Pisa 18/10/2010

Intervento del Presidente Napolitano alla cerimonia per il bicentenario della Scuola Normale Superiore

Vorrei anche io esprimere le più affettuose felicitazioni ai neo diplomati di oggi. Al Prof. Settis e al Prof. Beltram, che hanno avuto parole di caldo apprezzamento per la mia presenza a questo solenne incontro celebrativo, vorrei dire che essa è solo un piccolo segno del riconoscimento e della gratitudine che le istituzioni repubblicane debbono alla Normale di Pisa. Che le debbono per il contributo esemplare che, anche dal 1946 ad oggi, ha dato e continua a dare alla formazione e alla selezione della classe dirigente nazionale nelle sue migliori espressioni politiche e culturali, e per l'impegno civile che sempre esprime, al servizio della convivenza democratica e tenendo alto il prestigio internazionale del Paese.

Vorrei anche aggiungere che nella celebrazione del vostro bicentenario vedo un riferimento importante per le celebrazioni del Centocinquantesimo dell'Unità d'Italia, se si vuole - come è necessario - liberare la considerazione del nostro processo unitario da ricorrenti provincialismi, in chiave revisionista, che ne ignorano il respiro europeo e il radicamento nella storia d'Europa tra fine Settecento e metà Ottocento.
La stessa nascita, nel 1810, della vostra Scuola fu parte di un flusso di eventi e di messaggi ideali, provenienti dalla Francia dell'epoca rivoluzionaria e del periodo napoleonico, che costituì il retroterra essenziale del nostro Risorgimento: ho avuto modo di sottolinearlo, qualche settimana fa, prendendo la parola all'École Normale Supérieure di Parigi, vostra casa madre.

Naturalmente, sono qui, oggi, ben consapevole di come le tensioni sociali e politiche proprie della fase complessa e critica che l'economia e la vita pubblica stanno attraversando, in Italia e in Europa, abbiano investito direttamente il sistema universitario e le sue problematiche. Alla dottoressa Scermino e a tutti gli allievi dico dunque che è vero, nessuno può fingere di ignorare le difficili condizioni in cui versa il sistema, e aggiungo che anche io condivido la forte preoccupazione di studenti e docenti. E conto sul vostro "sentimento di responsabilità", al di là di ogni momento di comprensibile "frustrazione".

Per quel che mi riguarda, senza interferire nelle discussioni e nelle decisioni che hanno luogo in sedi di governo e parlamentari, sento di dover riaffermare - e non cesserò di farlo - il rilievo prioritario che va attribuito, non solo a parole ma nei fatti, alla ricerca e all'alta formazione, e dunque all'università. Lo faccio perché convinto di rappresentare quei principi costituzionali e valori condivisi su cui poggia l'unità nazionale: tale essendo il mandato, tale essendo il messaggio - ringrazio il Prof. Settis per averlo posto in luce - che sono tenuto a far vivere.

Il ruolo strategico della ricerca e della formazione per lo sviluppo futuro dell'Italia e dell'Europa - per uno sviluppo coerente con il patrimonio di civiltà che esse rappresentano e capace di reggere alle sfide di un mondo in via di radicale mutamento - non può essere a lungo negato o contraddetto; si imporrà, ne sono certo, al di là di ogni temporanea miopia: e ovviamente prima si imporrà meglio sarà, vi riflettano con lungimiranza tutte le forze politiche e sociali.
La consapevolezza di quel ruolo non è separabile dalla più ampia disponibilità e partecipazione al cambiamento necessario, cui non possono contrapporsi né interessi particolari né vecchi schemi e tabù. Il riconoscimento della priorità e della valenza strategica della ricerca e della formazione deve riflettersi sia nella scala delle elaborazioni e delle scelte di riforma sia nella scala degli investimenti di risorse pubbliche. Ma - e non è superfluo ripeterlo - aprirsi a misure di rigorosa razionalizzazione e qualificazione nell'impiego delle risorse, con tutto quello che ciò comporta sul piano dell'ordinamento degli studi e del governo dell'università, così da elevarne l'efficienza e il rendimento qualitativo, è complemento indispensabile del rivendicare mezzi finanziari adeguati a partire dai prossimi mesi.

La peculiare esperienza della Scuola Normale di Pisa, richiamata negli interventi di questa mattina, suggerisce con chiarezza due punti fermi.

Il primo è quello del rapporto tra ricerca e formazione. Vorrei ritornarvi con le parole di Antonio Ruberti, che abbiamo ricordato - nel decimo anniversario della sua scomparsa - pochi giorni fa a Roma, nell'Aula Magna de La Sapienza, per aver dato il contributo maggiore negli ultimi decenni - da posizioni di governo, anche a Bruxelles - all'avvio di una seria politica nazionale ed europea della ricerca. Anche se - egli disse parlando nel 1994 proprio all'Università di Pisa - "per una parte importante la ricerca si effettua nei grandi centri pubblici di ricerca e nei laboratori delle imprese... l'università resta, in modo elettivo, il luogo di incontro, di dialogo e di scambio reciproco tra le due funzioni che insieme definiscono la sua realtà: la ricerca e la formazione". Ed egli giunse a parlare della figura del docente ricercatore come di "una nuova figura di intellettuale". La memoria di Ruberti studioso, Rettore, Ministro, Commissario europeo e parlamentare merita, anche per l'attualità della sua lezione, di essere onorata.

L'altro punto fermo messo in luce oggi, e da ribadire con forza, è quello del rapporto tra uguaglianza di accesso e merito, per la formazione di una élite democratica (l'apparente "ossimoro" di cui ha detto il Prof. Cassese). L'aver saputo coniugare quei due principi, quei due valori, al più avanzato livello di formazione cui i giovani possano giungere, è parte costitutiva della tradizione della vostra Scuola, ma è anche esempio di un indirizzo che dalle scuole di eccellenza oggi presenti in Italia - da tutelare nella loro autonomia e specificità - può ben trasmettersi al nostro intero sistema universitario. Non si dimentichi che è posto in Costituzione il fondamento del rapporto tra uguaglianza dei cittadini, sancita nell'art. 3, e valorizzazione, con adeguati sostegni - negli studi - dei capaci e meritevoli, secondo la dizione dell'art. 34. Uguaglianza e merito: talvolta si cita un po' frettolosamente, in modo monco e unilaterale per convenienza polemica, la nostra Carta costituzionale, dimenticandone la sua splendida logica unitaria.

Vi ringrazio dell'attenzione. Avrete inteso come io intenda essere vicino al vostro impegno, al vostro sforzo e alle vostre istanze, esservi vicino anche e soprattutto in un "tempo ingrato", come ha voluto definirlo con parole nobili e amare, un normalista, il vostro e nostro Carlo Azeglio Ciampi.

E allora buon compleanno alla Normale, con l'augurio di sempre nuovi successi.