Novi Sad 19/06/2009

Incontro conclusivo del Presidente Napolitano con la stampa in occasione del XVI Vertice dei Capi di Stato dei Paesi dell'Europa Centrale

XVI VERTICE DEI CAPI DI STATO
DEI PAESI DELL'EUROPA CENTRALE

INCONTRO CONCLUSIVO CON LA STAMPA

Novi Sad 19 giugno 2009

 

La discussione informale è ritornata un po' sui temi di questa mattina: l'allargamento, la crisi economica e così via. Mi pare che un punto abbastanza cruciale rimanga quello dell'allargamento, nel senso che è sospesa di fatto la posizione della Croazia, che voi sapete essere un Paese candidato con il quale si è aperto un negoziato ma con ostacoli che al momento non risultano superati; poi ci sono più, in generale, punti di vista sull'allargamento ulteriore dell'Unione che sono stati messi a confronto.
Ho espresso l'opinione che l'allargamento può essere perseguito e possano essere vinte le posizioni ostili che ci sono e si sono manifestate anche nel corso della recente campagna elettorale e hanno avuto in alcuni Paesi successo: posizioni che sono più in generale ostili all'integrazione europea, ma di sicuro ostili anche all'allargamento ulteriore dell'Unione, riflettendo innanzitutto riserve sull'allargamento che c'è già stato.
Queste posizioni possono essere vinte se si dà la garanzia della prospettiva di un'Unione che allargandosi sia governabile, sia in grado di decidere, sia in grado di parlare con una sola voce, di svolgere un ruolo rilevante sulla scena internazionale. Di qui, naturalmente, le diversità dei punti di vista, che nascono dal fatto che non tutti hanno fino in fondo accettato la prospettiva di un processo di integrazione europea che via via si approfondisca, che non solo veda allargamenti della membership dell'Unione ma veda ulteriori sviluppi della integrazione stessa.
Però, mentre oggi pomeriggio facevamo questa discussione in modo informale, siamo stati raggiunti dalla notizia dell'accordo che è stato sottoscritto a Bruxelles: è un accordo unanime, perché la regola è che non c'è decisione se non è unanime. È stata perfino presentata proprio da parte del governo ceco la bozza di conclusioni a nome della Presidenza, che è stata ceca nel corso di questi 6 mesi. E questo testo è stato sottoscritto da tutti.
Si parla chiaramente dell'interesse all'entrata in vigore del Trattato di Lisbona perché il Trattato crea una cornice più favorevole per l'azione dell'Unione Europea, per un'azione unitaria e coordinata dell'Unione.
E si esprime fortemente l'auspicio e il desiderio che il Trattato di Lisbona entri in vigore alla fine del 2009. Credo che si debba anche dire che in questo momento non dobbiamo sopravvalutare la resistenza o le riserve che vengono da qualche Stato membro. Come voi sapete, oltre l'Irlanda ci sono due Stati membri, la Polonia e la Repubblica Ceca, i cui Parlamenti hanno ratificato il Trattato di Lisbona ma i cui Presidenti non hanno ancora con la loro firma dato avvio al deposito degli strumenti di ratifica che sono indispensabili perché entri in vigore il Trattato. Poi siamo in attesa, pare addirittura a giorni, della sentenza della corte di Karlsruhe che dovrebbe dare il via libera alla firma del trattato di Lisbona da parte del Presidente tedesco (lo possiamo dire perché all'incontro di Napoli, pochi giorni fa, il Presidente Köhler ha fatto una previsione temporale, naturalmente con tutte le cautele del caso, circa il momento in cui potrà aversi questa sentenza) e quindi sbloccarsi completamente la questione del deposito della ratifica tedesca. E vedremo il referendum numero 2 in Irlanda: è importante che già ci sia stata, dopo la conclusione del Consiglio europeo, una dichiarazione del Primo ministro irlandese che parla del secondo referendum per la prima parte di ottobre. Quindi, da questo punto di vista, siamo sicuramente oggi più ottimisti di ieri, non solo per quello che qui si è detto.
Non vogliamo prenderci il merito di decisioni impegnative che sono consegnate alle conclusioni del Consiglio europeo di Bruxelles appena terminato, ma mi pare che ci sia stata una convergenza di intenti. È interessante vedere, e questo lo vorrei sottolineare, come il Presidente di uno Stato non membro dell'Unione Europea, allo stato attuale neppure candidato, con il quale si è aperto un negoziato, parlo precisamente del Paese che ci ospita , la Serbia, si sia nettamente pronunciato questa mattina a favore dell'immediata entrata in vigore del Trattato di Lisbona: è importante perché vuol dire che c'è consapevolezza, in quest'area così cruciale dei Balcani Occidentali, della necessità di un rafforzamento delle Istituzioni europee a cui questi Paesi si augurano di poter accedere.
Poi si è parlato della crisi economica, dell'energia: sono questioni anche un po' più tecniche, più specifiche, sulle quali si sono dette delle cose anche abbastanza interessanti.

Quindi è una valutazione positiva dell'accordo di Bruxelles?
Per questo aspetto senz'altro sì, per gli altri non ho ancora letto tutto il testo, ma comunque sembra che questo sia un punto determinante. Non so se si è creata quella European Systemic Risk Board, che è citata nelle conclusioni. Per quello che riguarda le decisioni da prendere in rapporto alla crisi finanziaria ed economica, soprattutto alle debolezze che hanno presentato i sistemi di regolazione delle attività finanziarie si è pensato di creare un board, chiamiamolo agenzia, autorità, per prevenire i rischi sistemici nel campo delle relazioni finanziarie. Sono passi che dimostrano che non si tratta soltanto di offrire stimoli alla ripresa, al rilancio dell'economia, ma anche di gettare le basi perché gli errori e le gravissime distorsioni del passato, che hanno prodotto questa scossa veramente terribile al sistema finanziario internazionale e ai nostri sistemi bancari, non si ripetano.

Secondo Lei possiamo essere fiduciosi in una Presidenza italiana al Parlamento Europeo?
Penso che l'onorevole Mauro ha tutti i titoli per aspirare all'incarico di Presidente del Parlamento europeo, di cui è stato un serio vicepresidente. L'ho conosciuto durante la sua prima legislatura quando eravamo insieme al Parlamento europeo, e per essere eletto alla Presidenza del Parlamento europeo conta molto il lavoro che si è fatto già all'interno della Istituzione, il modo in cui si è mostrato di conoscerla e di poter contribuire a governarla. Naturalmente è una questione di accordo politico.
La tradizione è che nel Parlamento europeo l'incarico di Presidente venga dato solo per metà legislatura e dopo due anni e mezzo si rinnovi la elezione e si cambi presidente: è sempre stato così, e per molto tempo l'accordo è stato fatto tra i due maggiori gruppi, il gruppo popolare e il gruppo socialista, quindi due anni e mezzo un presidente popolare e due anni e mezzo socialista; un'eccezione c'è stata proprio nei cinque anni in cui ero da ultimo membro del Parlamento europeo, perché allora non si raggiunse subito l'accordo tra popolari e socialisti, e si fece l'accordo tra popolari e liberali, con l'elezione per la prima metà della legislatura della popolare francese, signora Nicole Fontaine, e nella seconda metà della legislatura non di un socialista ma di un liberale, Pat Cox.
Al momento siamo in una situazione del tutto fluida perché il nuovo Parlamento non si è nemmeno ancora insediato, e il Consiglio di ieri e oggi non poteva essere la sede in cui prendere una decisione per l'incarico di Presidente del Parlamento europeo.
E poi bisognerà vedere quali sono le proposte del gruppo socialista e del gruppo liberale che sono rispettivamente il secondo e il terzo, numericamente, nell'Assemblea.

Lei ha fatto cenno a un ruolo solo parziale dell'Europa rispetto alla crisi economica che comunque c'è. Ieri la Presidente di Confindustria ha invocato riforme per uscire da questa fase di crisi, Lei crede che siano accettate?

La Presidente di Confindustria ha sollecitato riforme da fare in Italia, non da fare in Europa. Questa è una questione annosa. Poi, non saprei dire con esattezza se si riferisse alla riforma del sistema pensionistico o alla riforma della contrattazione o a ulteriori liberalizzazioni; sono cose di cui si è parlato anche in occasioni precedenti.
Non c'è dubbio che ci sia bisogno di riforme in Italia anche per l'economia. Collocherei non tra le ultime anche quello che può servire a rendere più efficiente e rapido il corso della giustizia civile, perché attualmente questo è un ostacolo non da poco agli investimenti, specialmente agli investimenti stranieri in Italia: la lentezza dei processi, la mancanza di certezze in materia di giustizia civile.
Per quel che riguarda l'Europa, quando ho parlato di risposte parziali mi sono riferito a qualcosa che è stato ampiamente discusso. Io sono dello stesso avviso - esprimo una opinione disinteressata non avendo responsabilità di governo - del Ministro Tremonti: sarebbe stato importante ricorrere allo strumento degli eurobond per finanziare progetti infrastrutturali, transnazionali come contributo alla ripresa economica. Questo non è stato possibile, non si è trovato un accordo su questo punto; perciò dico che la risposta in sede europea è stata parziale. Si è trattato più di condividere criteri in base ai quali poi ciascuno Stato membro avrebbe fatto la sua parte, avrebbe adottato il suo pacchetto di stimoli e di misure anticrisi, che non decisioni comuni che impegnassero anche risorse comuni.
Questo mi spinge a dire che, sotto tutti i punti di vista, o riusciremo a prendere più decisioni comuni, a fare più politiche comuni, oppure l'Europa pagherà le conseguenze di una sua incapacità di azione unitaria.