Domanda MONTANARI
Presidente, una settimana in Cina, quattro città, decine di incontri, lei ha voluto dare grande spessore a questa visita dicendo che Italia ed Europa si giocano il futuro, perché?
Risposta NAPOLITANO
Si giocano, ho detto, in buona misura il futuro perché la Cina è al centro del mondo che cambia. Diciamo, dicono tutti, perché oramai è una verità inconfutabile, che il centro di gravità della vita economica e anche politica internazionale si è spostato verso il Pacifico e verso l'Asia, e nel cuore del Pacifico e dell'Asia c'è questo paese di un miliardo e trecento, quattrocento - vedremo tra poco il risultato del censimento - milioni di abitanti.
D. MONTANARI.
Eppure in Europa molti temono la Cina perché la considerano di volta in volta sinonimo di perdita del lavoro, dislocazione delle produzioni, concorrenza sleale.
R. NAPOLITANO.
Guardi, avere paura della Cina è come avere paura del mondo che cambia. Bisognerebbe capire che - ci faccia o non ci faccia paura - il mondo cambia, è già cambiato profondamente, e guai se consideriamo la Cina un pericolo. Dobbiamo considerare la Cina una sfida e un'opportunità.
D. MONTANARI.
Lei ha incontrato molti imprenditori a Shanghai, a Pechino, a Hong Kong: sono in grado le imprese italiane di cogliere queste opportunità? E il governo, lo Stato, cosa deve fare per aiutarle?
R. NAPOLITANO.
Io sono stato colpito dall'alto livello di molti rappresentanti di imprese italiane in Cina: sono manager di prim'ordine, sono persone che tra l'altro, in molti casi, conoscono da anni l'Asia, che si muovono a loro agio anche in settori molto diversi, innanzitutto certo l'industria manifatturiera, ma non solo. Che cosa dovrebbe fare l'Italia? Dovrebbe il più possibile dare un riferimento per un paese che funzioni come sistema-paese, cioè far convergere interventi pubblici e anche forme di sostegno alle nostre aziende in maniera che si vincano gare, in maniera che si penetri anche in settori in cui finora non si è riusciti a penetrare.
D. MAGGIONI
Invece Presidente, arriviamo alla fine di una settimana molto particolare per quello che riguarda gli equilibri mondiali : Hu Jintao qualche giorno fa è stato segnalato da Forbes come l'uomo più potente al mondo, il presidente americano Obama esce sconfitto dalle elezioni di mid-term. Quanto questi risultati, che raccontano un mondo che sta cambiando davvero, influenzeranno, secondo Lei, anche la politica degli Stati Uniti, nei confronti della Cina ?
R. NAPOLITANO.
Intanto io credo che dobbiamo tenere ben chiare le distinzioni: l'America è un paese che è per sua storia più che bicentenaria un paese democratico, fondato su un dibattito più che mai libero, su un Parlamento più che mai forte, anche rispetto all'autorità di un Presidente eletto direttamente dai cittadini; tutti i grandi Presidenti americani hanno dovuto fare i conti con un parlamento o, come lì si chiama, con un Congresso che talvolta non li segue, e questa volta noi sappiamo che la Camera dei Rappresentanti, con le elezioni di mezzo termine, ha cambiato maggioranza: quindi, questi paragoni sono, diciamo, un po' schematici. Hu Jintao è alla testa di un paese che è cresciuto straordinariamente, nel quale di sicuro c'è non solo più prosperità ma più libertà che nel passato, ed è però un paese rigidamente guidato da un partito che è partito unico.
D. MONTANARI
Lei ha visitato l'avveniristico Expo' di Shanghai, eppure i visitatori, più degli ipertecnologici padiglioni dei paesi dell'estremo oriente, hanno scelto il padiglione italiano, uno dei più visitati, perché?
R. NAPOLITANO.
E' perché, io credo, c'è molta sensibilità nella tradizione cinese, nella cultura diffusa per valori che sono i valori dell'arte, i valori del pensiero, quindi si è apprezzata la creatività dell'Italia, e io penso che sempre trovi un ambiente molto favorevole, la carica di simpatia che l'Italia esprime, che gli italiani portano con sé anche quando montano un grande padiglione nella straordinaria esposizione di Shanghai.
D. MAGGIONI
Ecco, Presidente, Lei stesso ci ha ricordato pochi istanti fa qual è la differenza sul piano democratico della Cina e degli Stati Uniti e rimane sempre l'annosa questione dei diritti umani. Allora, gli Stati Uniti e l'Europa, e noi, l'Italia, come possiamo affiancare, esserci, essere da stimolo perché la Cina cammini su questo piano dei diritti umani ?
R. NAPOLITANO.
Io credo che dobbiamo prendere in parola quello che gli stessi dirigenti cinesi riconoscono: se si legge il discorso del primo ministro Wen Jiabao alle Nazioni Unite dello scorso settembre, il primo ministro cinese afferma la necessità di rafforzare la democrazia, il sistema giuridico e i diritti umani. E non fa secondo me una concessione propagandistica, una concessione a parole, io penso che ci sia la convinzione dei dirigenti cinesi che questo è uno sviluppo a cui non si potrà sfuggire da parte cinese. Però, se noi siamo lì, come si usa dire, a puntare il dito o a fargli la lezione, non credo che siamo molto efficaci. Certamente, è chiaro che da parte cinese si parte dicendo: la dignità della persona in Cina noi l'abbiamo sollevata straordinariamente in questi dieci, venti anni in cui abbiamo portato fuori dall'area della povertà centinaia di milioni di cinesi... E noi diciamo che questo è senza dubbio fondamentale. Però non basta averli liberati dal bisogno, bisogna anche garantirgli libertà di espressione, libertà di opinione. I tempi e i modi in cui questo potrà avvenire in Cina naturalmente è molto difficile, ed è anche abbastanza rischioso, pretendere di dettarli dall'esterno.
D. MAGGIONI
E allora, Presidente, una questione che è cinese ma che in qualche misura è anche una questione che assilla l'occidente: l'ingiustizia sociale che Lei ricordava è amplissima in Cina. A fronte dei grattacieli della Cina che si confronta con l'Occidente ci sono poi le campagne poverissime, c'è ancora una povertà estremamente diffusa. Allora, secondo Lei, la Cina troverà e a quel punto magari la potrà spiegare anche a parti dell'Occidente, una ricetta per mettere insieme uno sviluppo economico, la stabilità del paese ma anche un livello di giustizia sociale superiore?
R. NAPOLITANO.
Come si sa, ci sono stati di recente in Cina anche movimenti sociali senza precedenti, movimenti soprattutto in zone industriali, nella classe operaia con rivendicazioni salariali, e quelle sono forme di lotta per maggiore giustizia sociale. Poi, povertà estremamente diffusa, anche se povertà molto meno diffusa di dieci anni fa. E in fatto di giustizia sociale bisogna ricordare il ruolo trainante che ha avuto la Cina nei confronti dei paesi più poveri, comunque, certo, ci sono grosse questioni aperte, tensioni, squilibri sociali, e di sicuro questo è esplicitamente uno dei grandi problemi che la dirigenza cinese ha davanti a sé ed è cosciente di dover affrontare.
D. MONTANARI
Lei a Macao ha visitato la mostra su Matteo Ricci, gesuita che aprì la via della Cina all'Occidente invitandolo ad accostarsi con rispetto a questo mondo diverso. Può essere ancora oggi questa la strada direi culturale che può avvantaggiare gli italiani?
R. NAPOLITANO.
La strada culturale è innanzi tutto comprendere, cercare di comprendere perché é un paese complesso, per storia, per realtà, per certi aspetti è un paese unico... Comprendere rispettare e dialogare: Matteo Ricci è davvero una figura incredibilmente ricca, da tutti i punti di vista, culturale, umano e religioso, ha portato le conquiste scientifiche dell'occidente ma le ha intrecciate con lo studio delle teorie scientifiche cinesi. Certamente penso che sia un esempio da tenere molto presente.
D. MONTANARI
Lei è tornato in Italia dalla Cina ed ha ancora rinnovato il suo appello all'unità del paese. Trova un'Italia capace di affrontare, di cogliere le sfide offerte da questi nuovi mercati, da questi paesi in impetuoso sviluppo?
R. NAPOLITANO.
Questa è la grande questione. Quando il presidente cinese o il primo ministro cinese mi dicono: "Noi siamo convinti che crescerà l'interscambio tra i nostri paesi perché c'è complementarietà tra le nostre economie"... La crescita cinese non mette in crisi lo sviluppo italiano purchè lo sviluppo italiano si porti a livelli più avanzati, purchè noi riusciamo a produrre, ad offrire beni a più alto contenuto tecnologico e a più alto valore aggiunto, e questo lo dobbiamo fare noi. Perciò ci vuole un'Italia che funzioni come sistema paese e ci vuole molto il senso della responsabilità comune. Questo poi è il mio dovere principale, e lo faccio dovunque vado: dobbiamo esprimere dinanzi al mondo un'immagine unitaria dell'Italia. L'Italia come nazione, l'Italia come Stato, deve presentare una sua fisionomia che non dia adito a dubbi sulla sua tenuta e sulla sua stabilità.