E' per me un grande piacere ed è motivo di vivo interesse aver potuto partecipare a questo incontro. Voglio salutare in particolare Emilio Colombo che ha voluto associarsi a questa mia visita in Basilicata da protagonista e testimone dell'evoluzione di questa regione, in modo particolare - va detto oggi - dell'evoluzione della città di Matera.
Ringrazio molto il Sindaco - personalità che ho sempre apprezzato per la sua indipendenza politica e per la sua qualità culturale - per il discorso che ci ha rivolto.
Mentre sentivo parlare il sindaco Buccico e, già ieri sera, mi affacciavo dall'alto alla conca dei Sassi, mi venivano in mente le parole dell'incipit di una grande opera di un grande scrittore: "Profondo è il pozzo del passato". In questo "pozzo", in un paese come il nostro, bisogna calarsi con il gusto della ricerca e il senso di uno straordinario patrimonio culturale e artistico da esplorare e valorizzare con l'orgoglio della propria identità. E' quello che si è saputo fare a Matera nel corso degli ultimi 50-60 anni, durante i quali ho sfiorato più volte questa città.
La prima volta ho visitato la città di Matera nei primi mesi del 1946: accompagnavo una personalità politica che era, nello stesso tempo, un grande studioso dell'economia agraria e del paesaggio agrario, Emilio Sereni. Con lui feci il viaggio in macchina da Napoli che durò l'intera notte. Da allora si è fatta molta strada e questa realtà è profondamente cambiata. E' cambiata a partire forse proprio dalla legge sui Sassi che qui il Sindaco ha ricordato facendo il nome di Alcide de Gasperi, facendo il nome di Emilio Colombo e - gliene sono grato - facendo anche il nome di Michele Bianco .
Rammento quella figura gracile, quella voce anche forte ma nello stesso tempo così esile, quel materano che aveva fatto della causa di una legge per i Sassi la causa della propria vita e del proprio impegno parlamentare.
Vorrei dire - e Emilio Colombo lo sa anche meglio di me - che quelli erano tempi in cui non si facevano troppi complimenti fra maggioranza e opposizione. C'era conflitto non solo politico ma ideologico, ma ci si rispettava, ci si ascoltava. C'era civiltà nei rapporti tra gli schieramenti politici in Parlamento e nei rapporti tra le persone che facevano politica. E in questo senso, anche se non faccio più politica, mi si consentirà di nutrire una certa nostalgia. La nostalgia non è un sentimento indegno purché non sia soltanto idoleggiamento del passato.
Comunque si è fatto molto. Ma allora - quando faceva la sua battaglia Michele Bianco e quando operava dal governo Emilio Colombo e alla guida del governo c'era Alcide de Gasperi - si parlava dei Sassi in chiave di liberazione della gente che ci viveva da condizioni di vita primitiva. Poi è venuto l'altro grande impegno: far rivivere i Sassi come straordinaria testimonianza di un patrimonio storico, culturale e artistico inimitabile. E si è riusciti anche in questa seconda impresa, che poi sostiene lo sforzo - di cui ci ha parlato il Presidente del circolo "La Scaletta", un circolo così benemerito - volto a portare avanti una politica vincente di valorizzazione della cultura, e di sviluppo del turismo nello stesso tempo, a Matera e in Basilicata. Penso che questo sia uno dei grandi filoni di una nuova prospettiva di sviluppo, più in generale, di tutto il Mezzogiorno.
Certe volte mi capita di dire ad amici delle regioni del Nord che mostrano più difficoltà a riconoscere il Mezzogiorno: questo patrimonio è anche vostro, è il patrimonio dell'Italia unita; dovete esserne orgogliosi anche voi. C'è un orgoglio particolare di chi vive questa identità a Matera, in Basilicata, ma quel che si è valorizzato a Matera è parte del più grande patrimonio storico, culturale e artistico dell'Italia. Dell'Italia che abbiamo voluto unificare: che hanno voluto unificare i garibaldini, i bergamaschi e i liguri congiuntisi con i siciliani che hanno fatto la loro rivoluzione. E di lì che è nato un connotato essenziale del moto risorgimentale, del moto unitario. Perché - avrò modo di dirlo più ampiamente in Rionero in Vulture - mai si è immaginato da parte dei protagonisti del nostro Risorgimento che si potesse fare l'Italia senza il Mezzogiorno.
Senza il Mezzogiorno non ci sarebbe stata l'Italia e non ci sarà sviluppo per l'Italia senza il Mezzogiorno. Per quanto duro sia trarne tutte le conseguenze, questa è una verità che deve guidare anche la politica delle istituzioni nazionali.
Caro Presidente Tortorelli, è stato fortissimo il contributo delle imprese, dell'intraprendenza e della creatività dei nostri imprenditori, e conta moltissimo il capitale umano, la capacità professionale delle nostre forze di lavoro, però occorre innanzitutto riportare in primo luogo, al posto che le spetta, la questione meridionale.
Si dirà: è un'espressione antica. Anche qualche studioso ha scritto che si dovrebbe abolire la questione meridionale: insomma, dà fastidio, è un'espressione che sembra desueta. Io dico: chiamiamola come vogliamo, ma qui c'è una parte del Paese, una parte cospicua del Paese, che continua ad essere troppo lontana dai livelli di sviluppo e dalle condizioni di vita dell'altra parte del Paese. Superare questo dualismo del nostro sviluppo, questa profonda divaricazione, questo sempre grave divario è una delle missioni per cui è nato lo Stato unitario ed è un obiettivo attuale e irrinunciabile dell'Italia d'oggi.
Vorrei ringraziare il Presidente Restucci che una volta mi guidò - non l'ho dimenticato - in una passeggiata per Venezia facendomi scoprire quell'altra meraviglia: lo ritrovo qui che ci aiuta a capire la meraviglia di Matera. Ebbene, dovremmo trovare un momento di sintesi che significhi rafforzamento della nostra comune consapevolezza dell'unità, dell'indivisibilità della nazione italiana.
Dovremmo arrivare ad un impegno convergente, per far crescere il nostro Paese in un mondo cambiato, in seno al quale l'Italia potrà avere il posto che le spetta solo se rafforzerà la propria unità.