Verona 08/04/2010

Saluto del Presidente Napolitano in occasione dell'incontro con il Sindaco di Verona e i rappresentanti della Giunta e del Consiglio Comunale

Ringrazio e saluto cordialmente voi tutti, ringrazio il Sindaco per il sacrificio della cravatta. Un tempo il Presidente della Camera dei Deputati donava la cravatta al Deputato che ne fosse sprovvisto. Lei, senza nemmeno questo incentivo, si è sottoposto al sacrificio di indossarla. La ringrazio e ringrazio Voi tutti, come ringrazio i cittadini, per l'accoglienza che mi è stata riservata.

In realtà debbo dire che mi sentivo in ritardo e in debito con Verona perché in questi quasi quattro anni ho visitato quasi tutti i capoluoghi del Veneto: sono stato a Venezia, Padova, Treviso e Vicenza, ma mancava Verona. Colmo il ritardo e l'insufficienza e sono molto contento di essere in questa meravigliosa città. Sono contento di essere qui anche perché viviamo - io con voi - un momento di grande identificazione con principi e valori comuni. Mi consenta di dire, caro Sindaco, che in questo senso io mi ritrovo in quello che Lei ha detto.

Ringrazio il Vice Presidente del Consiglio Comunale per le espressioni molto generose nei miei confronti, ma l'importante è che qui ho sentito esprimere concetti e richiamare principi e valori che ci sono comuni, che sono la base del nostro stare insieme in questo Paese. Viviamo insieme sulla base di principi, di valori, di regole, sulla base di un retaggio storico che cerchiamo naturalmente di rinnovare e far rivivere; e vi posso garantire che nello sforzo non facile che ogni giorno io debbo affrontare per garantire, come è necessario, il massimo di equilibrio, di imparzialità e di rigore nell'esercizio del mio mandato, quello che mi conforta è proprio la consapevolezza di questa condivisione di fondo.

Lei ha fatto anche cenno non solo a dei problemi molto delicati di sviluppo economico e sociale in una fase ancora critica (e ne parleremo domani nell'incontro con i rappresentanti delle categorie economiche), ma anche a problemi di carattere istituzionale.

Vorrò, anche domani in una sede che ha maggiore pubblicità, ribadire la mia convinzione - che non è di questo momento e non è nemmeno solo successiva alla mia elezione a Presidente della Repubblica - che l'unità nazionale, questo valore che debbo rappresentare e tutelare, richiede come condizione lo sviluppo di tutte le componenti autonomistiche del nostro ordinamento.

C'è stata una svolta, io ritengo, non sufficientemente forse valorizzata quando con la Repubblica si sono create le prime Regioni a Statuto Speciale, e quindi gli Statuti sono stati costituzionalizzati, e proprio il riconoscimento di quello status speciale a cinque regioni nel nostro Paese ha rappresentato una condizione per il rafforzamento della nostra compagine unitaria, perfino della nostra coesione territoriale. E poi si è lavorato, tra molti alti e bassi, ritardi, insufficienze e anche delusioni, a costruire uno Stato che non fosse più centralistico, che non fosse più conformato ad una regola di appiattimento delle diversità e delle molteplici risorse del nostro Paese in un unico schema.

Sono sempre e più che mai di questo avviso e sono persuaso che il cammino debba continuare, debba continuare innanzitutto attorno ad un nucleo che si è già venuto definendo con la Legge di attuazione del Titolo V, la Legge del "Federalismo Fiscale", che poi richiede di essere integrata e completata da molte altre misure di riforma.

Io sono stato molto impegnato da Presidente della Camera per la elaborazione e l'approvazione della legge con la quale si è dato il via alla elezione diretta dei Sindaci, e sono sempre rimasto convinto che sia stata una scelta profondamente giusta e che si sia dimostrata valida nel tempo. Questo non è sempre vero: ci sono anche Riforme o Leggi importanti delle quali poi magari ci si debba pentire. Di questa io non mi sono mai pentito, perché è stato l'inizio di una svolta in senso autonomistico più conseguente di quella che si fosse fatta in linea di principio scrivendo l'articolo 5 della Costituzione, che è comunque un articolo cardine, perché si lega precisamente il concetto di indivisibilità e unità della Nazione italiana all'incoraggiamento e alla promozione delle autonomie. Quella legge è stata importante. Noi abbiamo oggi dei Sindaci che sono espressione diretta dei cittadini, che hanno capacità di governare, hanno potere di decidere assai più che nel passato e di decidere anche fuori di eccessive pastoie di trattative politiche, partitiche. Il fatto di avere, noi più anziani, sperimentato che cosa fosse la lunga, defatigante trafila per giungere addirittura alla scelta del Sindaco, per non parlare della selezione di una Giunta comunale, ci induce a dire che abbiamo fatto bene, che abbiamo preso una strada valida, poi riconosciuta tale dai cittadini, con il conforto che hanno dato ogni volta e dovunque si sia votato per eleggere il Sindaco della città e talvolta con larghissimo consenso, come nel caso del Sindaco Tosi che è qui con noi.

Poi ci sono problemi delicati - voi li conoscete meglio di me - che non basta una legge, quello che è scritto in una legge, per risolvere in modo soddisfacente: sono i problemi dell'equilibrio tra il potere del Consiglio comunale anzi, direi meglio, il ruolo del Consiglio comunale e i poteri dell'Amministrazione e del Sindaco.

Credo che non si debba fare nessun passo indietro rispetto a ciò che ha garantito efficienza di governo a livello della Amministrazione Comunale, ma certamente è giusto dare spazio ad un Consiglio Comunale che si esprima, che abbia voce, che influenzi, come è giusto, gli orientamenti della Amministrazione Comunale. Ma questo è un aspetto della riforma che, per così dire, è sempre da costruire, è sempre da realizzare nella pratica. L'importante è essere guidati da una idea di valorizzazione delle autonomie in un quadro unitario regionale e nazionale. Io mi auguro, per davvero, che si possano nel nostro paese fare ancora dei passi essenziali in questa direzione con la condivisione che è necessaria.

Dobbiamo entrare in una fase riformatrice, forse c'è uno spazio anche temporale più propizio ad una riflessione adeguata, senza disperdere le occasioni. Io davvero sento molto, perché la conclusione di questa legislatura parlamentare sarà anche la conclusione del mio mandato di Presidente, che non dobbiamo trovarci di fronte ad una legislatura sprecata per le riforme. Naturalmente, le riforme sono una parola che rischia di diventare talvolta un po' generica, ossessiva, ripetitiva, dobbiamo sapere di che cosa si tratta e comunque, discutere bene di che cosa si debba trattare: ma in sostanza vanno realizzate le riforme che sono necessarie e di cui realisticamente esistono le condizioni, perché sono obiettivamente maturate nella coscienza del Paese.

Io condivido profondamente, se mi permettete una parola da meridionale perché soprattutto quando vado nel Mezzogiorno, io penso di dovervi parlare un linguaggio di verità. Lei, Sindaco, ha parlato di distorsioni anche nell'impiego delle risorse disponibili o delle risorse che vengono al Mezzogiorno, per esempio dall'Europa, e ha detto: "E' colpa non dei cittadini ma della politica se ci sono sprechi e inefficienze". Sì, credo che questo sia vero. C'è una responsabilità delle classi dirigenti, ma dovunque, al Nord come al Sud, bisogna che ciascuno sia esigente verso sé stesso, anche i cittadini in quanto tali. Non credo che la qualità della vita che c'è a Verona sia soltanto una creazione degli amministratori; non ci sarebbe questa qualità della vita se non ci fosse senso civico, senso dei doveri e dei valori da rispettare ciascuno di noi in quanto cittadino. Ed è questo un aspetto che davvero credo meriti di essere valorizzato e sia alla base di ciò che avete realizzato e cercate quotidianamente di realizzare.

Auguro pieno successo, nell'ulteriore sviluppo del vostro impegno, a voi e a tutti i rappresentanti dei Gruppi di maggioranza e di opposizione e a tutti i componenti della Giunta.