Milano 07/12/2009

Intervento del Presidente Napolitano in occasione dell'incontro con le Associazioni delle vittime del terrorismo nel 40° anniversario della Strage di Piazza Fontana

Ho voluto cogliere l'occasione della mia presenza a Milano per incontrarvi, in modo da dare continuità e conclusione a un impegno che ho cercato di avviare il 9 maggio scorso quando, nella seconda celebrazione della Giornata dedicata alle vittime del terrorismo, ho richiamato l'attenzione e ho incentrato la riflessione precisamente su quel giorno della strage di Piazza Fontana, a 40 anni da quella terribile strage.

Credo che le due occasioni - la prima nel 2008 e la seconda nel 2009 - siano state importanti perché il chiedere giustizia per le vittime del terrorismo, per tutti coloro che hanno pagato, non significa solo chiedere riparazione ai tribunali ma chiedere giustizia e riparazione alla nazione.

Io ho cercato di esprimere e trasmettere questo sentimento e di adempiere questo dovere. Debbo dire che nel corso degli anni già trascorsi nello svolgimento del mio mandato quelle due giornate sono forse gli eventi nei quali mi sono sentito maggiormente coinvolto dal punto di vista umano e dal punto di vista morale. Abbiamo parlato il 9 maggio proprio della strage di Piazza Fontana e non ripercorrerò gli elementi di analisi e le considerazioni svolte in quella occasione, ma solo ricordare che ho colto quel momento per riavvicinare due persone che in qualche modo, direi in modo emblematico, hanno rappresentato la complessità e la tragicità di quegli eventi: la signora Calabresi e la signora Pinelli, che sono molto lieto di vedere ancora qui oggi e che torno a ringraziare per aver voluto accogliere quell'invito.

Vedete, io qualche volta mi domando se in altri paesi si siano vissute vicende paragonabili a quelle che abbiamo vissuto noi in Italia tra la fine degli anni Sessanta e ancora negli anni Ottanta: la lunghissima stagione del terrorismo, di quello che poi è stato un terrorismo ideologico dichiarato, ma che all'inizio fu un terrorismo subdolo senza apparenti rivendicazioni e non meno perverso nelle sue motivazioni e nelle sue azioni.

In effetti, credo che si possa dire che anche altri grandi paesi che hanno costruito o ricostruito e consolidato sistemi democratici, Stati di diritto, hanno attraversato prove durissime. E non c'è dubbio che in diversi casi - pensiamo alla storia della maggiore democrazia moderna, alla storia recente degli Stati Uniti d'America - non tutte le ombre sono state diradate, non tutta la verità è stata accertata, anche su fatti di enorme portata come l'assassinio del Presidente degli Stati Uniti.

Ciò però nulla può togliere a noi della gravità della ferita che è rimasta, della tragicità di questa vicenda, sia per gli interrogativi angosciosi che non hanno trovato piena risposta e che essa ancora ci ripropone, sia per gli avvertimenti sempre allarmanti che può suggerirci.

Noi dobbiamo a tutti i costi evitare che si riproducano condizioni paragonabili a quelle nelle quali avvennero i fatti di cui voi personalmente avete conservato il segno della sofferenza più profonda. Dobbiamo sempre evitare che in Italia la dialettica tra le parti politiche e tra le parti sociali, i legittimi contrasti, le comprensibili divergenze diano luogo ad una tale esasperazione dei rapporti politici ed istituzionali, ad un tale accumularsi e manifestarsi di tensioni da minacciare lo svolgimento pacifico della vita civile. Questo ci dice anche la strage di Piazza Fontana, un avvertimento che ci rimane, una lezione che non dobbiamo mai dimenticare.

Io vorrei però esprimere innanzitutto la mia ammirazione per come avete per quarant'anni continuato a vivere la sofferenza del primo momento: è stato molto duro e non avete mai accettato di chiudere la parentesi, non avete mai accettato di ritornare nemmeno soltanto nel vostro privato dolore e nel vostro privato ricordo.

La mia ammirazione per la tenacia, per la passione civile, per la forza di volontà con cui avete continuato a alimentare una memoria collettiva, non semplicemente memorie personali e private, e a proporre temi di riflessione. Si è detto qui: memoria e riflessione. Sono questi, effettivamente, i due impegni a cui voi non avete abdicato, e a cui l'Italia e la coscienza nazionale non possono abdicare.

Ho detto, precisamente nel discorso del 9 maggio 2009: questa vicenda è un peso che la storia dello Stato italiano porta su di sé, ed è un peso con cui deve fare i conti la coscienza di tutti gli italiani. Memoria, per capire quello che è accaduto; memoria, anche per cercare di andare oltre. Comprendo bene cosa significhi una giustizia incompiuta, una giustizia che ha lasciato troppe ombre, una verità che non è stata mai pienamente accertata.

Continuate pure a cercare perché si possa recuperare qualsiasi frammento di verità rimasto nascosto. Spero che questa vostra ricerca, a cui debbono collaborare tutte le istituzioni, possa condurre a dei risultati. È nello stesso tempo essenziale che quello che avete vissuto, quello che è accaduto nel nostro paese, diventi parte di una consapevolezza storica, soprattutto per le nuove generazioni. Sono passati quarant'anni, e ci sono persone adulte, non solo dei giovani o dei giovanissimi, che non hanno vissuto e fanno fatica anche soltanto a rivivere nella memoria o nella storia quelle vicende. Questo è uno dei compiti che voi avete assunto, ed è giusto che lo portiate avanti.

E infine riflessione: su quello che c'è nella nostra società e nel nostro Stato di ancora convulso, torbido, non pienamente risolto, non pienamente maturato.

Dobbiamo riuscire a gettare le basi di una vita democratica per il nostro Paese che non corra più i rischi terribili, le fratture terribili che ha conosciuto alcuni decenni orsono.

In questo senso io vi sarò sempre vicino, e oggi desidero rinnovarvi non solo i miei sentimenti di solidarietà ma il senso della mia ammirazione per quello che avete fatto e che oggi vi impegnate a continuare a fare.