviv, 27 novembre 2008

Signor Presidente,
Signor Ministro dello Sviluppo Economico
della Repubblica italiana,
Autorità promotrici di questo incontro,
Signore e Signori,
vorrei innanzitutto dire che non è possibile aggiungere nulla alle parole con cui il Presidente Peres ha commentato le tragiche notizie che ci giungono dall'India. Questo perché nessuno meglio del Presidente di uno Stato che ha sofferto sulla propria pelle gli attacchi e le minacce del terrorismo e che è passato attraverso tante, durissime prove ha l'autorità morale per richiamarci tutti alla lotta contro il terrorismo internazionale.
La lotta contro il terrorismo è ragione di pace, di vita e di sicurezza per Israele, ma è condizione per il pacifico sviluppo delle relazioni internazionali e quindi corrisponde ad un dovere e ad un interesse profondo di tutti i paesi democratici e civili.
Ancora una volta il Presidente Peres ha fatto dono a me - che lo conosco e lo ammiro da lunghi anni - e a voi tutti, della sua visione, della sua eloquenza, e anche - perché no - del suo sense of humor.
Lasciate che io svolga ora brevi e più specifiche considerazioni a conclusione della visita di tre giorni che ho compiuto in Israele. Una visita che mi ha profondamente toccato, che ha suscitato in me grandissimo interesse e che mi ha confermato nella convinzione di quanto siano profondi i legami storici, politici e culturali, e di quanto siano e possano essere forti e stretti i rapporti economici, scientifici e tecnologici, fra i nostri due paesi.
Sono perciò grato alla Missione di Sistema, organizzata da Confindustria, ICE e ABI, che ci ha offerto questa occasione e soprattutto ha posto le premesse per un ulteriore proficuo sviluppo dei rapporti fra i nostri due paesi.
Spesso si guarda ad Israele attraverso le lenti del conflitto mediorientale che senza dubbio rappresenta una grande questione, una delle preoccupazioni più serie della comunità internazionale. Ma Israele s'impone alla nostra attenzione ben al di là di ciò : per la forza della sua economia, per la sua propensione all'innovazione e per il felice inserimento nel processo di globalizzazione.
Non solo perché Israele cresce da anni con un ritmo considerevolmente sostenuto per un'economia avanzata, o perché attira capitali di portata paragonabile - sia pure ovviamente solo in termini relativi - a quelli di India o Cina, paesi infinitamente più grandi.
Ma perché Israele ha elaborato un modello di sviluppo fondato sull'alta tecnologia e sull'apertura verso l'esterno, che gli consente di adattarsi alle evoluzioni congiunturali e anche a fasi più critiche con estrema flessibilità. Non a caso, l'economia israeliana figura, in questo momento, tra quelle che meglio hanno reagito e reagiscono alla crisi finanziaria mondiale.
Percorrendo Israele in questi giorni, ho potuto costatare ancora una volta come rispetto all'immagine di un Paese originariamente agricolo e fondato sul socialismo dei kibbutz spicchi ormai la visione di una nuova realtà, caratterizzata da un numero elevatissimo di imprese in fase di "start-up" e di imprese già consolidate e all'avanguardia nei settori delle nanotecnologie e della biochimica, sostenute da un flusso crescente di investimenti esteri diretti e - sottolineo - da una spesa in ricerca e sviluppo che rasenta il 5% del PIL.
Sono caratteristiche che fanno di Israele un partner privilegiato per Paesi come l'Italia - chiamata ad adeguare il proprio sistema economico alle nuove sfide internazionali -, e per l'intera Unione Europea, che offre da tempo a questo Paese una cooperazione ricca ed articolata nel settore scientifico, industriale e tecnologico e che ha elevato, e, ancor più deve elevare, la qualità delle proprie relazioni politiche e del proprio rapporto di associazione con Israele.
Sono queste le basi che stanno consentendo ad Israele ed Unione Europea di intrecciare rapporti proficui per entrambi e dunque ad Israele di integrarsi progressivamente nel tessuto economico europeo, sviluppando quella che si può ritenere la sua fondamentale vocazione europea. Una vocazione che trae origine e forza dalla storia e dalla cultura comuni, perché la storia d'Europa è indissolubilmente legata alla storia degli israeliti. Al punto che nessuno oggi potrebbe immaginare come sarebbe stata l'Europa senza l'apporto dei tanti pensatori, scrittori, scienziati, economisti, persino psicologi e sociologi, che sono stati ad un tempo - non dimentichiamolo mai - grandi ebrei e grandi europei, e anche, in particolare, grandi italiani.
Non posso dunque che accogliere con la più grande soddisfazione l'indicazione di una collaborazione sempre più intensa fra industria italiana ed israeliana, che si è sostanziata oggi nella decisione di avviare un Business Dialogue permanente.
I nostri paesi sono chiamati a fronteggiare anch'essi le difficilissime sfide poste dalla crisi finanziaria internazionale e dal rischio di sue gravi ripercussioni già percepibili sull'economia reale. L'Unione Europea ha dimostrato di essere pronta a fare la propria parte per edificare una più sana governance globale : ha definito in poco tempo - e questa è stata una prova importante, a dispetto dell'eccessivo scetticismo che spesso circonda la costruzione europea - una posizione comune e richiamato tutte le maggiori potenze mondiali alla necessità di una spedita concertazione per fare fronte a un'allarmante emergenza, stimolando così la convocazione del G20 di una decina di giorni fa.
L'Unione Europea dovrà anche impegnarsi per fare in modo che i nostri ed altri Paesi non si chiudano in se stessi, come già accadde in passato con le conseguenze che tutti conosciamo. Anche sotto questo profilo, lo sviluppo dei rapporti economici fra Israele ed Italia, e fra Israele ed Unione Europea, merita di essere decisamente incoraggiato.
Le potenzialità di collaborazione e la comunanza dei valori - fra cui innanzitutto la vitalità della democrazia parlamentare - sono tali da fare di Israele un candidato naturale ad un'intesa sempre più stretta con il nostro continente.
Ma esiste un secondo aspetto della realtà economica israeliana e delle opportunità che essa offre sul quale desidero attirare la vostra attenzione : il suo valore anche per il successo dell'agenda della pace.
Israele può fare molto per migliorare le condizioni di vita ed il benessere della popolazione palestinese. L'instaurazione di relazioni di buon vicinato e di una proficua collaborazione tra Israele ed un futuro Stato palestinese indipendente, democratico e vitale passa senza dubbio attraverso una riduzione della forbice della povertà che separa le due società civili. Rendere evidenti le ricadute che in questo senso può avere un accordo di pace contribuirà a porre le premesse per il superamento del conflitto.
Ho ascoltato dal Presidente Peres e da altri eminenti rappresentanti della politica israeliana le stesse parole che ho ascoltato questa mattina dal Presidente dell'Autorità Nazionale Palestinese Abbas: economia e pace sono una sintesi inscindibile e l'una non può che avvalersi e far leva sull'altra.
La comunità internazionale, con l'Europa in prima fila, è impegnata fortemente : attraverso l'assistenza alla popolazione palestinese e l'impegno per la nascita di attività produttive nei Territori, esigenza su cui ancora una volta, insieme, in questi giorni, sia le autorità israeliane, sia le autorità palestinesi, hanno richiamato la nostra attenzione e sollecitato la nostra collaborazione ; con investimenti per la creazione di parchi industriali in cui convergano il know-how avanzato degli israeliani e l'ampia disponibilità di manodopera palestinese ; con iniziative quali la conferenza imprenditoriale del maggio scorso a Betlemme, in cui uomini d'affari palestinesi, israeliani ed internazionali, molti provenienti dai Paesi arabi, hanno discusso delle opportunità di business da realizzare nei Territori e a partire dai Territori.
L'Italia, l'imprenditoria e la società civile italiane intendono contribuire - vorrei dire a questo proposito una parola di apprezzamento anche per i rappresentanti, che ho incontrato questa mattina a Betlemme, delle ONG e del volontariato - ad un grande progetto di sviluppo, diretto a trasformare progressivamente il Medio Oriente in una zona di stabilità, di pace e di progresso economico.
E' questo un disegno ambizioso che coincide con la visione del Presidente Peres di un "Nuovo Medio Oriente", che è stato possibile concepire solo grazie all'avvio dei negoziati di pace, e che potrà realizzarsi pienamente solo con il successo di questi ultimi.
Si tratta di un obbiettivo che si colloca nel quadro del processo euro-mediterraneo, che sarà ora rinvigorito dall'Unione per il Mediterraneo, in cui significativamente - oltre a Malta e Grecia - sono stati assegnati dei posti di co-Segretari Generali a Israele, Autorità Palestinese e Italia. Insieme dovremo quindi lavorare - italiani, israeliani e palestinesi, congiuntamente a tutti gli altri Paesi membri - per fare in modo che un ambizioso traguardo come questo, che interessa l'intera regione, non resti sulla carta.
Prioritario è un più forte impegno da parte di tutti per abbattere in Medio Oriente i muri della diffidenza e della paura.
L'esperienza vissuta dall'Europa dopo la conclusione del sanguinoso e distruttivo secondo conflitto mondiale, dimostra che è possibile sostituire la rivalità e il conflitto con la speranza e persino con l'integrazione. In Europa, la visione e l'impegno per realizzare un futuro completamente diverso dal passato ha cambiato il corso della storia, più ancora che il semplice raggiungimento della pace.
Israele ha un enorme potenziale da offrire per la realizzazione di un "Nuovo Medio Oriente", in cui lo sviluppo, l'integrazione economica e la crescita della democrazia possano alimentarsi a vicenda in un circolo virtuoso capace di muovere in direzione opposta a quella della violenza e del terrorismo, di cui da troppo tempo subiamo i flagelli.
Posso assicurarvi, e posso assicurare Lei, caro Presidente Peres, che l'Italia saprà fare a questo fine la sua parte.
Colgo l'occasione, in questo momento conclusivo della mia visita, per ringraziarla ancora per le manifestazioni di simpatia e amicizia che ha rivolto non solo alla mia persona, ma al paese e al popolo italiano.