Un caro saluto, in primo luogo, a quanti sono oggi con noi in rappresentanza di tutte le famiglie - unite da un comune doloroso ricordo e da una comune, sempre più matura e attiva consapevolezza - delle vittime del terrorismo e delle stragi. E quindi uno speciale ringraziamento a coloro che hanno dato spessore umano e morale a questa cerimonia attraverso testimonianze forti e toccanti, a partire da quella di Eugenio Occorsio, e riflessioni alte, come quelle del Presidente Lupo. Tutti gli interventi si sono mossi nel solco dell'ispirazione che ci ha guidato fin dalla prima celebrazione, qui, del "Giorno della Memoria", nel 2008 : ricerca di verità ; anelito di giustizia severa secondo legge, fuori di ogni reazione d'ira e di odio ; rispetto e ricordo delle figure di tutti i colpiti, di ciascuno di essi per la vita vissuta come persona e non solo per il destino di vittima ; in definitiva messaggio di pace e unità secondo il patto che ci lega, la Costituzione repubblicana.
Ci incontriamo questa volta ancora nel pieno delle celebrazioni del centocinquantenario della nascita del nostro Stato nazionale unitario. Celebrazioni non formali e non retoriche, ma partecipate e meditate, dalle quali ci siamo proposti di trarre motivi di orgoglio e di fiducia, di rinnovata coscienza sia delle ragioni e della forza della nostra unità sia delle criticità che hanno segnato il nostro cammino e delle sfide che abbiamo di fronte. E in effetti ho posto in più occasioni l'accento sulle prove via via superate che hanno dimostrato la solidità della compagine nazionale e statale italiana. Prove estremamente drammatiche come due guerre mondiali, l'oppressione ventennale del regime fascista e la lotta per porvi fine ; ma prove dure anche successivamente e cioè nei decenni della Repubblica retta dalla Costituzione. Più dura e pericolosa tra tutte quella del terrorismo interno.
Nello stesso periodo - seconda metà del Novecento - si sono, certamente, succeduti eventi dirompenti in diversi paesi d'Europa : dalla caduta delle dittature in Spagna e Portogallo all'avvento, sia pure per breve tempo, di una dittatura militare in Grecia, dalla crisi della IV Repubblica in Francia alle ripetute scosse di protesta e di dissenso contro l'ordine totalitario e il prepotere sovietico nei paesi del Centro e dell'Est, fino alla caduta del Muro di Berlino. L'Italia non è stata dunque la sola realtà difficile e a rischio nell'Europa del dopo-seconda guerra mondiale.
Ma la prova del lungo attacco terroristico con cui noi abbiamo dovuto fare i conti, specie negli anni della sua massima intensificazione, è stata quanto mai pesante e insidiosa per la coesione sociale e nazionale, e per le istituzioni democratiche nate sull'onda del movimento di Liberazione e ancorate ai principi della Costituzione repubblicana. E dunque il superamento di tale prova resta una pietra miliare nella storia dell'Italia unita : di qui la nostra inestimabile gratitudine a quanti hanno pagato con la loro vita, e il riconoscimento che meritano tutti quanti hanno condotto quella battaglia sapendo di doverla e poterla vincere.
L'appuntamento di questo 9 maggio ci offre l'occasione per sottolineare come è stata vinta la battaglia, come è stata superata la prova. Si è combattuto, sia chiaro, su molti fronti ; si è vinto grazie alla fibra morale, al senso del dovere, all'impegno nel lavoro e nella vita civile che hanno caratterizzato servitori dello Stato e cittadini di ogni professione e condizione : proprio per quelle loro caratteristiche essi diventarono - nella aberrante ottica dei terroristi - bersagli da colpire, esempi da dare per fini disgregativi sia del tessuto della società sia della tenuta delle istituzioni. Così caddero uomini pubblici, come - 25 anni fa - l'avvocato Conti già Sindaco di Firenze, o furono feriti - "gambizzati", tristo termine dell'epoca - uomini politici come il deputato democristiano Nadir Tedeschi, cui dobbiamo un recente bel testo di dialogo con una giovane ignara di quelle drammatiche vicende. Così cadde, trent'anni fa, Luigi Marangoni, medico del Policlinico di Milano, espostosi per senso della missione - ce lo ha detto con parole struggenti la figlia Francesca - alla delazione e all'attacco omicida in un ambiente di lavoro inquinato dalla folle predicazione delle Brigate Rosse.
E dirò ora dei servitori dello Stato e in particolare dei magistrati. Non c'è distinzione che possa suonare irrispettosa nel nostro omaggio alla memoria degli uccisi e dei feriti dai terroristi : siamo egualmente vicini a tutti e alle famiglie di tutti, qualunque ne fosse la posizione sociale o ne fossero le idee, e qualunque fosse la matrice ideologica - di estrema sinistra, prevalentemente, o di estrema destra, come nel caso di Vittorio Occorsio - degli atti terroristici di cui rimasero vittime.
Se oggi poniamo l'accento sui servitori dello Stato come quelli, è per sottolineare come fu essenziale la loro lealtà alle istituzioni e come fu decisiva, contro il terrorismo, la battaglia sul fronte della giustizia penale. Quella battaglia fu vinta grazie al concorso e, nei casi estremi, al sacrificio di tutti i soggetti impegnati nelle attività investigative e nei percorsi processuali : magistrati - pubblici ministeri e giudici - uomini della Polizia di Stato, dell'Arma dei Carabinieri, come Ciriaco Di Roma, Antioco Deiana, Raffaele Cinotti - ricordati dinanzi a noi con tanta commozione e forza dai loro congiunti - ed egualmente avvocati fedeli al loro mandato e cittadini prescelti come giurati che non si lasciarono intimidire.
Sul fronte della giustizia la battaglia fu vinta - ecco il come più importante - in nome e nel rispetto della Costituzione e dello Stato di diritto, retaggio prezioso e irrinunciabile della lotta antifascista e della Resistenza. In un ricco e impegnativo libro pubblicato di recente in Italia e in Francia, si può leggere - voglio segnalarlo in modo particolare - un saggio che insieme ad altri richiama le incomprensioni e le ambiguità che circondarono fuori d'Italia il fenomeno del terrorismo e l'azione condotta per averne ragione. E impressiona veder rievocate le teorizzazioni giustificazioniste del brigatismo rosso e le polemiche diffamatorie e ostili nei confronti delle istituzioni democratiche italiane e dei loro comportamenti. E', in questo saggio, un qualificato giurista francese che smonta quelle teorizzazioni e quelle polemiche come prive di plausibilità giuridica, e che mostra come le misure di emergenza adottate dal Parlamento e attuate dalle autorità del nostro paese furono "proporzionate al pericolo istituzionale esistente", non travolsero le garanzie fondamentali sancite dalla Costituzione, non implicarono una trasformazione del nostro Stato di diritto in Stato autoritario, essendo "ragionevolmente" - come sancì la Consulta nel 1982 - rivolte a proteggere l'ordine democratico e la sicurezza pubblica contro un pericolo estremo. Ecco quel che va argomentato e ancora ribadito nettamente e fermamente, di fronte a residui pregiudizi, a residue mistificazioni, che pesano, ad esempio, sul rapporto tra Brasile e Italia nella vicenda dell'estradizione, rimasta incomprensibilmente sospesa, del terrorista Battisti.
C'è forse - mi chiedo - bisogno di ritornare sulla gravità del pericolo estremo rappresentato dall'offensiva brigatista, giunta fino alla sfida inaudita della cattura, della strage della scorta e dell'uccisione di uno dei maggiori uomini di Stato e leader politici italiani? E colgo l'occasione per rivolgere un riverente pensiero - stringendomi con affetto ai suoi famigliari - alla grande figura di Aldo Moro, brutalmente soppresso il 9 maggio di 33 anni orsono, sul cui dramma umano e sui cui tormentati pensieri nel buio della prigione viene ora gettata nuova luce grazie a ulteriori ricerche e approfondimenti.
O c'è forse bisogno di richiamare - l'ha fatto comunque, e impeccabilmente, qui il Presidente Lupo - il modo in cui i dieci magistrati che oggi ricordiamo e onoriamo, nome per nome, "esercitarono giurisdizione : con la compostezza e la serenità di chi ha di fronte non nemici o avversari da sconfiggere, ma cittadini imputati da giudicare"?
Di qui la grande lezione, che ci fa parlare di una prova aspra e cruda superata dall'Italia unita, uscitane perciò rafforzata nella sua coscienza nazionale, nelle sue istituzioni repubblicane, e quindi nelle sue risorse morali, indispensabili per far fronte con successo alle nuove prove che ci attendono. La lezione è chiara e ha segnato un passaggio decisivo nella nostra storia nazionale : abbiamo dimostrato di essere una democrazia capace di difendersi senza perdersi, capace di reagire ad attacchi e minacce gravi senza snaturarsi. Va detto di fronte ai possibili sviluppi del terrorismo internazionale, pur duramente colpito. E va detto come monito a chiunque può essere tentato di inoltrarsi sulla strada della violenza o, in qualsiasi modo, della sfida all'imperio della legge.
Ringrazio il CSM e il suo Vice Presidente per l'opera composta in segno di omaggio alla memoria di Vittorio Bachelet e di tutti i magistrati uccisi dal terrorismo e dalle mafie. Si sfoglino quelle pagine, ci si soffermi su quei nomi, quei volti, quelle storie, per poter parlare responsabilmente della magistratura e alla magistratura, nella consapevolezza dell'onore che ad essa deve esser reso come premessa di ogni produttivo appello alla collaborazione necessaria per le riforme necessarie. E sia in noi tutti chiara e serena la certezza che le pagine di quest'opera, i profili e i fatti che presenta, le parole che raccoglie sono come pietre, restano più forti di qualsiasi dissennato manifesto venga affisso sui muri della Milano di Emilio Alessandrini e Guido Galli, e di qualsiasi polemica politica indiscriminata.
E infine ringrazio i ragazzi del Bresciano e i ragazzi di tutte le scuole che hanno con alto spirito civile e sentimento nazionale partecipato a progetti di ricerca sulle vicende del terrorismo e su stragi come quella di Piazza della Loggia. Per quest'ultima e non solo per essa - lo dico a Andrea e Alì, e lo dico a Manlio Milani, oltre ogni sconforto - varrà a esigere e fare chiarezza, ne sono sicuro, il portale che oggi inauguriamo della "Rete degli Archivi per non dimenticare". Non dimenticheremo, opereremo perché l'Italia non dimentichi ma tragga insegnamenti e forza da quelle tragedie. A voi tutti l'abbraccio mio e delle istituzioni in questo Giorno della Memoria che è entrato ormai nel nostro cuore.
Palazzo del Quirinale 09/05/2011