Pechino 26/10/2010

Conferenza stampa del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano al termine dell'incontro con il Presidente della Repubblica Popolare Cinese Hu Jintao

Presidente Napolitano
Credo che voi abbiate potuto leggere il mio ampio intervento di questa mattina alla Scuola centrale di partito, che in sostanza è la linea di condotta, l'insieme delle valutazioni che ho espresso nel colloquio con il Presidente. Le stesse tematiche fatalmente torneranno nei colloqui di domani con il Primo Ministro e il Presidente dell'Assemblea.

Naturalmente siamo facilitati dal fatto che, sia con il Presidente Hu Jantao poco più di un anno fa, sia recentissimamente con il Primo ministro, avevamo avuto già lunghi colloqui, di cui quello di oggi e quello di domani sono una continuazione.

Con il Presidente Hu Jintao ho insistito molto sul ruolo dell'Unione Europea nel rapporto con la Cina, di fronte alle sfide globali, di fronte ad appuntamenti molto importanti e impegnativi, come quello del G20 fra poche settimane a Seoul. Anzi sono partito dalla considerazione che rispetto all'incontro che avevamo avuto nel luglio dello scorso anno la situazione è sensibilmente migliorata: siamo in una fase di ripresa, sia pure molto variegata e non consolidata dell'economia mondiale. Ho valorizzato - come ho fatto anche questa mattina - il contributo che è venuto dalla Cina a questa ripresa e ad una prospettiva ulteriore di sviluppo dell'economia mondiale su basi equilibrate. Naturalmente, con la massima attenzione a problemi da risolvere e a nodi da sciogliere. Anche il Presidente Hu Jintao si è soffermato sulle questioni che stanno davanti al G20 a Seoul: cioè le questioni della governance economica, della riforma del sistema finanziario, della sorveglianza e vigilanza sui comportamenti dei sistemi bancari. Lo ha fatto molto nello spirito di una condivisione di queste responsabilità. Ha usato anche l'espressione significativa: "Siamo come passeggeri sulla stessa barca!". È una frase abbastanza importante, che corrisponde al concetto, che io stesso ho sviluppato questa mattina e ho ripreso ancora nel colloquio, della condivisione di responsabilità cui la Cina, nella misura in cui è diventata quello che sappiamo e in cui è cresciuta a protagonista dell'economia mondiale e delle relazioni internazionali, non può sottrarsi. Quindi assunzione di responsabilità: abbiamo citato, di scorcio, le cosiddette sfide - formula che ormai fa parte di un linguaggio comune da molto tempo - dell'instabilità, delle aree di crisi, del terrorismo, della criminalità organizzata. In questo mi pare che ci fosse veramente una piena sintonia.

Si è detto anche da parte mia che è molto apprezzabile il fatto che la Cina non presenti un quadro fatto solo di luci della sua trasformazione, del suo sviluppo e non occulti i problemi di molteplice natura che ha da sciogliere. Si tratta anche di problemi di sviluppo del sistema giuridico, problemi cioè di carattere politico, come quelli dei diritti.

Ho richiamato le nostre posizioni di principio in materia. D'altra parte questa mattina avete letto quei passaggi nel mio discorso alla Scuola centrale di partito anche con il riferimento - che è emblematico e che trova sensibili il Presidente - a principi che sono già nella Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo. Ho sostenuto che naturalmente noi non dobbiamo, non vogliamo, non possiamo fare la lezione. Riconosciamo che spetta solo alla Cina la scelta dei modi e dei tempi in cui affrontare questi problemi, che sono dinanzi allo sviluppo della Cina da tutti punti di vista. Questo è un atteggiamento anche di rispetto dell'autonomia delle posizioni e delle decisioni cinesi. Mi pare che sia stato apprezzato.

È inutile dire che ho messo molto l'accento sul ruolo che l'Italia svolge e intende svolgere all'interno dell'Unione Europea, facendosi particolarmente attivo promotore di un rapporto aperto di comprensione e di collaborazione con la Cina, sapendo che ci sono - ne ho appena sfiorato pubblicamente uno - dei nodi su cui si registra una incomprensione, come quello del riconoscimento dello status di economia di mercato alla Cina. Sono persuaso - non ne ho fatto mistero - che dobbiamo superare delle rigidità che oggi appaiono anche un po' anacronistiche, di fronte ad una realtà che preme e ha l'esigenza di proiettarsi pienamente nel nuovo scenario offrendo opportunità straordinarie per lo sviluppo dell'economia italiana, europea e mondiale.

In sintesi, voglio dire che, nella discussione che abbiamo avuto oggi e anche continuando la nostra conversazione attorno alla tavola del pranzo, il Presidente ha molto insistito sulla sua convinzione che l'Europa abbia un grande ruolo da giocare, indipendentemente dalle modificazioni che si sono verificate e si verificano negli equilibri mondiali, cioè il cosiddetto spostamento del baricentro. Ha, insomma, avuto accenti di grande convinzione circa il ruolo dell'Europa. E per quello che riguarda le relazioni bilaterali è tornato a battere sulla necessità che poi si qualifichi la presenza italiana, in modo particolare sul piano dei prodotti, degli investimenti in alte tecnologie, nel senso di puntare molto sulla qualità del nostro apporto e sulle capacità delle nostre imprese di esplorare tutte le opportunità che il mercato cinese offre.

Il mio è, dunque, un giudizio di grande soddisfazione. Abbiamo verificato quanto sia veramente forte l'attenzione, la simpatia, l'apprezzamento per il nostro Paese (ho sentito di nuovo anche dal Presidente Hu Jintao fare l'elogio del padiglione italiano all'Expo, che sono più che mai ansioso di visitare) e si è fatto riferimento agli accordi conclusi a Roma in occasione della visita del Primo Ministro Wen Jiabao (mi pare che siano sei fra protocolli ed accordi), agli obiettivi già raggiunti in materia di crescita dell'interscambio e i nuovi obiettivi che sono stati fissati.

Umberto Rosso - La Repubblica
A proposito del G20 che ha citato prima, un certo numero di premi Nobel hanno chiesto che il G20 prenda in esame la questione del Premio Nobel cinese, che sta in carcere e che per questo non può andare a ritirare il Premio. La questione è - lei ne ha anche parlato questa mattina e adesso - che la Cina va molto veloce sul piano dello sviluppo economico, ma piuttosto lentamente sul piano dei diritti umani e civili, come dimostra appunto questa vicenda. Sul caso specifico avete sollevato una questione? Avete intenzione di sollevarla?

Presidente Napolitano
Io sono venuto qui per una visita di Stato programmata da lungo tempo e come portatore di un messaggio che guarda avanti. Non avrei francamente fatto un viaggio in Cina in visita di Stato per puntare il dito su una questione specifica, anche se ha avuto molta risonanza, anche drammatica, in una parte dell'opinione pubblica internazionale o in certi ambienti internazionali.

Sono venuto per porre questioni di grande prospettiva per quello che riguarda il ruolo della Cina nel mondo, i rapporti fra l'Europa e la Cina, le sfide comuni dinanzi a cui è l'insieme delle istituzioni internazionali. In questo ambito, come lei ha rilevato, naturalmente non ho mancato di richiamare i problemi da affrontare, che d'altronde la stessa dirigenza cinese riconosce e di cui non fa mistero.

Poi, ne parlano nel linguaggio che è loro proprio, quindi in termini di miglioramento della democrazia, di miglioramento sul terreno dei diritti umani. Io ho ribadito le nostre posizioni di principio: sono posizioni del Governo e sono anche posizioni mie personali. Ma con tutto il rispetto per i premi Nobel per la pace, nulla mi sembra più stravagante che proporre che si ponga come punto all'ordine del giorno del G20 una questione di quella natura. Naturalmente, c'è la libertà di essere stravaganti, soprattutto al massimo livello, dal punto di vista dei premi internazionali, ma questo non fa parte della politica. Certamente non della politica internazionale dell'Italia.

Claudio Rizza - Il Messaggero
Una curiosità. Rispetto alle aree di crisi, in particolare a una delle aree che per noi, per tutti, è più sanguinosa, che è quella dell'Afghanistan e del Pakistan, c'è qualche novità riguardo all'impegno cinese o siamo genericamente fermi alla buona volontà di coinvolgere la Cina negli equilibri mondiali e nella soluzione dei problemi generali?

Presidente Napolitano
Non mi pare che la Cina, per conto suo, non si ponga problemi e che quindi attenda di essere coinvolta dall'Italia, dall'Europa o da altri soggetti, nella politica internazionale. La Cina, secondo me, è pienamente consapevole di "esserci dentro": questa espressione non vale solo per l'economia. Quando si dice "siamo passeggeri sulla stessa barca" ci si riferisce anche alle questioni - su cui io ho molto messo l'accento questa mattina ed anche oggi pomeriggio - della stabilità e sicurezza internazionale. Avendo evocato ad Hu Jintao, nell'incontro tra le delegazioni che si è tenuto oggi, le aree di crisi in cui l'Italia è impegnata anche attraverso missioni internazionali, quindi apertamente dell'Afghanistan, e avendo parlato - come avete notato stamattina - dell'influenza che la Cina esercita, per il peso che ha, la risposta è stata molto semplice: "Il Pakistan e l'Afghanistan sono paesi confinanti della Cina; quindi, la Cina non si ritiene certamente estranea; noi pensiamo che si debba compiere ogni sforzo per riuscire a stabilizzare e pacificare questi paesi, in modo particolare l'Afghanistan, nel più breve tempo possibile". Quindi, non è stato - come dire? - un atteggiamento di indifferenza. Certo, c'è il tema delle modalità dell'aiuto; egli infatti ha detto: "Noi aiutiamo"; poi, bisogna vedere come; ma si sa che è notevole il peso delle posizioni cinesi in Pakistan, mentre in Afghanistan il contesto è molto più labile.
Credo, quindi, che sia stato positivo questo tipo di risposta da parte di Hu Jintao.

Paolo Longo - Rai
Vedendo le riprese dell'incontro con Hu Jintao di questo pomeriggio, si nota che lei, all'inizio dell'incontro, ha posto una nota quasi personale. Ha parlato di "commozione"

Presidente Napolitano
Io ho parlato di emozione perché intanto io ero venuto in Cina una volta sola, nel 1984, quindi 26 anni fa, e ho trovato un altro paese: innanzitutto, quindi, per questo contrasto formidabile tra ciò che era la Cina allora e ciò che è oggi. Poi, anche l'emozione del pensare al ruolo che hanno avuto uomini come Hu Yaobang, che ho incontrato quando sono venuto nel 1984 a Pechino e che ho nuovamente incontrato quando egli è venuto a Roma nel 1986. Hu Yaobang è stato un uomo di punta delle riforme, della politica di Deng Xiaoping, ma ha poi avuto anche delle vicissitudini non facili, a causa delle posizioni assunte, se non vado errato, attorno al 1987 dinanzi alle prime proteste studentesche in Cina. Insomma, vedere che si è andati avanti su quella strada delle riforme e del cambiamento, in modo così impetuoso, è fonte di emozione. L'ho detto stasera al Presidente: "Io ho riconosciuto, di Pechino, soltanto la Città Proibita". E meno male che non sia cambiata, perché guai se venisse meno ogni testimonianza di un passato che è il passato di una grande civiltà. Ma, attorno, è cambiato tutto. Infine, emozione perché è una missione tra le più significative, che io abbia svolto finora, nel mio settennato, e che considero come un punto essenziale di questa seconda metà del mio mandato.

Avevo incontrato Hu Jintao un anno fa. Non so se ci fossimo incontrati in precedenza: a me pare un po' difficile, anche perché c'è un certo scarto generazionale. Credo, però, che alcuni degli attuali dirigenti, forse in modo particolare il Primo Ministro, siano stati vicini al Segretario Generale Hu Yaobang, del quale serbo un ricordo molto forte.

Antonio Talia - Agi
Presidente, Lei ha richiamato, durante il discorso alla Scuola centrale del Partito comunista cinese, il problema del riconoscimento alla Cina dello status di economia di mercato. Vorrei chiederle se ha affrontato questo problema con il Presidente Hu Jintao e come. Qualche tempo fa, il Premier tedesco Angela Merkel, ha fissato un obiettivo dicendo che la Germania si impegnerà per questo riconoscimento entro il 2016. Vorrei chiederle: come si impegnerà l'Italia per questo riconoscimento e come è disposta su un termine di questo genere?

Presidente Napolitano
Io ho esattamente citato, parlando con il Presidente Hu Jintao, quello che avevo detto stamattina alla Scuola centrale del Partito, cioè che mi sembrava che ci fosse qualcosa di anacronistico in quella posizione. Il Presidente Hu Jintao ha detto, molto semplicemente: "E' abbastanza contraddittorio, se non paradossale, che ci sia chiesto continuamente di comportarci da paese ad economia di mercato, e lo stiamo facendo, e poi ci si neghi tale status". Naturalmente, la questione ha anche una sua complessità tecnica, perché l'Unione si muove sulla base di determinati parametri e verifica se rispetto a tutti quei parametri la Cina "sia in regola".

Rimane però una difficile sostenibilità da parte dell'Unione di questa posizione riluttante e credo che il Ministro Frattini possa testimoniare che l'Italia non ha atteso questo impegno del Cancelliere Angela Merkel. In ogni caso, non so se ci proponiamo obiettivi temporali, come ha fatto il Cancelliere tedesco; ma credo che il nostro orientamento è di adoperarci perché non rimanga sul tappeto questo nodo, che poi può essere interpretato, da parte cinese, come persistenza di un sospetto, di un pregiudizio, se non di una discriminazione.

Franco Frattini - Ministro degli affari esteri
Su questo punto, che il Presidente ha richiamato, voglio ricordare che l'Italia per la prima volta affrontò il tema nel lontano 2003. Quando assumemmo la Presidenza dell'Unione Europea, infatti, affrontammo il tema dell'embargo delle armi, dato che l'Italia ha sempre ritenuto che si debba superare quella misura, che fu introdotta, come è noto, per ragioni storiche, dopo i fatti di Piazza Tienanmen, ma che oggi colpisce un'importazione - che la Cina non intenderebbe fare per dosi massicce - di armi di chissà che tipo. Se si tratta semplicemente di affermare che la Cina sia un grande pagatore, magari sottoscrivendo titoli in difficoltà, ma se poi manteniamo l'embargo delle armi, considerandola un interlocutore non affidabile, questo agli occhi della Cina appare un principio di discriminazione difficile da spiegare.

Questo vale anche per quello che il Presidente ha detto sullo status di economia di mercato. Noi ci sforziamo di chiedere molte cose. Dobbiamo farlo. Pensiamo ai diritti di proprietà intellettuale, alla possibilità di una progressiva liberalizzazione degli investimenti; ed è chiaro che questo significa esattamente riempire i quattro parametri che il WTO ritiene necessari per lo status di economia di mercato. La Cina li sta, uno dopo l'altro, raggiungendo, quindi si ha l'impressione che vi siano riluttanze di tipo politico, non di tipo tecnico.

Noi siamo impegnati: dire 2016 o 2014, francamente .... A nostro avviso, prima si raggiungono questi parametri, meglio è. Il fatto che l'Italia possa fare qualcosa è dimostrato da un esempio di queste ore. Voi tutti ricorderete che l'Italia si era battuta da due anni affinché la domanda di adesione della Serbia all'Unione Europea fosse finalmente esaminata. C'era la riluttanza prima di sei paesi, poi di quattro, poi di due, poi di uno e alla fine questa riluttanza è stata superata, anche grazie al lavoro pressante dell'Italia sui paesi riluttanti. Noi non abbiamo altro che il potere di convincere che questi sono i buoni argomenti, quelli che il Presidente ha illustrato.

Presidente Napolitano
Mi si ricorda che, oltretutto, tra due anni si completerà l'accesso della Cina al WTO (Organizzazione mondiale del commercio) e, a quel punto, sostanzialmente cadrà la questione del riconoscimento dello status di economia di mercato, rimarrà soltanto il fatto che l'Europa, fino alla fine, ha ciecamente, quasi per principio, detto di no. Non credo che abbiamo nulla da guadagnarci.

Alberto Spampinato - Ansa
Presidente, le vorrei fare una domanda di tipo personale, che riguarda la sua storia politica. Lei, ricordando certe emozioni, ha parlato della Lunga Marcia, di come essa abbia portato alla nascita di uno Stato nel nome del socialismo realizzato. Cosa rimane di quegli ideali di allora in questo paese che è ora proiettato nell'orizzonte dell'economia di mercato?
Vorrei poi chiedere un'altra cosa, a lei ed anche al Ministro Frattini: abbiamo saputo, oggi pomeriggio, che c'è stata una condanna a morte per Tareq Aziz, già Vice Primo ministro iracheno. Vorrei sapere se l'Italia pensa di fare qualcosa rispetto ad una pena veramente atroce, che il nostro Paese non riconosce....

Presidente Napolitano
Io, di solito, ho qualche difficoltà a prendere posizioni in tempo reale, quindi ad annunciare quello che farà l'Italia, dato che non sono soltanto io ad essere interessato. So solo, e adesso me lo documenta l'Ambasciatore Sessa, che l'Alto rappresentante della politica estera dell'Unione Europea, Lady Catherine Ashton, chiederà all'Iraq di bloccare l'esecuzione di Tareq Aziz. Quindi, c'è già una presa di posizione dell'Unione Europea. Suppongo che l'Italia corrisponderà con la sua posizione a quella dell'Unione Europea.

Franco Frattini - Ministro degli affari esteri
Ovviamente sì.

Presidente Napolitano
Quanto alla questione storico-personale che lei ha sollevato, quello che rimane delle speranze che suscitò la conclusione della mitica Lunga Marcia, cioè la nascita della Repubblica popolare cinese, è il significato liberatorio di quell'evento. La Cina era un paese profondamente disintegrato, un paese scivolato ai margini della storia, nonostante avesse avuto nella Seconda Guerra Mondiale una vicenda importante di resistenza alla dominazione giapponese: non per caso la Cina diventò uno dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza. Poi, fu veramente quel momento storico del 1949 che segnò la svolta e aprì la via a una nuova prospettiva, che fu molto lenta.

Io ho ricordato scherzosamente, durante il pranzo, al Presidente Hu Jintao, che un tempo l'obiettivo della dirigenza cinese era assicurare una scodella di riso ad ogni cinese. Ebbene, dico che di strada, da allora, se n'è fatta tanta, e questo non può non colpire.

Naturalmente, usciamo dall'ambito di visioni puramente ideologiche, anche relativamente alla Lunga marcia o alla Rivoluzione cinese. Qui si può discutere quanto si voglia: in ogni caso, è evidente che nel corso di tutti questi decenni è crollata l'utopia, l'illusione o la mistificazione di un sistema economico socialista pianificato alternativo all'economia di mercato. Quindi questa recente, impetuosa crescita della Cina si è collocata in una prospettiva diversa da quella che la dirigenza cinese dell'epoca di Mao e della Lunga Marcia aveva in mente.

Non dimentichiamo, però, che c'erano state molte altre cose dopo. C'era stata una stagione che io, che avevo salutato come evento storico la nascita della Repubblica popolare cinese, ho considerato un'orripilante degenerazione, cioè la Rivoluzione culturale. Poi c'è stata la grande stagione di Deng Xiaoping, che pure era un veterano, ma che ha avuto il coraggio di compiere un'altra svolta dopo quella del 1949: ed è sulla strada aperta da Deng Xiaoping che oggi si sta camminando.

Marco Del Corona - Corriere della Sera
Signor Presidente, nel suo discorso oggi lei menzionava il fatto che la Cina deve in qualche modo dimostrare un grado di responsabilità commisurato al suo peso, ormai enorme, sulla sfera mondiale. C'è uno scenario piuttosto delicato, che mostra una certa riluttanza della Cina a dialogare con voce uniforme come il resto della comunità internazionale: il caso dell'Iran. Chiedo a lei, ed anche al Ministro, se per caso si sia toccato tale tema.

Presidente Napolitano
L'ho toccato io stesso, nel corso della discussione e il Presidente Hu Jintao ha affermato di essere assolutamente convinto che si debba trovare una soluzione negoziale al problema, che però considera come problema di impegno ad evitare un'ulteriore proliferazione nucleare. Ha mostrato di avere fiducia nelle proposte dei Sei e attende una ripresa efficace del negoziato tra i Sei e l'Iran per giungere precisamente a una soluzione pacifica di una vertenza che ci preoccupa - come ho avuto modo di sottolineare - da parecchio e non da poco tempo.

Franco Frattini - Ministro degli affari esteri
Sempre sul tema dell'Iran, vorrei ricordare - molti voi lo sanno - come la Cina abbia molto sostenuto la proposta italiana di coinvolgere l'Iran per quanto riguarda le questioni transfrontaliere in Afghanistan. Quando noi abbiamo invitato l'Iran, che poi è intervenuto, anche con una presenza costruttiva e direi di successo, alla conferenza di Roma qualche giorno fa, noi abbiamo trovato nella Cina un alleato, che ha incoraggiato l'Iran ad offrire un contributo costruttivo nella lotta al traffico della droga, per una collaborazione sul terreno volta all'individuazione di traffico di armi. Poi, certamente, si condivide un po' con noi l'opinione che anche con l'Iran ci sono alcuni dossier da affrontare, che non possono essere tutti in qualche modo fusi nell'unica questione nucleare. Se l'Iran collabora alla stabilizzazione dell'Afghanistan sarà comunque utile per tutti noi. È chiaro che parallelamente dobbiamo chiedere che l'Iran s'impegni a tornare al tavolo del negoziato. Quindi c'è anche questo profilo, che tra l'altro dimostra - come diceva prima il Presidente - come la Cina sia molto interessata alla stabilizzazione di Pakistan e Afghanistan, essendo paesi con cui confina, ma che la stessa Cina aiuta economicamente in modo formidabile. La Cina è di gran lunga il primo contributore nel mondo allo sviluppo pakistano: i contributi che la Cina dà al Pakistan sono incomparabili rispetto a quelli che dà qualunque altro paese al mondo.