Ginevra 04/03/2011

Intervento del Presidente Napolitano in occasione della visita al CERN

Ero già da qualche tempo in debito di una visita al CERN. Ero stato messo in preallarme circa un anno e mezzo fa, per un possibile incontro qui con il Presidente francese, poi l'iniziativa non si concretizzò. Ma quando il professor Maiani prospettò l'eventualità di questa visita, fui molto lieto di dichiararmi subito disponibile, e siamo riusciti a realizzarla.

Naturalmente, quando si viene qui e si ascoltano le illustrazioni del vostro lavoro, del vostro impegno, essendo dei profani, come lo sono io, e non essendo a mia conoscenza che alcun altro Capo di Stato, dei venti Stati aderenti a pieno titolo al CERN, sia un fisico, viene da chiedersi se magari si possa organizzare un corso di apprendimento accelerato per Capi di Stato, così da sentirmi meno a disagio la prossima volta.

Al di là del senso di umiltà con cui si ascoltano le rappresentazioni del vostro programma di lavoro e di ricerca, vorrei dire che mi sento pienamente impegnato, nello svolgimento della mia funzione - che è una funzione istituzionale - a sostenere la causa della ricerca scientifica, in modo particolare per quello che riguarda il contributo dell'Italia. Un contributo che è stato molto grande qui, in questa straordinaria struttura di ricerca che è motivo di orgoglio per l'Europa e anche per l'Italia giacché, ripeto, siamo stati presenti fin dall'inizio, abbiamo avuto un primo Direttore generale nella persona di un grande rappresentante della "scuola di via Panisperna", quale Edoardo Amaldi, e successivamente Direttori come Rubbia e il nostro attuale Presidente del CNR (e sappiamo quale ruolo svolgano istituzioni come l'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare e il Consiglio Nazionale delle Ricerche).

Credo che sia veramente molto bello vedere quanti giovani abbiamo qui impegnati a pieno tempo, o impegnati per periodi più brevi di soggiorno e di ricerca, e quanto sia vasta la rete delle università e dei centri di ricerca in Italia che sono parte di un programma complessivo integrato.
Abbiamo spesso discussioni, in Italia, su una fase che è senza dubbio di inevitabile restringimento della spesa pubblica perché abbiamo sulle spalle, accumulato da molti decenni, uno stock di debito pubblico che dobbiamo assolutamente riuscire ad alleggerire e in tempi non troppo lunghi, secondo una direzione di marcia che sia costante e coerente. Ora, io non ho poteri di governo: sono, come si usa dire, un Presidente "non esecutivo"; ma devo rappresentare, ed è parte della mia funzione, quelle che considero ragioni fondamentali di sviluppo della comunità nazionale e anche esigenze di riconoscimento del ruolo dell'Italia in Europa e nel mondo. Così, continuo a esprimere e a cercare di far valere l'opinione che in una fase di restrizioni - per dirla anche più brutalmente: di tagli della spesa pubblica - occorrerebbe non intervenire con il machete e non mettere sullo stesso piano tutti i capitoli di spesa del bilancio dello Stato.

Parlo adesso dell'aspetto del finanziamento pubblico della ricerca, sapendo che esiste un altro aspetto egualmente importante, che è l'impiego di risorse private nella ricerca. Guardando a questo, non deve mai venir meno la nostra sollecitazione anche nei confronti del settore privato perché non faccia mancare il suo contributo alla necessaria alimentazione finanziaria dell'attività di ricerca.

Ma credo che non sia retorica dire - quando si parla di quello che si può tagliare e di quello che non si deve tagliare nelle voci e nei capitoli di spesa del bilancio dello Stato - che non possono essere sacrificati in modo schematico e alla leggera investimenti nel nostro futuro, nel futuro della nostra società, delle nostre giovani generazioni, della nostra scienza.

Io non so se certe volte si sia più miopi nel trascurare il valore in sé della conoscenza, del progresso della scienza, o se si sia più miopi nel sottovalutare le ricadute della ricerca nella nostra vita sociale. Qui ho ascoltato quanto importanti siano queste ricadute, o quanto siano anche rapide le applicazioni e i risultati della ricerca; ma vorrei che in qualche misura non dovesse essere neppure portata questa giustificazione per ottenere la necessaria attenzione, il necessario impegno. Non so se Galileo Galilei era in grado di garantire immediate ricadute delle sue ricerche. Oggi siamo magari in grado di garantirle, ma dobbiamo ragionare anche indipendentemente da ciò: perché quello che è straordinariamente importante per il ruolo dell'Italia e dell'Europa nel mondo è precisamente la capacità di produrre conoscenza, ricerca, che poi significano concretamente innovazione.

Nella fase storica in cui si discute di come il ruolo dell'Europa rischi di rimpicciolirsi o rischi anche di declinare, non possiamo che vedere con profonda soddisfazione, perché si tratta di conquiste della nostra comune umanità, come avanzino la ricerca e la scienza anche in Paesi che sono stati a lungo ai margini del progresso : basti pensare agli avanzamenti nel continente asiatico. ma quel che possiamo dire e che in nessun caso l'Europa è oggi condannata a giocare un ruolo minore.

L'essenziale è che quel che noi abbiamo accumulato, quel che abbiamo alle nostre spalle di capacità, di patrimonio acquisito nel campo della ricerca e della produzione scientifica non vada in nessun modo sterilizzato, ma possa e debba essere ulteriormente accresciuto. Al CERN molte ragazze competono efficacemente con successo con gli uomini in tanti campi. Ebbene, se veramente noi mortificassimo questa vocazione, questa passione per la ricerca, per la scienza, per la conoscenza di tanti nostri giovani che si formano all'università, credo che commetteremmo un vero e proprio delitto : e non possiamo concedercelo. Cerchiamo, ciascuno nel suo ruolo, di difendere questa causa.

Il vostro direttore ha scherzato un po' su questa invasione degli italiani al CERN, ma quando sono così bravi e seriamente impegnati, c'è da dire che cerchiamo semplicemente di essere all'altezza delle nostre tradizioni. Voi tutti che operate qui andate avanti lungo una strada che è stata aperta da altri nel corso ormai di molti decenni. Questa è una grande comunità scientifica, è probabilmente la più grande realtà scientifica che ci sia in Europa, e fa da sfondo a quello sforzo che si sta producendo per avere uno spazio scientifico europeo realmente operante e capace di alimentare l'attività di ricerca in tutti i Paesi di Europa.

Qui c'è dunque una nostra forte ragione di presenza e di sostegno. Io sono convinto che questo impegno da parte dell'Italia non verrà meno. Guardiamo anche al di là delle ristrettezze e delle difficoltà del momento: dobbiamo avere uno sguardo un po' più lungo; e, avendo lo sguardo un po' più lungo, credo che possiamo ritrovare la fiducia necessaria, superando ragioni di pessimismo che non debbono mai prevalere.