Washington 26/05/2010

Indirizzo di saluto del Presidente Napolitano alla Joint Leadership Meeting presieduta dalla Speaker Nancy Pelosi

Signora Speaker della Camera dei Rappresentanti,
Onorevoli membri del Congresso,

vi ringrazio vivamente per l'opportunità che mi avete offerto di uno scambio di opinioni con personalità così altamente rappresentative del Congresso degli Stati Uniti. Ho speso gran parte della mia vita in Parlamento, in quello nazionale e, in anni più recenti, in quello europeo, e credo profondamente nel ruolo delle Assemblee elettive come pilastri dei sistemi democratici : in questo senso il Congresso degli Stati Uniti rappresenta un grande esempio per tutto il mondo libero.

La mia visita, su invito del Presidente Obama coincide con un momento che vede l'Europa al centro di perturbazioni monetarie e finanziarie che appaiono quasi un prolungamento della crisi globale scoppiata nel 2008. Ebbene, il messaggio che io desidero indirizzarvi a nome dell'Italia è un messaggio di rinnovata, convinta riaffermazione del valore delle relazioni transatlantiche e della validità del progetto di unità e integrazione europea. Potremo far fronte ai complessi problemi, alle molteplici sfide e minacce del nostro tempo, attraverso un crescente coinvolgimento di tutti i maggiori attori oggi presenti sulla scena mondiale nello spirito di una comune assunzione di responsabilità : ma innanzitutto tenendo ben viva e portando più avanti l'esperienza dell'impegno congiunto, in tutti i campi, dell'Europa e degli Stati Uniti. Questa è la convinzione, questa è la fiducia che certamente anima noi italiani.

Non c'è bisogno di ricordare quali antichi e profondi sentimenti di amicizia leghino il popolo italiano al popolo americano. Le Americhe hanno accolto, fino alla prima metà del secolo scorso, milioni di emigranti italiani ; e se rendiamo omaggio ai duri sforzi e sacrifici attraverso i quali essi hanno contribuito allo sviluppo, in particolare, degli Stati Uniti divenendone cittadini meritevoli e anche esponenti di rilievo, esprimiamo nello stesso tempo immutata gratitudine per come gli emigrati italiani di prima generazione sono stati accolti e hanno potuto integrarsi nella società americana. Oggi operano negli Stati Uniti migliaia di nostri giovani, tra i quali ricercatori impegnati in studi ed esperienze di particolare valore. La nostra cultura e la nostra lingua sono alimento più che mai vivo di quella corrente di simpatia e di quella collaborazione diffusa che rendono così intenso e ricco il rapporto tra l'Italia e il popolo americano. Radici profonde hanno d'altronde la nostra gratitudine e la nostra amicizia per gli Stati Uniti nel ricordo della parte che ebbero le forze armate americane, con un costo di vite umane ingente, nella liberazione del nostro Paese, e di tutta l'Europa, dal dominio nazista. Se mi è consentita una testimonianza personale aggiungerò che egualmente non posso dimenticare quale rapporto di compenetrazione e simpatia si stabilì tra la popolazione e le truppe americane che rimasero a lungo nella città di Napoli, dopo averla liberata il 1° ottobre 1943, e condivisero la drammatica condizione umana in cui la guerra l'aveva precipitata.

Al di là dei precedenti storici e dei sentimenti nazionali e personali, che ho voluto richiamare davanti a voi, è la realtà del mondo d'oggi che ci spinge a dire : attenzione, abbiamo cura delle relazioni transatlantiche, rafforziamole e portiamole avanti. Esse continuano a rivestire un'importanza fondamentale, anche se il mondo è cambiato e sta cambiando, anche se il baricentro degli affari internazionali si sta spostando lontano dall'Europa. L'esperienza di 60 anni dell'Alleanza Atlantica, la forza e la vitalità di questa organizzazione ; il patrimonio delle relazioni intrecciatesi in tutte le sfere - tra Europa e Stati Uniti - al di là del comune impegno militare e politico imperniato nella NATO ; e, last but not least, lo straordinario patrimonio di comuni principi democratici e di comuni valori umani, culturali, religiosi propri della civiltà europea reincarnatasi nel modello americano, ecco, queste sono risorse preziose oggi nel confronto con le realtà e i problemi del nostro tempo. Non penso si possa seriamente affermare che le relazioni transatlantiche contano ormai sempre meno.

Naturalmente, perché le relazioni transatlantiche diano tutto il contributo che possono dare, è necessario che l'Europa faccia la sua parte. E per Europa non intendo "a collection of Nation-States" ma intendo una entità politica unitaria, e cioè l'Unione di 27 Stati membri scaturita da una Comunità di 6 paesi, tra i quali l'Italia, che nacque nei primi anni '50 dello scorso secolo. La domanda che francamente mi pongo davanti a voi è però questa : l'Unione Europea è oggi all'altezza delle sue potenzialità e delle sue responsabilità? La mia risposta è che possiamo fare molto di più e molto meglio, se rafforziamo la nostra unità, se portiamo più avanti la nostra integrazione. E lo dimostrano gli avvenimenti di questi mesi e di queste settimane.

L'Euro, la grande creazione della moneta unica europea, non sta crollando ; chi parla di fine dell'Euro, fa un'affermazione superficiale, non seriamente fondata, esprime una propensione alle profezie catastrofiche o in qualche caso, forse, un wishful thinking. L'Europa sta vivendo una crisi che partendo dal caso estremo della Grecia ha investito l'intera Eurozona, ma si sta impegnando sempre di più per superarla. In effetti, dinanzi all'emergenza, l'Unione Europea si è trovata senza strumenti validi, senza meccanismi idonei per prevenire e risolvere una crisi simile ; e ha esitato ad adottare misure straordinarie per scongiurare l'insolvenza del debito pubblico della Grecia e per fermare il rischio del contagio, l'attacco speculativo contro l'Euro come tale ; ma infine misure forti sono state adottate dai governi e dalle istituzioni dell'Unione, e a ciò hanno corrisposto una coraggiosa decisione della Banca Centrale Europea e un importante contributo del Fondo Monetario Internazionale.

Non nasconderò tuttavia i problemi non lievi che sono rimasti aperti. Occorre rafforzare il sistema - che ha dimostrato gravi falle - dell'Unione Economica e Monetaria : creando concretamente un meccanismo e un Fondo europeo di gestione delle crisi, prevenendo improvvise e acute emergenze attraverso una più efficace sorveglianza di bilancio, un più stretto controllo dell'Eurostat sull'elaborazione dei dati di finanza pubblica dei singoli Stati, la creazione di un'Agenzia di rating europea, l'istituzione di un board per i rischi sistemici e la vigilanza macro prudenziale. Percorrendo questa strada, l'Unione Europea concorrerà anche a quella nuova cornice di regole del sistema finanziario mondiale, cui sia gli Stati Uniti sia il G20 sia il Financial Stability Board stanno lavorando.

Essenziale è consolidare nell'Unione Europea il Patto di Stabilità e di Crescita, la stessa "cultura della stabilità", bloccare l'aggravarsi del debito pubblico, del debito sovrano degli Stati ; compiendo nello stesso tempo ogni sforzo per promuovere lo sviluppo dell'economia europea, evitando rischi di deflazione, non recando danno ma contribuendo positivamente al rilancio dell'economia mondiale dopo la caduta del 2008-2009.

Per riuscire in questo sforzo certamente complesso e difficile nei suoi vari aspetti, e per esercitare un ruolo di rilievo nel mondo dinanzi agli sviluppi del processo di globalizzazione e all'emergere di nuovi grandi realtà nazionali e continentali, l'Europa deve compiere un deciso balzo in avanti sulla via dell'integrazione. Se si è ritardato ad adottare rimedi efficaci di fronte alla crisi greca, è perché da parte di alcuni Stati membri si è mostrata esitazione e riluttanza a mettere in atto strumenti comuni, ad attribuire maggiori poteri alle istituzioni europee.

Gli squilibri che si sono manifestati - andamenti divergenti non solo delle politiche di bilancio ma delle politiche economiche nazionali - sono la conseguenza del fatto che troppe leadership nazionali hanno resistito nell'ultimo decennio a un effettivo, stringente coordinamento al livello europeo ; hanno resistito ad allargare l'area delle politiche comuni dell'Unione, ad attribuire poteri adeguati alle istituzioni comunitarie, a conferire risorse più consistenti al bilancio dell'Unione.

Ma ormai o si va avanti decisamente in questa direzione o l'Europa rischia una grave perdita di ruolo se non l'irrilevanza. Soltanto parlando con una sola voce e portando avanti una politica estera e di sicurezza comune l'Europa può contare nella politica internazionale. Solo mettendo insieme le sue risorse e le sue strutture per la difesa, superando assurde duplicazioni e compartimenti stagno tra Stati nazionali, l'Europa potrà elevare la produttività della sua spesa militare e assumersi le sue responsabilità per la sicurezza collettiva.

In sostanza, è giunto per tutti il momento di riconoscere che nessuno Stato nazionale europeo, nemmeno i più forti, i più ricchi di tradizioni storiche, perfino imperiali, nemmeno i più ricchi ed economicamente avanzati, nessuno potrà con le sue sole forze contare come nel passato, se non contribuendo a costruire un'Europa più unita, integrata, efficiente e dinamica.

Parlare di Stati Uniti d'Europa è una eccessiva semplificazione. Federare Stati nazionali come quelli costruitisi in Europa nel corso di secoli e in alcuni casi divenuti potenti imperi, è impresa ardua, che non a caso è stata - fin dalla nascita della prima Comunità, quella del carbone e dell'acciaio - enunciata solo in termini ideali. Invece, è stata concepita in termini concreti un'entità europea basata su una parziale rinuncia alle sovranità nazionali, e sull'esercizio di quote di sovranità condivisa, da parte di un'istituzione rappresentativa degli Stati nazionali - il Consiglio - e di istituzioni sovranazionali, come la Commissione e il Parlamento.

Questa originale combinazione, definita come "Federazione di Stati nazione" o "Unione di Stati e di popoli", si è dimostrata vitale, anche se tra molti alti e bassi. L'equilibrio istituzionale di questa entità chiamata Unione Europea deve ora decisamente spostarsi a favore delle componenti sovranazionali, a favore del metodo comunitario. Si tratta di impiegare a tal fine in modo conseguente tutte le potenzialità che presentano le innovazioni istituzionali sancite nel Trattato di Lisbona. Il chiudersi in logiche dettate dall'egoismo nazionale, da presunzioni di autosufficienza o di egemonia nazionale, sarebbe fatale per le sorti dell'Europa.

Il "sogno europeo" - il sogno di un'Europa unita, capace di superare concezioni ristrette e ormai anacronistiche dell'interesse nazionale e del ruolo degli Stati nazionali - non è finito, non è sconfitto, non è condannato a finire nel nulla. Il suo punto di forza sta nel fatto che da "sogno" si è tradotto in necessità ; da lungimirante disegno si è tradotto in un imperativo categorico nelle condizioni del mondo di oggi e nella prospettiva del mondo di domani.

E' importante, molto importante, che l'Europa venga spinta dall'altra sponda dell'Atlantico, venga stimolata e sollecitata dal grande amico e alleato americano a unirsi e integrarsi sempre di più, con sempre maggiore coerenza ed efficacia. Avete ragione di chiederci di parlare con una voce sola, di presentarci, in quanto Unione Europea, come interlocutore coeso e affidabile, pronto ad assumersi le sue responsabilità sulla scena mondiale.

L'Italia è stata tra i paesi fondatori della Comunità Europea più convinti e più conseguenti nel sostenere lo sviluppo del processo di integrazione. E da ultimo, dinanzi alla crisi greca, ha preso una posizione netta a favore di un impegno collettivo dell'Unione nella misura necessaria e ha usato tutta la sua influenza perché nel Consiglio Europeo si giungesse a un'intesa in quel senso. Nello stesso tempo, ci siamo in questi anni mostrati e ci stiamo oggi mostrando pienamente consapevoli della necessità di uno sforzo molto serio per bloccare e ridurre il nostro debito pubblico; quest'ultimo è purtroppo molto ingente in cifra assoluta e in percentuale sul prodotto interno lordo (118,2 per cento) e deve, a partire dal 2012, iniziare una curva discendente. Va tuttavia rilevato che la situazione italiana è ben diversa da quella di altri paesi a forte indebitamento pubblico, non solo perché più della metà delle obbligazioni di Stato è nelle mani di italiani, ma perché l'Italia ha un indebitamento delle famiglie e delle imprese che è di gran lunga inferiore a quello di quasi tutti gli altri paesi e alla media europea.

Accanto a questo, altri elementi positivi per l'Italia sono in questo momento costituiti da segnali di ripresa dell'economia e in particolare da una forte crescita delle esportazioni rispetto all'ultimo anno.

Infine, l'Italia è impegnata attivamente a contribuire allo sviluppo della presenza internazionale e della politica estera e di sicurezza comune dell'Unione Europea. Vi contribuiamo tra l'altro con le risorse della nostra tradizionale amicizia con i paesi arabi, finalizzando i nostri sforzi al sostegno del processo di pace in Medio Oriente nel rispetto del diritto dello Stato di Israele a vivere in sicurezza. E alla presenza internazionale dell'Europa, contribuiamo con le decisioni del governo e del Parlamento, maggioranza e opposizione, a favore di una partecipazione - attualmente di circa 8 mila uomini e donne delle Forze Armate italiane - alle missioni dell'ONU, della NATO e dell'EU nelle aree di crisi, e in particolar modo in funzione della lotta contro il terrorismo. Siamo a fianco delle forze americane, sulle quali cade in così gran parte il peso e il sacrificio di questa lotta comune.

Signora Speaker, signore e signori, a nome delle istituzioni democratiche e del popolo che ho l'onore di rappresentare nella loro unità, vi rinnovo l'espressione del leale impegno di un'Italia che affronta i suoi problemi e si assume le sue responsabilità avendo per punti di riferimento l'Europa unita, l'America che sentiamo come sempre amica e solidale, l'alleanza transatlantica e, nel segno di un nuovo e coerente multilateralismo, la comunità internazionale.