Washington 15/02/2013

Introduzione del Presidente Giorgio Napolitano, all'incontro con la stampa

Innanzitutto vale la pena di ricordare il carattere dell'invito che avevo ricevuto per la visita: già in novembre avevo avuto una lettera dal Presidente Obama che esprimeva - con la formula "I look forward" - l'aspettativa che si trovasse l'occasione per un incontro prima che io concludessi il mio mandato. Poi, l'anticipazione delle elezioni ha reso non praticabile una visita del Presidente Obama in Italia in campagna elettorale, e l'invito è stato rivolto a me perché venissi qui, e io l'ho volentieri accolto. Si è trovata, con grande cortesia e disponibilità, questa finestra di metà febbraio, avendo poi io successivamente altri impegni. E' stato un invito molto personale per un rapporto che si è stabilito nel corso di questi anni con il Presidente Obama.

Peraltro, è stato un invito che ha interessato anche altri esponenti dell'amministrazione americana: ieri ho incontrato prima la signora Pelosi che è stata rieletta, come sapete, Minority Leader democratica alla Camera dei rappresentanti; poi ho incontrato il vicepresidente Biden. Quindi, abbiamo avuto discussioni a tutto campo e ne avrò un'altra a colazione oggi con il nuovo Segretario di Stato, senatore Kerry. In questi altri incontri si è parlato di tanti punti specifici, si è ragionato in termini di quadro internazionale - e voi sapete quali sono i temi più scottanti - e in termini di rappresentazione delle situazioni: non siamo andati oltre, non erano sedi in cui mettere a punto le rispettive posizioni.

Il colloquio con Obama ha avuto un carattere molto più mirato e, al di là di espressioni di amicizia che sono state per me molto gratificanti. Si è discusso dell'Italia e dell'Europa nel rapporto con gli Stati Uniti, dal punto di vista delle prospettive - innanzitutto - di ripresa dello sviluppo. Il Presidente Obama veniva da una recentissima esternazione, il discorso sullo Stato dell'Unione, e io ho messo in luce come noi abbiamo dovuto dare la priorità al risanamento finanziario essendo arrivati sull'orlo di una disastrosa crisi, di un vero proprio collasso finanziario nel corso del 2011.

Ho ritenuto - d'altra parte qualcosa era stato detto anche dalla portavoce della Casa Bianca ieri - di dover sottolineare l'importanza dei risultati ottenuti nel corso di quest'anno, nel corso di questi 14 mesi. E, in armonia con le intese in sede europea, ho detto, a mia volta, che il discorso sullo Stato dell'Unione in quanto esprimeva questa forte combinazione tra obiettivi di riduzione del deficit e di riforma fiscale, che sono obbiettivi chiave in questo discorso, e obbiettivi di crescita. Anche, se formulati in termini di auspicabili soluzioni bipartisan, quell' importantissimo punto prioritario del programma del secondo mandato si è combinato con un insieme di sforzi e di misure specie di job creation, e di education per preparare i giovani ad una nuova prospettiva di sviluppo. Per quello che avevo potuto leggere in quel discorso, io ho espresso l'opinione che una simile combinazione debba essere avviata anche in Europa. D'altronde, c'è una discussione sulle linee delle politiche adottate finora dalle istituzioni europee: occorrerà certamente qualche riequilibrio, però la condizione è in ogni caso più integrazione; cioè andare avanti nel senso di una integrazione innanzitutto in campo finanziario ed economico come completamento dell'unione economica e monetaria. Ho, nello stesso tempo, notato e stimolato un incitamento, un incoraggiamento da parte americana a muoversi in questo senso. Era stato anche abbastanza esplicito - e io ho ritenuto di doverlo richiamare - l'intervento del sottosegretario Gordon rispetto al preannuncio inglese di un referendum sull'Unione, intervento che esprimeva una visione della costruzione europea non riducibile alla sola dimensione del mercato interno. Su questo ho avuto da parte del Presidente Obama una piena adesione, e ciò che mi è sembrato molto significativo, il rivolgersi all'Europa come entità unitaria. Ho detto che mi era sembrato molto significativo anche quell'incipit dell'annuncio delle conversazioni per la Trade and investment partership ("We leaders of the European Union and of the United States") : non noi governi dell'Europa, ma l'Unione come soggetto politico unitario. E in questo senso c'è stata veramente una forte identità di vedute.

Poi abbiamo parlato di quello che si prospetta, si può prospettare anche per l'Italia, e io ho semplicemente detto che il panorama italiano in parte è ancora dominato dal confronto tra i due schieramenti che da vent'anni competono. C'è poi un fenomeno di movimento populista, non molto diverso da quelli che si sono avuti in altri paesi europei come espressione di una crisi, di una incomprensione o di una insoddisfazione per come vanno le cose in Europa. E c'è la novità della scelta fatta da Mario Monti che io ho rispettato come libera scelta che a lui spettava assumere. Ho un po' deplorato il fatto che in questa situazione elettorale si finisce anche da parte di qualche partito che ha sostenuto per 13 mesi tutte le decisioni del governo Monti di dare invece dei giudizi liquidatori su quelle stesse scelte e sui loro risultati. E lì mi sono fermato.

Il Presidente Obama sapeva bene, e lo ha ricordato, che prima di lasciare il Quirinale ho un periodo di transizione: mi toccherà presiedere alle consultazioni per la formazione del nuovo governo, per cui mentre prima mi aveva rivolto un augurio di buon riposo o quasi, poi si è ricordato che c'è questo pezzo di strada abbastanza in salita che mi toccherà fare.

Sono molto soddisfatto, ho avuto una accoglienza molto calorosa e molto prestigiosa. Abbiamo parlato molto di Europa, e c'è stato anche un apprezzamento del Presidente Obama per come Mario Draghi sta svolgendo le sue funzioni di Presidente della Banca Centrale europea, anche se si è tenuto a dire che non tutto dipende dalla Banca Centrale europea.