Signor Presidente dell'Assemblea Nazionale,
Signor Presidente della Repubblica,
Signori Membri del Governo,
Onorevoli Deputati,
Signore e Signori,
è un privilegio e un onore per me prendere la parola qui davanti alla vostra Assemblea Nazionale come primo Presidente di uno Stato straniero. E' un riconoscimento - ben al di là della mia persona - all'Italia, all'amicizia italo-slovena : una testimonianza di stima, di consapevole e calorosa vicinanza e dello straordinario progresso che abbiamo compiuto insieme. Non soltanto, intendo dire, i governi, ma i popoli dei nostri due paesi, e il sentire collettivo di cui i Parlamenti democratici sono espressione.
Vi sono grato di questo riconoscimento, ve ne è grata l'Italia.
Festeggiamo quest'anno 20 anni di relazioni diplomatiche tra la Repubblica italiana e la Repubblica di Slovenia. Un ventennio esaltante per questa giovane e dinamica nazione, durante il quale la Slovenia è entrata a far parte della NATO, ha aderito all'Unione Europea e all'Eurozona e ha esercitato la Presidenza di turno dell'UE. In questo periodo i nostri due Paesi hanno abbattuto barriere giuridiche e psicologiche, instaurato un fecondo dialogo interculturale e dato spazio alle rispettive minoranze nazionali come ricchezza da tutelare e valorizzare per approfondire la collaborazione politica e economica tra i due paesi. E i risultati si vedono : l'Italia è il secondo partner economico della Slovenia e l'anno scorso l'interscambio è cresciuto del 10%.
Negli ultimi due anni abbiamo fatto insieme passi fondamentali nel senso del superamento di un passato oscuro che rischiava di imprigionarci. Abbiamo impedito che così fosse, e non lo sarà per i nostri figli e per le giovani generazioni.
Sono particolarmente lieto di essere stato parte e artefice, insieme al Presidente Türk, di questa riconciliazione delle menti e degli animi. E' stata in realtà una liberazione, secondo verità e giustizia, dal lato oscuro della nostra storia : una riconciliazione con noi stessi, ancor più che fra di noi. Fra i nostri due Paesi le relazioni politiche, economiche e di sicurezza erano già eccellenti. Ma sulle coscienze gravava il peso del passato. Adesso, una ben diversa visione del futuro può ispirarle verso traguardi comuni e più avanzati di collaborazione e progresso sociale e economico nell'Adriatico, nei Balcani, in Europa.
Proprio un anno fa, davanti al Parlamento croato, richiamavo quello "spirito di Trieste" che ha aperto la strada ad un salto di qualità nelle relazioni tra Italia, Slovenia e Croazia .Sono convinto che gli incontri e la grande carica emotiva degli eventi di quei giorni del luglio 2010 a Trieste abbiano rappresentato uno spartiacque, una cesura risolutiva - e non a caso nel segno della cultura - resa possibile dal processo di doloroso riconoscimento, che avevamo insieme intrapreso, di un drammatico passato. Si è trattato di uno sforzo non facile per nessuno, ma necessario per consolidare definitivamente il clima di pace e collaborazione stabilitosi fra i nostri due paesi e nella regione, e per corrispondere alla vocazione europea e atlantica in cui entrambi ci riconosciamo.
Nel nostro passato comune affiorano anche pagine luminose. Voglio ricordare qui la figura di Ciril Kotnik, diplomatico jugoslavo di nazionalità slovena che come Ambasciatore jugoslavo presso la Santa Sede nei primi anni '40 del secolo scorso consentì a centinaia di antifascisti ed ebrei romani di sfuggire alle persecuzioni nazi-fasciste, finendo arrestato dalla Gestapo nell'ottobre del 1943. La sua eroica vicenda resta emblematica di un ricco filone di solidarietà umana e di amicizia che anima da sempre i nostri popoli.
Con lo stesso spirito condivido e sostengo il progetto del Presidente Türk "Il Sentiero della Pace" che collega luoghi e memorie di varie nazioni che hanno visto tanti loro figli combattere, soffrire e perdere la vita durante il primo conflitto mondiale. Quel patrimonio di tragiche esperienze deve essere richiamato e fatto rivivere per ricordare tutte le vittime della Grande Guerra ma insieme per esaltare il valore fondamentale e universale della pace ben espresso dal vostro grande poeta France Preŝeren nel comporre l'inno nazionale sloveno.
Ci muoviamo ormai in un'altra stagione storica di cui saranno protagoniste nuove generazioni. Le sfide che ci aspettano non sono meno impegnative di quelle del passato. I venti dell'instabilità finanziaria internazionale hanno pesantemente soffiato, e soffiano, contro le nostre economie mettendo in ginocchio interi settori produttivi. La risposta, finalmente più forte e netta, che è venuta dal Consiglio Europeo del 28-29 giugno ci è di conforto, ma richiede altrettanto decise misure di attuazione. Ma non possiamo rimanere a "metà del guado", reagire difensivamente di volta in volta agli attacchi speculativi e strumentali che vengono dai mercati finanziari solo con pur necessarie decisioni parziali che restino fatalmente inadeguate e si esauriscano in uno spreco dispendioso di risorse preziose. Dobbiamo recuperare lo spirito dei padri fondatori della Comunità Europea e la loro visione ambiziosa e di alto profilo e operare perché - come diceva Jean Monnet - "gli Stati Uniti di Europa siano l'eredità che possiamo lasciare ai nostri figli".
Un traguardo così ambizioso non può essere perseguito solo dall'alto. Esso richiede l'adesione e la partecipazione dei cittadini, delle forze sociali, del mondo produttivo e delle più vive correnti culturali di tutta l'Europa. Le nostre opinioni pubbliche devono essere coinvolte direttamente nel progetto di integrazione e rese consapevoli della necessità, e dei benefici per tutti, di una progressiva saldatura tra le politiche economiche e fiscali degli Stati membri : della necessità, in ultima analisi, di un'effettiva Unione politica.
Le ulteriori cessioni di sovranità che risulteranno necessarie non sono un trasferimento di poteri a centri di decisione estranei alla sfera d'intervento dei cittadini e delle loro espressioni di volontà democratica, e quindi difficilmente comprensibili da parte delle opinioni pubbliche, ma rappresentano uno sviluppo verso l'esercizio democratico in comune di una condivisa sovranità sopranazionale. E' in questa direzione che ci si deve muovere perché solo una più stringente integrazione - innanzitutto sul piano economico, fiscale e bancario - può scongiurare oggi la regressione dell'Europa, garantirne il ruolo di attore fondamentale nell'attuale fase dell'evoluzione mondiale e sostenerne uno sviluppo equo e sostenibile.
L'Europa del ventesimo secolo non è stata soltanto un mercato di capitali, beni e servizi ma ha anche espresso diritti e valori universali di libertà, uguaglianza e solidarietà che si sono affermati nel corso dei secoli non soltanto sul Continente europeo. Questa primazia dei valori che ci sono cari non è al riparo dalle scosse e dalle tensioni che ci stanno colpendo e ci colpiranno. Essa richiede un'Europa coesa, capace di parlare con una voce sola nel mondo. Se invece ripieghiamo su meschini approcci nazionali e perfino su nuove tentazioni nazionalistiche, mettiamo a repentaglio conquiste irrinunciabili.
Rendo omaggio al Presidente Türk, all'Assemblea Nazionale e al governo sloveno perché la Slovenia si è presentata agli appuntamenti cruciali per il futuro dell'Europa con credenziali economico-finanziarie impeccabili, frutto di politiche di pareggio dei conti pubblici e di altri provvedimenti di grande respiro riuscendo a coniugare la disciplina fiscale con la politica di sviluppo e di incentivi alla crescita.
Per molti versi Italia e Slovenia condividono strozzature economiche interne che impediscono significativi tassi di crescita o un più copioso afflusso di investimenti dall'estero. I nostri governi sono pertanto chiamati ad affrontare - anche con provvedimenti dolorosi - nodi ineludibili di mercati del lavoro frammentati o di procedure amministrative che soffocano la vitalità e competitività delle nostre imprese.
La contiguità geografica, così come la collocazione strategica del nostro confine, ci deve spingere a sostenere insieme in Europa grandi progetti comuni di ammodernamento delle reti infrastrutturali, di produzione energetica, di valorizzazione del territorio secondo criteri di sostenibilità ambientale. Una crescita che si accompagni all'approfondimento del Mercato Interno Europeo è cruciale per le esportazioni italiane e slovene.
Signor Presidente,
la comune appartenenza all'Unione Europea apre ai nostri due Paesi nuove straordinarie opportunità di cooperazione. Italia e Slovenia sostengono la prospettiva europea di tutti i Paesi balcanici : non vi sarà piena stabilità in Europa senza successo completo del processo di allargamento. L'adesione della Croazia, la concessione dello status di candidato alla Serbia, i positivi sviluppi nelle relazioni dell'Unione Europea con il Kosovo sono segnali favorevoli. Ma la famiglia europea deve tenere aperte le porte anche a montenegrini, macedoni, bosniaci e albanesi. Gli enormi progressi compiuti dopo le tragedie degli anni '90 vanno consolidati. L'Italia e l'Europa non possono concepire un riaprirsi, che sarebbe fatale, delle ferite e della conflittualità tra Stati e all'interno degli Stati della regione. La crisi economica che stiamo tutti attraversando deve al contrario dare impulso ad un processo di integrazione e riconciliazione inclusivo di tutte le popolazioni e componenti culturali che sono la ricchezza dei Balcani.
Il futuro europeo non è acquisito automaticamente per nessuno. Deve essere conquistato con un costante e assiduo impegno riformatore. Questa Capitale lo sa bene. D'altro canto, il successo di questi anni della Slovenia è d'ispirazione ai candidati e futuri candidati, perché mostra la strada da percorrere per il rinnovamento economico, sociale e giuridico. Il traguardo europeo trasforma la regione balcanica, promuove la prosperità, marginalizza i pregiudizi e infonde un impulso positivo ai processi di democratizzazione all'interno dei Paesi.
Italia e Slovenia si affacciano sull'Adriatico - luogo naturale di collaborazione tra Paesi rivieraschi e loro popolazioni - e condividono fortemente l'impegno a favore della Strategia dell'Unione Europea per la macro-regione Adriatico Ionica quale strumento per un forte impulso di sviluppo e benessere. Vi sono tutte le premesse di crescita e di rinnovata prosperità di un'area che troppo a lungo ha pagato le conseguenze della Guerra Fredda, ma ora è saldamente incardinata nel più ampio progetto democratico europeo. La proficua collaborazione fra i nostri due Paesi, e con altri partners che condividono l'interesse geo-politico ad una prospettiva euro-atlantica della regione balcanica e adriatica, è alla base di una convergenza regionale impensabile soltanto qualche anno fa, lasciando alle spalle sterili nazionalismi, rivalità etniche e rivendicazioni territoriali prive di fondamento.
Al di là dei nostri orizzonti bilaterali scopriamo nel Mediterraneo, sulle sponde africane, e più oltre nel Grande Medio Oriente, rischi di grave instabilità all'indomani della salutare caduta di regimi per troppo tempo sordi agli appelli delle popolazioni per riforme che garantissero maggiore rappresentatività e democrazia. Gli esiti del "risveglio arabo" sono ancora densi di incognite, con forze di segno diverso che promuovono visioni spesso radicalizzate e ambigue del futuro della "sponda Sud". I nostri Paesi si affacciano oggi su un Mediterraneo attraversato da fermenti incomprimibili di libertà e da rivoluzioni epocali. Quello che accade sulla "sponda Sud" non ci lascia né immuni né indifferenti. Abbiamo l'interesse e il dovere di assecondare e sostenere il processo democratico, il rispetto dei diritti umani e delle minoranze e l'emergere di Stati di diritto. Il contatto che ho stabilito con l'Assemblea Costituente Tunisina cui ho rivolto un discorso due mesi fa e la realtà che ho potuto conoscere nel corso di quella mia visita lì mi hanno dato forti motivi di fiducia nella positiva evoluzione di alcuni di questi movimenti di trasformazione del mondo arabo. Un investimento politico ed economico nel futuro dei nostri dirimpettai mediterranei, fatto ora, produrrà frutti importanti nei prossimi decenni quando il Continente europeo si troverà alle prese con un contesto mondiale ancor più diversificato e competitivo e, al suo interno, con un sistema produttivo inevitabilmente ancor più maturo e con un panorama di ulteriore declino demografico.
Signor Presidente,
da questa città, retroterra naturale di una regione italo-balcanica, unita dall'Adriatico e dallo Ionio, crocevia delle grandi correnti europee di storia, di politica e di cultura, è facile cedere fin troppo alla suggestione di guardare oltre gli orizzonti nazionali. Ma sono lieto di averlo fatto. Il legame che unisce le nostre forti e ricche identità nazionali, il riconoscere il nostro futuro in un'Europa unita, la comune appartenenza atlantica sono oggi, per l'Italia come per la Slovenia, i pilastri della nostra partecipazione ad una comunità internazionale più ampia, universale e interdipendente. In questa vasta e diversificata comunità, i nostri Paesi sono vicini per geografia, amici per scelta.
Abbiamo bisogno di continuare insieme nel cammino bilaterale, regionale e europeo, intrapreso con successo in questo ventennio di indipendenza slovena. Abbiamo bisogno di rafforzare le relazioni fra i nostri sistemi produttivi e fra le nostre società civili. Abbiamo bisogno di voltare le spalle a ogni condizionamento del passato, per offrire un futuro promettente ai nostri figli. Possiamo ben dire di essere sulla strada giusta.
Lubiana 10/07/2012