Vorrei ringraziare Sergio Zavoli non soltanto per le parole calorose che mi ha rivolto, ma per l'occasione che mi ha dato, e che voi mi avete dato, di associarmi, come da tempo avrei voluto, all'omaggio ad Arrigo Boldrini e Benigno Zaccagnini, grandi figli della città di Ravenna, ed anche all'omaggio - avendo Zavoli ricordato anche questo nome - alla memoria di Roberto Ruffilli, che fu una delle ultime vittime dei colpi ciechi delle Brigate Rosse e del terrorismo.
Nel venire qui e nell'ascoltare le parole di Sergio Zavoli mi sono venuti alla mente due motivi di riflessione. Il primo è il seguente: davvero noi corriamo il rischio che si disperda la memoria e la consapevolezza di quello che legò le due esperienze della Resistenza e della difesa della Repubblica dall'attacco del terrorismo, e addirittura che si attenui e non si trasmetta la memoria e la consapevolezza della vicenda durissima, terribile, drammatica che fu precisamente quella della lotta contro il terrorismo, per difendere ancora una volta la libertà, per difendere la Repubblica?
Io purtroppo a questa domanda dovrei rispondere: sì, questo rischio esiste, dobbiamo fare di tutto per scongiurarlo, ma questo rischio esiste ed è grave. Anche vicende tristi e difficili dei giorni scorsi ci inducono a pensare che non siamo riusciti, anche nel rapporto con paesi amici vicini e lontani, con le istituzioni e le autorità di questi paesi, a far comprendere fino in fondo che cosa sia stata quella vicenda per l'Italia, per il nostro Paese, per il nostro popolo, per le nostre istituzioni democratiche e quale prova straordinaria sia stata il tendere le forze per riuscire ad avere ragione dell'attacco del terrorismo.
Credo che forse è mancato qualcosa anche come impegno, come sforzo nostro, della nostra cultura e della nostra politica, per trasmettere il senso di quello che abbiamo vissuto in quegli anni tormentosi, che posero poi - in modo particolare nel momento e nelle circostanze che Sergio ha citato - un uomo come Benigno Zaccagnini di fronte a dei dilemmi terribili, che egli superò con una straordinaria tempra, con dolore e con coraggio.
Come secondo motivo di riflessione, sapendo che cos'è stata l'amicizia che ha legato ad Arrigo Boldrini e Benigno Zaccagnini, viene da chiedersi: ma allora un'amicizia, un rapporto umano, un rapporto politico come questo è destinato a tramontare con le stagioni di cui essi sono stati figli? Sono state stagioni straordinarie, altamente impegnative, anche molto drammatiche. Mi riferisco innanzitutto alla stagione della lotta contro il fascismo e della Resistenza; poi all'altra, che ho ricordato e che ad essa idealmente è legata. Dobbiamo davvero ritenere che oggi non esistono le condizioni affinché, sull'asprezza della competizione politica e anche sulla inevitabilità delle divergenze ideali e culturali, mai prevalga quello che unisce sul piano dei valori e dei sentimenti?
Penso che così non possa essere, che anche in condizioni storiche profondamente diverse e sempre mutevoli noi dobbiamo tendere a far sì che, al di là delle contingenze e delle asprezze - e ce ne sono di evitabili ed eccessive - della lotta politica, possa prevalere la condivisione di grandi ideali comuni, innanzitutto l'ideale della libertà e della giustizia. E che possa tutto sommato anche prevalere quella grande cosa che è il valore straordinario dell'amicizia tra uomini venuti da storie diverse, che hanno saputo congiungersi anche in un rapporto umano, bellissimo, straordinario, esemplare.